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Numero 9 del 2016

Viva la scuola


Foto: Viva la scuola
PAGINA 7

Testi pagina 7

5Settembre 2016
Oggi, mentre scrivo, è il 21 luglio. Nelle ultime due settimane, nell’ordine, c’è stato lo scontro
frontale tra treni in Puglia, l’attentato
di Nizza, il fallito golpe in Turchia. Sta-
mattina, svegliandomi, ho acceso la tv
per guardare il tg, una prassi consolidata
e automatica. L’antenna però non an-
dava, mi dava assenza di segnale, e non
sono riuscita a ‘connettermi’ subito col
mondo. A quel punto ho acceso il pc e ho
controllato i quotidiani on line. E mi sono
rassicurata: nelle ultime otto ore, cioè
da quando sono andata a dormire, non
è successo nulla. E ho provato sollievo.
E poi angoscia. Sì, perché mi sono resa
conto che ormai vivo aspettando stragi. E
ogni giorno ‘senza’ pare un giorno rega-
lato. Questi sono i momenti in cui, forse
erroneamente, sono felice di non avere
figli. Vivrei con il terrore che potesse ca-
pitare loro qualcosa, con la certezza che
trasformerei il mio istinto di protezione
in soffocamento, che diventerebbe priva-
zione, quindi sottrazione di esperienza.
Perché oggi, soprattutto un giovane, ha
il diritto e dovere di non essere solo cit-
tadino d’Europa - che fa acqua da tutte
le parti - ma del mondo. Nei social, in
queste settimane, spesso mi sono im-
battuta in commenti accorati di mamme
che commentavano il loro sgomento e la
loro volontà di non accendere la tv per
un po’, per non vedere, per non sentire.
Che significa però non sapere. Ma, io mi
chiedo, è una scelta possibile? È giusta?
È sen’altro legittima e comprensibile
perché anche io, ora, qui alla tastiera,
sono consapevole che magari in qualche
parte del mondo sta avvenendo una nuo-
va carneficina, o stanno progettando una
nuova carneficina. Eppure io, qui nel mio
studio, mi sento sicura. Certo, non più
sicura come un anno fa, per non dire 10
anni fa. Io stessa ora, quando prendo un
treno, mi guardo attorno, la suggestione
fa la sua parte regalandomi sensazioni
negative. La razionalità sta nel non per-
mettere alla paura di prendere il soprav-
vento. Quando leggo i tweet del nostro
Premier, che parla di necessità di essere
forti e di non piegarci al ‘nemico’ mi viene
da ridere. Anzi da piangere. Ma cosa vuol
dire? Anzi, vorrei proprio chiederglielo.
‘Matteo, ma puoi tacere ogni tanto? Ma
puoi comunicare qualcosa di vero, di pro-
fondo, evitando vacuità e retorica? Me
lo dici, Matteo, nella pratica, che cosa
significano le tue parole?’. Io non potrei
vivere senza sapere cosa succede intorno
a me, per un senso di partecipazione al
quale sono stata educata fin da bambina,
con un papà che mi spiegava che quel che
succede nel mondo mi riguarda, mi toc-
ca, sempre e comunque. Ciononostante
capisco chi desidera isolarsi, tappandosi
orecchie e occhi, perché siamo saturi di
violenza. Siamo saturi di fanatismo. Sia-
mo saturi di senso di impotenza. Io sono
satura di opinioni da due soldi, di ana-
lisi semplicistiche, di tuttologi. Questa
mattina senza tg, però, lo ammetto, mi
ha rinfrancato. Sento di poter respirare.
Davanti agli occhi non mi sono passate
immagini di morti, torture, invocazioni
di pene capitali, come quelle del Pre-
sidente turco, Erdogan. Ora sono le 10,
il pezzo sta prendendo il via. Speriamo
che oggi sia una giornata serena. Quando
sarà pubblicato, invece, temo che quella
descritta sarà solo una ‘vecchia’ pagina di
storia. Chissà.
di Camilla Ghedini
STRAGI QUOTIDIANE
Bretagna nel momento in cui deve ri-
solvere la sua crisi più grave. Ellekap-
pa aveva, per l’occasione, pubblicato
una delle vignette più folgoranti: “David
Cameron, Boris Johnson, Nigel Fara-
ge…”, “Dietro il successo di una donna
a volte c’è l’idiozia di tre uomini”. Infatti
l’uomo che aveva voluto il referendum,
quello che aveva danneggiato il partito
laburista e quello che aveva rifiutato la
responsabilità del suo successo sono
apparsi incoerenti e pericolosi. Un’altra
giornalista, la femminista Natalia Aspe-
si, aveva espresso il sospetto che i ma-
schi, arrivati a situazioni inestricabili, si
fossero messi d’accordo per passare
la mano, con la riserva mentale di recu-
perare, ovviamente, dopo che le donne
avessero rimediato ai guai.
È certamente vero che le donne sono,
in genere, brave e non hanno mai ri-
tenuto difficile l’arte del governo. nel
primo intervento femminile a Monte-
citorio la Cingolani Guidi aveva detto
“tanto peggio di voi non faremo”. Ma
“vincere” può significare conformarsi
ai modelli culturali che hanno prodot-
to l’esaurirsi dei sistemi. Da quando le
donne hanno violato anche la virilità
dei luoghi militari, sono via via ascese
agli altri gradi negli eserciti e una Pinot-
ti guida il Ministero della Difesa italia-
no; ma le guerre sono rimaste guerre e
alla Nato non si ragiona certo sugli asili
nido per i figli di soldate e soldati.
Eppure, per tentare spostamenti di siste-
ma graduali e selettivi e passare dalla
produzione di merci alla produzione di
benessere umano, mentre la robotica e
le nuove tecnologie cambiano la natura
del lavoro e la finanziarizzazione stronca
banche e stipendi, i paesi del mondo
hanno bisogno di molta “cura”. Non tan-
to per tenere in ordine le case, ma per
attraversare i luoghi difficili dei fallimenti
economici, delle ire degli scontenti, dei
conflitti già minacciosi. Nessuno più del-
le donne li ha sperimentati e se ne è fatto
carico responsabilmente: “curare” città e
stati è la proposta politica più sensata: a
partire da noi. b
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