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Numero 9 del 2016

Viva la scuola


Foto: Viva la scuola
PAGINA 41

Testi pagina 41

39Settembre 2016
L’intenzione di chiudere il cento nascita di Vipiteno, pun-to di riferimento delle donne che desiderano vivere l’e-sperienza della nascita rispettata è, nella migliore delle
ipotesi, una insensatezza, nella peggiore, una delle varie rispo-
ste violente alla campagna #bastatacere in cui le donne hanno
preso la parola per denunciare le forme della violenza ostetrica
che hanno subito nelle loro esperienze.
Le recenti prese di posizione dell’OMS sul non rispetto e la vio-
lenza nel parto e i pronunciamenti del NICE che raccomandano
il parto in casa sono in profonda sintonia con quanto denuncia-
to dalle donne. Anche le indagini dell’ISS sul percorso nasci-
ta testimoniano la notevole distanza delle pratiche da quanto
raccomandato dalle linee guida nazionali e internazionali. Ci
si aspetterebbe una accelerazione per il completamento delle
linee guida su travaglio, parto e puerperio, un serio program-
ma nazionale di aggiornamento professionale, la promozione
dell’istituzione delle case di maternità a conduzione ostetrica,
la promozione del ricettario ostetrico e del rimborso del parto
a domicilio. Invece si prendono provvedimenti, sulla base di
astratte indicazioni nazionali, di chiusura di centri nascita pe-
riferici quando sarebbe molto più opportuno trasformarli even-
tualmente in case di maternità.
Si parla a sproposito di sicurezza quando sono proprio le proce-
dure medicalizzanti a metterla in discussione: basterebbe citare
le procedure adottate nel travaglio parto (posizione litotomica,
cardiotocografia in continuo, induzione, ecc) che portano più
facilmente al taglio cesareo attribuendo alle vittime la responsa-
bilità (mancato impegno della parte presentata), per non parlare
dell’impedimento del contatto pelle-pelle immediato e prolungato
e l’attacco al seno entro la mezz’ora, fattori determinanti non solo
l’avvio corretto dell’allattamento al seno e il suo proseguimento a
lungo ma anche fattore altamente protettivo riguardo l’emorragia
post partum, prima causa di morte materna. Il tutto caratterizza-
to da costi molto maggiori rispetto alle modalità raccomanda-
te del parto rispettato. È il grande paradosso: spendere di più
per avere minore qualità. E le autorità centrali agiscono in modo
ambiguo con documenti sulle buone intenzioni di promozione
dell’allattamento al seno non evidenziando critiche e sanzioni per
le violazioni del codice internazionale per la protezione dell’allat-
tamento materno, approvando corsi, convegni e congressi ECM
sponsorizzati da multinazionali del latte artificiale.
Ribadisco che la nascita rispettata rappresenta una grande op-
portunità per la riscoperta del senso di competenza e dell’au-
tonomia da parte della donna e della persona che nasce, fon-
damenti per una società libera basata sulla cooperazione di
autonomie in grado di autodeterminarsi e non su relazioni di
potere, queste ultime radici delle violenze e degli omicidi contro
le donne.
Penso che cambiamenti significativi possano avvenire, contro
gli interessi consolidati e le ideologie dominanti, con la presa
di parola da parte delle donne: la campagna #bastatacere che
ora prosegue con l’osservatorio violenza ostetrica è solo l’ini-
zio. La lotta deve continuare e generalizzarsi. Sono convinto
che questa volta ci saranno molti più uomini che prendono co-
scienza (anche per liberarsi dallo stereotipo del maschilismo)
e parteciperanno alla liberazione delle autonomie in relazione.
LA CAMPAGNA
#BASTATACERE
violenza per poi però fare marcia indietro decidendo di ta-
gliare dal bilancio 300mila euro che a loro erano destinati.
Ma i servizi per le donne non sono in difficoltà solo a Roma.
La situazione è drammatica a Palermo dove l’associa-
zione Le Onde non può più garantire il servizio, a Na-
poli dove Casa Florinda, l’unica casa rifugio della città,
ha chiuso i battenti e in Sardegna, a Pisa e Arezzo. Per
questo la rete Io decido ha deciso di avviare un confronto e
una discussione di livello nazionale. Con questo obiettivo,
ad agosto è stato diffuso un appello, sottoscritto anche
dall’Udi e dalla rete D.i.Re (l’associazione nazionale di
centri antiviolenza, ndr) che chiama a raccolta le ener-
gie per una assemblea nazionale prevista per l’8 ottobre
e una due giorni il 26 e 27 novembre. Sabato 26 ci sarà
un corteo e il giorno dopo una discussione attorno a tavoli
di lavoro tematici. Ci si confronterà sul ruolo dei media, sul-
la centralità dei centri anti-violenza, sull’importanza cruciale
dell’educazione alle differenze nelle scuole di ogni ordine
e grado di fatto ostacolata o nel migliore dei casi relegata
come un insegnamento di serie B.
L’idea delle attiviste è quella di creare sinergie tra le varie
esperienze italiane, perché solo insieme si possono pro-
porre alternative di lettura del fenomeno della violenza e
possibilità di intervento con uno sguardo a trecentoses-
santa gradi. Perché la violenza venga affrontata non come
un’emergenza o un problema di ordine pubblico ma come
il frutto di una cultura patriarcale che va messa in discus-
sione in ogni contesto e attraverso i mezzi che le donne
hanno “inventato”. Nell’appello le attiviste ci tengono a
sottolineare che la due giorni romana di novembre non
sarà l’obiettivo finale di questa chiamata a raccolta,
bensì solo il punto di partenza di un percorso comu-
ne e radicale tutto da costruire. Un obiettivo ambizioso
che può fare molto bene ai femminismi italiani. b
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