Numero 5 del 2014
Europee, come e perché?
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7Maggio 2014
imposte”. A questo punto gli opuscoli, stampati al costo
complessivo di 24.000 euro, non vengono distribuiti dal
Ministero che li blocca in attesa “della validazione del Co-
mitato paritetico”. Forse la motivazione non è tecnica ma
politica, ovvero si teme che una cultura più libera ed aper-
ta in campo sessuale porti alla legittimazione della fami-
glia composta da persone dello stesso sesso. Se ieri
Papa Pio V stabiliva la pena di morte, oggi il Catechismo
si limita a dire che gli omosessuali sono “contrari alla leg-
ge naturale”: la natura, il Creato, è opera del Creatore e le
sue norme divine, rivelate dalla Chiesa, prescrivono di
praticare il sesso solo per propagare la specie; e dunque
una coppia omosessuale, essendo sterile, è contro natu-
ra. Ma il modello della famiglia cristiana definito “naturale”
è in realtà una creazione storica, elaborata lungo i secoli;
scrive padre Balducci: “La difesa della famiglia cristiana è
un aspetto dell’ideologia cattolica che, molto più di quan-
to potremo pensare, nasconde la volontà di conservare
un certo tipo di società e un certo tipo di sistema di rap-
porti di proprietà”. Le parole di Papa Francesco sull’omo-
sessualità hanno eccitato molte speranze di rinnovamen-
to nella Chiesa cattolica, anche perché altre Chiese cri-
stiane, come la Valdese, benedicono le famiglie omoses-
suali, ma il Papa non ha frenato (non vuole o non riesce ?)
le iniziative omofobiche che vogliono salvare la famiglia
dal contagio degli omosessuali: le riunioni di preghiera
nelle parrocchie, le “Sentinelle” che protestano contro la
legge Scalfarotto, la richiesta di ritirare dal sito del comu-
ne di Torino una serie di schede didattiche antidiscrimina-
torie. E la giunta Fassino ha acconsentito perché mai,
come dopo la scomparsa della Democrazia Cristiana, il
mondo politico italiano si è mostrato arrendevole verso i
cosiddetti “cattolici” che, dispersi nei vari partiti, bloccano
ogni adeguamento normativo alle trasformazioni della so-
cietà contemporanea dove gli omosessuali, pur pagando
un prezzo altissimo, escono allo scoperto. Quegli opusco-
li dunque non sono il segno dell’impoverimento dell’etica
pubblica, anzi “maggiore risulta il grado di ignoranza, di
conservatorismo politico e sociale, di cieca credenza nei
precetti religiosi, maggiore sarà la probabilità che un indi-
viduo abbia un’attitudine omofoba” (Herek). b
Oggi è di moda parlare di medicina di genere. Si denun-cia che la sperimentazione dei farmaci viene condotta non coinvolgendo il sesso femminile, soprattutto se in
gravidanza. Il che può pregiudicare l’efficacia e la sicurezza,
anche in relazione al dosaggio. Per inciso, in tali circostanze
l’uso del termine “genere” è improprio. Si rivendica, quindi, la
necessità che i farmaci e tutti gli altri interventi diagnostico tera-
peutici vengano messi a punto con sperimentazioni che coin-
volgano il sesso femminile. Inoltre, si afferma che nelle analisi
epidemiologiche sullo stato di salute delle popolazioni non si
faccia adeguato riferimento alle differenze di “genere” riguardo
le condizioni di salute stesse. Sulla prima questione, non c’è
molto da dire se non che è più che comprensibile l’approccio
cautelativo, soprattutto in gravidanza. Il rimedio spero non sia
strumentalizzato per porre brevetti per farmaci rimodulati o ri-
sperimentati per tener conto della variabile sesso.
Sulla seconda questione si ha a che fare con errori epistemolo-
gici che riguardano anche altre condizioni, come l’occupazio-
ne, l’istruzione, la nazionalità.
Ma è questo il punto focale? A mio parere, no.
Il livello di sfruttamento del desiderio di sicurezza rappresen-
tato da interventi diagnostico terapeutico inappropriati nel per-
corso nascita non ha uguali, nemmeno a confronto con quanto
accade ad età avanzata. Quando si parla di medicina di ge-
nere non si entra mai nel merito dell’assurdità di considerare
la gravidanza, il parto e il puerperio condizioni patologiche,
quando invece sono nella generalità dei casi fisiologiche. In
ogni caso l’assistenza ha senso se si sostanzia nella capacità
di far emergere, promuovere, valorizzare, sostenere e proteg-
gere le competenze della donna e della persona che nasce.
Anche in caso di patologia l’esperto di patologia si deve limita-
re ad affiancare l’ostetrica, esperta della fisiologia, per tentare
di ridurre i rischi legati alla patologia stessa. In caso di patolo-
gia è facile cadere nella trappola della delega e rinunciare a
mettere in campo le proprie competenze. Nel percorso nascita
gli interventi inappropriati assorbono ingenti risorse e produ-
cono danno, anche in termini di inibizione dell’espressione di
competenza. Quest’ultimo aspetto è particolarmente deleterio
perché nella gestione della nuova realtà determinatasi dalla
nascita è necessario poter contare sulle proprie risorse psi-
cofisiche, più che in qualsiasi altra circostanza. Il danno per
la persona che nasce è incalcolabile a breve, media e lunga
distanza. L’inibizione di competenza deve essere considera-
ta come espressione del controllo dei corpi, quasi in risposta
all’”arroganza” del movimento delle donne che rivendicava
con successo l’autodeterminazione e l’autonomia (il corpo è
mio e lo gestisco io). Attualmente non passa giorno che non
compaia nella letteratura scientifica qualche articolo che dimo-
stra il danno delle pratiche inappropriate nel percorso nascita.
Ma si stenta a riconoscere gli “errori” come è esemplificato nel
riconoscimento dell’importanza della vicinanza della mamma
in caso di necessità di terapia intensiva neonatale, dopo esse-
re stata brutalmente allontanata e si parla di canguro-terapia,
non di mamma-terapia. Quando si parla di genere si deve riflet-
tere sulle relazioni di potere piuttosto che di altro.
Medicina di genere
e relazioni di potere