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Numero 5 del 2014

Europee, come e perché?


Foto: Europee, come e perché?
PAGINA 26

Testi pagina 26

24 Maggio 2014
Credo che sia importante per noi donne smettere di guardarci sempre tra di noi e cominciare invece a lanciare occhiate più attente all’altra parte dell’uni-
verso che in questo ultimo decennio non brilla di certo per
particolare acume. Sono costretta volente o nolente per ra-
gioni professionali a confrontarmi per lo più con uomini. o
li vogliamo chiamare maschi? Vedo, specie sul lavoro, il rie-
mergere diffuso di un’arroganza maschile, non solo nei nostri
confronti ma tra loro stessi. La competizione, la crudeltà, il
disprezzo, la concorrenza spietata, l’umiliazione dell’avver-
sario continuano a rappresentare uno dei tratti costituitivi
della maschilità. Possono variare i modi, più o meno brutali,
ma in ogni caso l’esibizionismo, il narcisismo più volgare, la
superficialità continuano a prosperare. Tali atteggiamenti,
sostenuti dai media, costituiscono un modello pedagogico
che incita ad essere rissosi, a sopraffare senza regole pur di
primeggiare. L’educazione maschile attualmente disseminata
sostituisce alla onestà, alla trasparenza, ad idealità per il bene
comune, il disprezzo aperto per la giustizia; la prevaricazio-
ne, agli ideali di tolleranza e solidarietà; la cultura, al trionfo
acclamato dell’ignoranza. Guardate al mondo politico o sem-
plicemente alle nicchie di imprenditori alle prese con una
delle più devastanti crisi economiche che le
nostre generazioni abbiano mai vissuto. Non
esiste solidarietà di nessun tipo. Né la volontà
di confrontarsi civilmente sul proprio futuro
considerandoli più o meno equipaggio della
stessa imbarcazione. Ognuno rema o naviga
individualmente come se potesse portare a
casa frutti tutti suoi o celare segreti agli altri.
In maniera assolutamente autistica. Guardate
al naufragio delle associazioni di categoria, ai
partiti, alle appartenenze sociali: sembra che
non abbiano più nulla da dire né a se stesse né
agli aderenti. Conosco solo un paio di uomi-
ni, un intellettuale e un artigiano che amano
guardarsi dentro, riflettendo sul proprio per-
corso di vita, sui loro fallimenti familiari e sulla
loro presunta incapacità di esprimere affetto.
Tutti gli altri sono sempre dediti al fare utilita-
ristico, e quando si riposano o staccano migra-
no in paradisi lontani o in agriturismi sperduti
mai capaci id esprimere un qualsivoglia pensiero compiuto
anche critico su se stessi che pure gioverebbe tanto in questa
epoca cosi vacillante e anonima. Sento ostilità diffusa ma non
volontà di comprensione. Sento spietata delusione ma non
desiderio di guardarsi dentro alla ricerca di risposte che ci
sono ma che fanno fatica a uscire. Credo che la dimensione
profonda dell’essere di ciascuno di noi, in un certo qual modo
li spaventi. In questo rigetto, in questo loro ossessivo occu-
parsi di sport, di gareggiare (nei modi più disparati), manife-
stano un’ansia di prestazione che non si estingue nemmeno
in vecchiaia. Patetico è il tentativo di compensare la propria
impotenza (anche sessuale) con la mitizzazione dei più do-
minanti e di successo tra loro. La conoscenza è vero non ci fa
sempre contenti, ma sicuramente ci consente di percepire il
nostro travaglio una fonte di vita. Nell’inquietudine indomita,
nella solitudine cerchiamo perciò il nostro senso più disar-
mante e disincantato. I maschi, al contrario (basta osservarli
andare a zonzo in bande giovanili o senili) sono in fuga dalla
solitudine, perché non riescono a stare soli bene con se stessi.
E se lo sono per scelta (in quanto atleti, alpinisti, cacciatori,
ecc) comunque devono “fare” qualcosa che faccia intravedere
loro il gusto della gara, della conquista tangibile, come singoli
o raggruppati in casta, consorteria, squadra. È questo un ma-
schile che la letteratura ha rappresentato più volte nella sua
miseria, nella povertà intellettuale, nella mancanza di evolu-
zione personale, nella incapacità di vivere solitudini feconde
lontane dai luoghi, dalle sequele, dagli interessi citati, che i
maschi hanno bisogno sempre di spendere nella interazione
conflittuale, o temporaneamente concorde, con i propri simili.
Nel disprezzo di chi non è come loro.
Life coaching
[ Quarta puntata ] di Catia Iori
UoMini
o MaSchi
IN FUGA
DA SE STESSI?


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