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Numero 9 del 2016

Viva la scuola


Foto: Viva la scuola
PAGINA 5

Testi pagina 5

3Settembre 2016
“Al rendimento scolastico dei nostri fi-gli, siamo soliti dare un’importanza che è del tutto infondata. E anche questo non è se non rispetto per la
piccola virtù del successo. Dovrebbe bastarci che
non restassero troppo indietro agli altri, che non
si facessero bocciare agli esami; ma noi non ci ac-
contentiamo di questo; vogliamo,
da loro, il successo, vogliamo che
diano delle soddisfazioni al nostro
orgoglio. Se vanno male a scuola, o
semplicemente non così bene come
noi pretendiamo, subito innalziamo
fra loro e noi la bandiera del mal-
contento costante; prendiamo con
loro il tono di voce imbronciato e
piagnucoloso di chi lamenta un’of-
fesa. Allora i nostri figli, tediati, s’al-
lontanano da noi.
Oppure li assecondiamo nelle loro
proteste contro i maestri che non li
hanno capiti, ci atteggiamo, insieme con loro, a vit-
time d’una ingiustizia. E ogni giorno gli correggiamo i
compiti, anzi ci sediamo accanto a loro quando fan-
no i compiti, studiamo con loro le lezioni. In verità
la scuola dovrebbe essere fin dal principio, per un
ragazzo, la prima battaglia da affrontare da solo,
senza di noi; fin dal principio dovrebbe esser chiaro
che quello è un suo campo di battaglia, dove noi non
possiamo dargli che un soccorso del tutto occasio-
nale e illusorio. E se là subisce ingiustizie o viene
incompreso, è necessario lasciargli intendere che
non c’è nulla di strano, perché nella vita dobbia-
mo aspettarci d’esser continuamente incompresi e
misconosciuti, e di essere vittime d’ingiustizia: e la
sola cosa che importa è non commettere ingiustizia
noi stessi. (…)”.
Facciamo ricorso alle parole di Natalia Ginzburg (da
Le piccole virtù,1962), ricordandola nel centenario
della nascita, per trovare conforto e saggezza. La
scuola è sempre un argomento delicato la cui com-
plessità rende impervia qualsiasi sintesi, a partire
dalla prospettiva che si sceglie: quella dei genitori
o degli insegnanti è diversa dal vissuto dei discenti,
che a loro volta contengono mondi non omogenei.
Poi c’è la società nel suo insieme, che si aspetta
per i/le giovani costruzione di competenze, cultu-
ra generale, preparazione professionale. Addirittura
un’introduzione alla cittadinanza, erede dell’edu-
cazione civica ormai archiviata. Grandi aspettative,
molte polemiche, poche consonanze. L’assenza di
una rotta condivisa produce para-
dossi che tengono insieme speri-
mentazioni ed eccellenze con un
alto tasso di abbandono scolastico,
edifici all’avanguardia e strutture
fatiscenti. La scuola è in evidente
affanno.
E non sono solo i numeri a raccon-
tarlo, certificati anche dalla Corte
dei Conti che ne ha descritto l’im-
poverimento complessivo (dal 2008
al 2014 tagli per 8 miliardi, meno
100mila dipendenti, meno 16 per
cento di spesa per stipendi), ma an-
che l’età degli/delle insegnanti: il 58 per cento ha
più di 50 anni, il 5 per cento meno di 35 (2014). Nel-
la scuola lavora un terzo dei dipendenti statali (pre-
valentemente donne) in un quotidiano corpo a cor-
po con un mondo che cambia velocemente. Difficile
immaginare, in tale contingenza, che sia la rigidità
delle norme a restituire brillantezza allo smalto per-
duto. Ha ragione Umberto Galimberti (DRepubblica,
30/7/2016) quando osserva che alcune occupazio-
ni investono “non solo il nostro fare, ma soprattut-
to il nostro essere. Tale è il lavoro del medico, del
prete, dell’artista, dello scrittore, e del professore”
rispondendo ad una insegnante - Regina Sassanelli -
che racconta di essere criticata dai colleghi perché,
per superare il gap comunicativo con i suoi allievi,
“intrattiene rapporti epistolari pomeridiani tramite
whatsapp”, quindi oltre l’orario di lavoro. Viviamo
in un tempo in cui la passione e la dedizione per un
mestiere possono anche affidarsi alla smorfietta di
un emoticon. Ben venga, se consente di restituire
autorevolezza ad un ruolo, quello del docente, che
nessun accordo sindacale può ricostruire.
Tiziana Bartolini
UNA ROTTA PER LA SCUOLA
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