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Numero 9 del 2016

Viva la scuola


Foto: Viva la scuola
PAGINA 47

Testi pagina 47

45Settembre 2016
indicativa per la contemporaneità (uguaglianza/differenza
di maschio e femmina).
Ildegarda stessa si defi nisce homo: da qui è nata una cor-
diale discussione epistolare con una valentissima studiosa
come Silvia Ronchey che sottolineava in un suo articolo su La
Repubblica questa auto-caratterizzazione, e nella sua repli-
ca ad alcune mie osservazioni in maniera sottile notava che
si tratta di una rivendicazione di specie (anche Eloisa afferma
“Domino specialiter”), e non di genere, né di “singularitas”;
una provocazione “assordante” per un orecchio medioeva-
le, quasi una richiesta di “pari opportunità” per nulla scon-
tata al suo tempo. La studiosa aggiungeva che nella mistica
emerge una polarità del tutto trasversale al genere, che lo
trascende e lo annulla (proprio come fa Ildegarda designan-
dosi homo) in una dialettica spirituale profonda.
Concordo con la profonda conoscitrice, personalmente ri-
tengo necessario precisare che homo si intende nel signifi -
cato di antropos= essere umano e non già di anér=maschio.
E questa distinzione, non puramente linguistica, rinvia al
testo biblico (Genesi 1,27) in cui è inequivocabile la con-
cezione dell’essere umano come natura uniduale, in cui la
diversità è elemento di fecondità. Gli stessi Papi (da Gio-
vanni Paolo II a Francesco) hanno richiamato la centralità
del passo “Elohim creò l’umanità a sua immagine, […] ma-
schio e femmina li creò”; da cui segue un’interpretazione
diversa del racconto di Adamo ed Eva, Genesi 2-3, (nascita
dalla costola, mela, serpente, etc., “il peggior scherzo gio-
cato alla donna”, secondo T.Reik, che ha generato tutta una
serie di stereotipi sull’inferiorità della donna).
Da qui la specifi cità femminile della mistica (come della
teologia o del fi losofare), quando è
parola e prassi di una donna, che co-
stituisce un Die andere Offenbarung,
un modo altro di sentire la rivelazione.
La peculiarità di Ildegarda è la per-
fetta integrazione tra formazione
dottrinale ed esperienza spirituale,
a differenza, in alcuni casi, dei maestri
della scolastica- espressione di una
precisa identità personale femminile.
Ma non solo Ildegarda (1098/1179),
nel prossimo SOS mi riprometto di
scavare nei nostri inquieti tempi, in
un’Europa alla ricerca di una rinnova-
bile e rinnovata identità attingendo al
pensiero di donne che hanno ripen-
sato i modi del fare fi losofi a (Zambrano, Arendt, Weil,
Stein, Hillesum), in particolare leggendo una teologa “ati-
pica” come Antonietta Potente che ha scritto un testo dal
titolo signifi cativo Qualcuno continua a gridare. Per una
mistica politica.?
ILDEGARDA DI BINGEN
PAROLA ASCOLTATA E DESTABILIZZANTE
Entrata in convento a 5 anni, Ildegarda spicca
tra le ‘mistiche’ per l’integrazione tra formazione
dottrinale ed esperienza spirituale
IDEE
di Catia Iori
Esiste un netto divario tra il nostro vero potenziale e la capacità di sfruttarlo. Esiste quasi una sorta di collo di bottiglia che va re-stringendosi, una specie di setaccio in cui il nucleo dell’energia
femminile resta impigliata. Nel quotidiano qualcosa di noi si arruffa, e
aprire la consapevolezza sui propri gap non è da tutte. Occorre tem-
po, sostegno da parte di vere amiche e un lento lavoro psicologico
su se stesse. Un’attenzione costante ai propri desideri, un pensiero
frequente a ciò che ci fa stare bene e a ciò che ci fa allontanare dal
nostro nucleo interiore. Non è da tutte. Perché la cosa migliore che
possiamo fare per stare meglio con l’uomo ed evitare tante inutili vio-
lenze è riprendere in mano la nostra vita. Se ciascuno di noi riuscisse
a esprimere la propria vulnerabilità di persona, prima ancora che di
donna o di uomo, allora potremo essere una versione più vera e com-
pleta di noi stesse. Personalmente sono nella fase centrale di svilup-
po della mia consapevolezza e sento dentro di me tutte le sindromi
più tipiche che affl iggono la mia crescita e la mia autoespressione.
Vorrei vivere con maggiore pienezza, vorrei far udire la mia voce, vor-
rei sentirmi meritevole, imparare a domandare e a dire di no, propormi
ed esprimere le mie capacità senza troppi distinguo. Fare fi nalmente
quello che si è sempre desiderato e non spaventarmi se alcune per-
sonalità convivono con altre, non meno importanti. La nostra educa-
zione ci abitua a dedicare molta attenzione all’esterno, preoccuparci
sempre delle necessità altrui. Ma per ritrovare il nostro potere e creare
la vita che vogliamo, occorre imparare a dirigerla dall’interno. È solo
così che impariamo a ristabilire una connessione con la nostra forza
vitale. Con il silenzio o con la nostre voci facciamo la differenza. Nel
bene e nel male. Che tipo di differenza vogliamo fare? Come sarebbe
- mi chiedo - attingere fi n da piccole a immagini di una donna che
adopera coraggio e dolcezza insieme, di una donna guerriera, di una
donna che sposa prima di tutto se stessa e la sua missione di vita? Ho
una cara amica che seguo da sempre, da quando eravamo bambine,
che ha seguito proprio il copione di ciò che ci si aspettava da lei. Una
bravissima bambina. Ha studiato ciò che la famiglia si aspettava da
lei, qualcosa di utile e funzionale all’azienda di famiglia, ha sposato
un uomo buono e umile, ha partorito tre fi gli che ha allevato con l’aiuto
di madre e suocere, ha sempre lavorato nella fabbrica di cui il padre
era socio anche se si costruivano pompe oleodinamiche e lei amava
i fi ori, gli animali, l’arte. E si è sempre occupata di organizzare viaggi
e serate per tutta la compagnia. Ma se le chiedessi se pensa di es-
sere felice, la sua risposta sarebbe confusa e inadeguata. Perché lei
ha fatto il meglio che poteva ma è immediato a tutti che sta vivendo
secondo ritmi e desideri non esattamente suoi. E a 50 anni che fa?
Guarda alla madre per ripeterne il copione di vita perché fatalmente
è quasi impossibile fermare tutto e ritrovare la bambina originaria. E
quindi invece che imparare a fi darci del nostro intuito e della nostra
guida interiore, abbiamo cominciato interiorizzare la convinzione di
non essere abbastanza brave e intelligenti per rincorrere ciò che dav-
vero desideriamo. Ovvio, dall’esterno, pare più rassicurante giocare
una partita di cui si presuppongono e si danno per certi gli esiti. Ma è
vita questa? La nostra? Quella che avremmo meritato?
RITROVARSI
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