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Numero 5 del 2014

Europee, come e perché?


Foto: Europee, come e perché?
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Testi pagina 7

5Maggio 2014
non rinnova se prima non si svuota l’onnipotenza neutra
del dio e l’autorità maschile del sacro. Il voto di tutti i ma-
schi maggiorenni fu chiamato “universale”: senza le don-
ne perché il pensiero unico definisce l’universo di ogni
autorità e il 50/50 nelle cariche pubbliche non impedirà
alla ministra della difesa di finanziare il militare prima de-
gli asili dei bimbi.
Noi femministe storiche dovremmo, dunque, riempire un
vuoto: il “genere della politica”. Il rischio dell’omissione
è evidente. I benefici di legge, tanto più se pregressi,
si erodono da sé: il divorzio sembra irrilevante rispetto
alla trasformazione delle famiglie; la maternità non è mai
diventata diritto e una donna deve essere autorizzata se
vuole abortire; il manager o la womenager si omologano
nel management neutro, mentre resta femminile la “cura”
che non è riuscita a diventare né una filosofia né un nuo-
vo potere. Le ragazze sono sempre più brave a scuola e
prima o poi emergeranno nelle carriere. Si sentono senza
differenze, “non sono un panda che va protetto”. Saranno
autorevoli. Sovrane. Quando il genere si farà sentire an-
che per loro, forse sempre a partire dal privato, chiede-
ranno leggi che non modificheranno il diritto.
Sta ritornando l’emancipazionismo.
Poche si accorgono che si tratta di una partita morta-
le: chi ha inneggiato alla fine del patriarcato rischia di
aver sopravvalutato il passo indietro di uomini che, da-
vanti all’eccellenza femminile, percepiscono il fallimento
del modello unico che hanno inventato, compresi i ruoli
e le dislocazioni dei poteri. Con graduali concessioni di
sovranità consegneranno il loro modello alle nuove leve,
integrate nel sistema, in crisi, ma immutato. Forse ci sa-
ranno meno femminicidi, non meno conflitti. Più sana
competitività, non più cura. Forse è urgente cercare con
la testa pensante a come uscire dalla crisi non peggiora-
te, non foss’altro per risparmiare alle new entry la perpe-
tua scoperta dell’acqua calda.
Le ragazze di oggi sono splendide: c’è chi non sopporta
la suora che canta il rock, come se una suora non avesse
il diritto di essere una ragazza come le altre (magari con
un altro vestito). Anche se non tutte sanno quello che ab-
biamo fatto, nemmeno noi sappiamo tanto di loro.
Forse è proprio questo il tempo giusto, accettando le dif-
ferenze di ogni genere tra noi, per studiare e, finalmente,
proporre una politica come techne femminile, forse “spe-
cialmente” femminile.b
Sono le 19.30 di una domenica primaverile, ho appena finito di pu-lire in casa, ho portato all’isola ecologica la spazzatura - sperando di non essere stata vista coi sacchi in mano - sono davanti al pc e
sento vibrare il cellulare. È Caterina, una delle mie più care amiche,
che via sms mi annuncia di avere finito Le difettose (Eleonora Maz-
zoni, Einaudi) e di averlo molto apprezzato. Io, che il libro lo avevo
preso in mano tempo fa, attratta dal titolo, rispondo che sarà presto
sul mio comodino. Ricordo che tratta di maternità mancata e fecon-
dazione assistita, un tema che mi affascina. Intanto penso al concetto
di ‘difetto’. Guardo il vocabolario, uno di quelli vecchi, jurassici, uno
Zingaretti del 1959, senza alcun neologismo, che mi ‘traduce’: “man-
camento, colpa, peccato, errore, vizio”. Incupita, vado su Google, al
Wikizionario, e mi imbatto in “mancanza, scarsità”. Caspita, con una
buona dose di ironia mi sono sempre definita ‘difettosa’, soprattutto in
rapporto alla mia vita sentimentale, e solo oggi mi accorgo di essermi
presentata come un orologio senza la pila! Mi faccio la doccia, devo
fare scorrere l’acqua sulla testa, riacquistare il filo. Nulla. La mia mente
se ne va a quando trentenne sfottevo gli uomini senza una fidanzata e li
definivo difettosi perché, dicevo, se uno a quell’età è solo qualche pro-
blema deve averlo. Trascorsi alcuni anni, trovandomi io nella condi-
zione di cui sopra, e non volendo, ovviamente, che mi fosse applicato il
principio di reciprocità, ho cominciato a definire me stessa ‘difettosa’.
Il tutto attribuendo però all’aggettivo un non so che di agrodolce, che
non avesse solo il valore dell’assenza, ma addirittura dell’abbondanza.
Perché si sa, c’è una fase sciocca nella vita di una donna in cui prevale
la convinzione che gli uomini non vogliano stare con noi perché noi
siamo ‘troppo’. Troppo intelligenti, troppo belle, troppo indipendenti,
troppo divertenti. A differenza di quelle che poi loro si sposano, che
sono invece banali, sciatte, senza aspirazioni, tristi. Così concepito,
‘difettosa’ equivale a ‘non ordinaria, non pesa, non banale’. Anzi, a ‘ori-
ginale’. Chi come me ha visto e rivisto tutte le puntate di Sex and the
city, sa che le vicende delle 4 amiche di New York hanno contribuito
a crearci alibi fantastici e a spingerci verso una illusione/presunzione
che oggi mi pare molto chiara. Riavvolgo il nastro. Tra le ovvietà di cui
nell’adolescenza ti riempiono la testa c’è la massima ‘lui ti deve amare
per come sei, anche coi tuoi difetti’. Allora il concetto di difetto ce lo
inculcano dentro, mi dico! Perché tutto suona come un ‘nonostante’!
Da adolescente il tuo ‘moroso’ ti deve amare nonostante i brufoli, no-
nostante tu sia grassa, nonostante ti vesti male, nonostante a scuola
non sei una cima. Da grande, invece, il tuo amato metterà l’anello al
dito di un’altra nonostante tu sia bella, nonostante tu sia magra, no-
nostante tu sia sempre all’ultima moda, nonostante tu sia realizzata. E
se invece starete insieme, ma non felici e non contenti perché il figlio
desiderato non arriva, per consolarti ti diranno che non devi sentirti in
colpa, anche se forse sei … difettosa! Insomma questo è. Bisognerebbe
solo prenderne atto senza farsi sopraffare dall’insicurezza. E pensare
anzi che forse è meglio così perché come direbbe la bistrattata San-
tippe, cui la storia di difetti ne ha elargiti in quantità, a partire dalla
petulanza, ‘io sto con uno, Socrate, che tutti pensano perfetto, ma certi
giorni, ragazza mia, è una gran noia. Con uno difettoso mi divertirei
molto molto di più’.
PERFEZIONE, CHE NOIA!
di Camilla Ghedini


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