Numero 3 del 2011
Professione donna
Testi pagina 19
PROFESSIONE DONNA/4
MORIRE, RINASCERE
E RICOMINCIARE
DA ZERO
"Mi ricordo bene cosa significa essere clandestini
e vivere con la paura di essere arrestati"
di Cecilia Dalla Negra
ihaela Chirita, 33 anni,
è una delle infermiere
che svolgono un lavo—
ro prezioso all’Inmp (Istitu-
to Nazionale per la promo-
zione della salute delle po—
polazioni migranti e per il
contrasto delle malattie del-
la povertà ) presso l’ospedale
San Gallicano di Roma. Un luogo dove mondi, lingue e
culture si incontrano e si intrecciano in un mosaico com-
plesso e colorato. È arrivata in Italia dalla Romania 10 anni
fa, per raggiungere un marito dal quale ha poi divorzia-
to. Per “morire, rinascere e ricominciare da zero†ha do-
vuto imparare una nuova lingua, lavorare, studiare. E lot—
tare contro il pregiudizio di un Paese in cui troppo spes-
so l’assimilazione tra donna straniera e prostituta è scon-
tata. Una donna forte, determinata, che oggi rivendica con
vigore il proprio percorso.
Mihaela, quanto è difficile trovarsi sola in un paese stra-
niero alla ricerca dell'integrazione?
Tantissimo, soprattutto per riuscire a realizzare i propri
obiettivi andando avanti dignitosamente, senza accetta—
re compromessi. Per una donna è sempre difficile, ma per
quella straniera lo è un po’ di più. Sono arrivata in Italia
per seguire mio marito, da cui poi ho divorziato. Sola e
senza conoscere il posto e la lingua, ho dovuto mantenermi
lavorando come cameriera in un albergo per 7 anni. Ma
sognavo di diventare infermiera, e così sono riuscita ad
iscrivermi all’Università di Tor Vergata. Per pagarmi gli
studi facevo le pulizie di mattina e assistevo gli anziani di
notte. È stata dura, ma ce l’ho fatta seguendo un percorso
onesto e lottando contro i pregiudizi degli uomini italia-
ni, che spesso della donna straniera hanno un’idea sba-
gliata. Non è semplice emergere professionalmente con
le armi giuste, senza perdere la dignità . Spesso non puoi
permetterti neanche il lusso di essere te stessa. Credo che
sia così per ogni donna, costretta a superare una sorta di
barriera culturale.
Quali sono le responsabilità che oqqi senti maq-
qiormente, e cosa ti spaventa di più?
Quelle verso i miei pazienti, che cerco sempre di aiuta-
re come posso, soprattutto le donne più disagiate. Mi pre—
occupano il razzismo che vedo nei loro confronti e le con-
dizioni in cui sono costrette a vivere. Incontro ogni gior-
no donne che hanno sofferto moltissimo e che non han—
no un futuro, e mi chiedo come sarÃ
possibile che si integrino in questa so-
cietà . Per me è diverso, io sono for—
tunata: ho una casa, ho avuto la pos-
sibilità di studiare e di costruire un
percorso professionale. Ma queste
persone come faranno? Mi ricordo
bene cosa significa essere clandesti-
ni e vivere con la paura di essere ar—
restati. Non è semplice. Ecco perché
difendo tanto il mio percorso: lo ri-
‘ vendico anche come donna e stra—
niera, perché voglio che la gente abbia di noi un’idea mi-
gliore.
Cosa pensi che renderebbe più semplice la vita delle don-
ne e cosa ti auguri per ìI futuro?
Certamente una maggiore solidarietà femminile, che
sulla mia strada non ho sempre incontrato. C’è molta com-
petizione perché emergere per una donna — tanto più se
straniera — è molto difficile. Non solo dobbiamo lottare
per raggiungere i nostri obiettivi, ma anche contro il pre-
giudizio degli uomini. In Italia sono una categoria mol-
to più protetta e tutelata, e finiscono per sentirsi superiori.
Ma ho grande fiducia nelle nuove generazioni, in un cam—
biamento di mentalità che porti le donne a capire l’im-
portanza di farcela con le proprie forze, usando la testa,
sentendosi al pari degli uomini soprattutto professional-
mente. Le donne devono riuscire a sentirsi più forti, li-
berarsi dall’idea che famiglia e figli siano tutto. Farsi va—
lere come persone, studiare tanto, e non cercare di otte-
nere risultati seguendo scorciatoie, altrimenti saranno sem-
pre discriminate. In futuro, per quanto mi riguarda, mi
auguro di riuscire a non cambiare, non perdere la mia uma-
nità . Se perdo quella ho perso tutto.-
noidonne | marzo | 2011