Numero 4 del 2006
E ora scendiamo in campo noi
Testi pagina 6
aprile 2006 noidonne6
Alzi la mano la donna che, occupan-dosi di politica e attivandosi per far
votare il maggior numero di persone per
il prossimo inquietante 9 aprile, si illude
di lavorare per prospettive e programmi
propri del genere di cui fa parte.
I nostri diritti stanno ancora una
volta dentro la cittadinanza comune: li
salveremo solo se riusciremo a mandare
a casa Berlusconi e a far vincere con
Prodi tutto il centro-sinistra.
Probabilmente avremo qualche ministra
nel nuovo governo: anche se non
fifthy/fifthy, sarà la prima volta
che non ce ne saranno solo una
o due.
Ma non illudiamoci: se le
donne non saranno unite e rico-
minceranno a far politica nella
visibilità, il genere femminile
naufragherà, come sempre, nel
concetto neutro di "rappresen-
tanza".
La legge elettorale che il
governo ha calato sul collo
degli italiani sottrae a ciascuno
(e a ciascuna) la funzione fon-
damentale della democrazia di
votare i delegati che ci rappre-
sentano in Parlamento e attra-
verso i quali esercitiamo la
sovranità prevista dalla
Costituzione. Indicazioni nomi-
native e graduatorie sono tutte
in mano ai partiti e i giochi sono
già fatti, tranne l'alea di avere
un numero più alto di eletti, che
è la ragione principale del lavo-
ro elettorale di questa campa-
gna. Anche se i Ds e l'Ulivo si
sono dichiarati per indicazioni eque, in
casa altrui la situazione non è rosea e il
nuovo Parlamento rischia di essere
ancora più maschile del solito.
Berlusconi ha sostenuto che è colpa
delle donne che non si staccano dalla
famiglia e non vogliono fare politica.
Naturalmente, parlava uno che nel suo
governo non ha fatto leggi per concilia-
re lavoro e domesticità o responsabilità
comuni di uomini e donne: ha perfino
fatto versare lacrime in Parlamento alla
ministra chiamata impropriamente
delle pari opportunità a proposito delle
cosiddette quote rosa.
E' una bella mortificazione dover rico-
noscere che in Italia non c'è altra via per
dare alle istituzioni un volto femminile
che un negoziato sulle "quote" e definire
questo patteggiamento politico "quote
rosa". Eppure, sembra che non ci sia
altra via se non obbligare per legge i
partiti e il diritto.
Quindi, impariamo una buona volta.
Lavoriamo allo spasimo per far votare il
maggior numero di persone subito e
anche per il referendum di giugno. Ma
impegniamoci a fare davvero politica di
genere. Le ragazze ritengono che la sta-
gione del femminismo è finita? Non
importa questionare sulle terminologie:
la società non potrà cambiare se le
donne non puntano i piedi tutte quante.
Se abbiamo sempre detto che non siamo
un pezzo del sociale a cui vanno singo-
li benefici di legge (se ci sono), dimo-
striamo con i fatti che intendiamo occu-
parci di quella metà del tutto che ci
spetta. Ovviamente senza nevrotizzarci
in competenze che non abbiamo: ognu-
na, nel settore che le è proprio, cominci
a pensare come la macchina può fun-
zionare a nostra misura e renderemo
palese a tutti che può funzionare meglio
anche per gli altri.
Naturalmente c'è una condizione, di
non andare sbandando dietro il nostro
particulare e non cedere alle tentazioni
in cui incorrono i poveri, che è quella di
competere fra di loro. Abbiamo di fron-
te una crisi di trasformazione globale
che di rado le generazioni sperimenta-
no; abbiamo una crisi di sistema che
intacca la sicurezza non solo dell'Italia;
i criteri stessi del vivere democratico (è
un segnale l'aumento della violenza
contro le donne) possono franare. Per
dare un contributo forte e specifico
occorre l'unità degli intenti: un gruppo
solo è un frammento, mentre la coesione
delle differenze, anche forti, che
stabilisca delle priorità può con-
tribuire costruttivamente agli
interessi di tutte.
I mesi che verranno saranno
essenziali. Forse si potrà capire
l'errore dello scioglimento di
un'associazione come l'Udi nel
"movimento" femminista: si è
perduta la sola forza associata
che aveva carattere nazionale e
sedi importanti, anche se non
erano cattedre filosofiche, in
tutte le città.
C'è un contributo da ricom-
porre e ricostruire, comunque lo
si voglia intendere. Ma le donne
elette non possono da sole fare
in modo che l'istituzione non sia
più "neutra"; e così le donne di
partito, che hanno a cuore
prima gli interessi generali che i
propri e comunque non ce la
farebbero mai a far capire che
quelli delle donne andranno a
beneficio degli interessi di tutti e
non viceversa.
Per schiodare le stesse donne di gover-
no, occorre la "piazza", anche solo
metaforica (o informatica), la reazione
viva delle donne che "ci stanno".
Possono essere tante, desiderose di dare
una mano e smentire Berlusconi.
Intanto andiamo a votare "disinteressa-
tamente". Confortiamo quelle che sono
arrabbiate e giurano che non voteranno
più finché "tutti sono uguali".
Ogni giorno di più, infatti, si è dimo-
strato che le differenze ci sono e sono
enormi. Per questo abbiamo pazienza;
ma riprendendo l'ostinato coraggio dei
decenni passati e rendendolo entro
pochi mesi azione unitaria.
Oltre la “rappresentanza”
Elezioni / 1
puntiamo i piedi e impegnamoci per una vera politica di genere
Giancarla Codrignani