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Numero 4 del 2006

E ora scendiamo in campo noi


Foto: E ora scendiamo in campo noi
PAGINA 31

Testi pagina 31

ce. Proteggeva i criminali in uniforme,
aveva preso parte all'organizzazione di
squadroni della morte (…) e aveva par-
tecipato a diverse azioni sanguinarie.
Non c'è da stupirsi per la sua fine". Con
cuore intelligente, la Politkovskaja, nel
suo bel libro "Cecenia - il disonore
russo", denuncia come "(…)
La violenza generi violenza, e la giu-
stizia sommaria sostenuta dallo Stato
provochi altra giustizia sommaria ma
individuale. L'azione di questa donna
kamikaze, appartenente alla terza
forza, annunciava il dramma del Nord-
Ost e di tante tragedie a venire". La
"terza forza" è costituita da unità di
combattenti, per lo più persone offese,
umiliate o sequestrate, che si battono
per una vendetta privata, ammessa dal
codice d'onore ceceno, seguendo obietti-
vi molto precisi. I saccheggi, gli omicidi
e le violenze contro le donne cecene,
perpetrati dai militari russi in assoluta
impunità, hanno scatenato una condi-
zione di sofferenza, di frustrazione e di
rabbia tali da generare un esercito di
ragazze-kamikaze disposte a sacrificare
la propria vita, per contrastare la feroce
repressione russa in Cecenia.
Questo esercito è il segno della dispe-
razione, delle ordinarie operazioni russe
di "pulizia" (le zaciske) compiute sulle
donne, che comprendono la tecnica
dello "scalpo" (scollamento del cuoio
capelluto dal cranio), la bestiale inven-
zione del "fagotto umano", che significa
prendere, d'improvviso, in un qualsiasi
villaggio, donne, bambini e vecchi,
legarli insieme e buttare in mezzo a loro
alcune granate, o le torture corporali
inflitte nei "punti di filtraggio" (fosse
scavate nel terreno o edifici abbando-
nati). Il reclutamento delle cecene nei
commandi-kamikaze è anche un modo
per lavare l'onta delle loro "colpe",
riscattando se stesse e le proprie fami-
glie. Secondo la consuetudine vigente in
Cecenia (la dahat), le donne che sono
rapite e stuprate subiscono la condanna
a morte della famiglia e del clan di
appartenenza, in quanto persone dis-
onorate. Accettano, quindi, di sacrifi-
carsi come kamikaze.
Questo è il caso di Zelikhan
Elikhadzhieva, una ragazza appena
ventenne, stuprata dal fratellastro,
istruita alla morte con la violenza e le
minacce, ed autrice dell'attentato kami-
kaze all'aerodromo di Tushino, a nord di
Mosca, oppure quello delle sorelle
Ganiyevys, vittime di abuso sessuale da
parte dei soldati dell'esercito federale
russo, e arruolate nel commando-kami-
kaze, che partecipò all'azione del teatro
moscovita Dubrovka.
L'esercito russo ha risposto al fenome-
no delle donne kamikaze, lanciando l'o-
perazione "Fatima", tesa a stanare le
cecene votate al terrorismo suicida. La
ricerca delle shaidkhi è ancora oggi
dura e spietata: "Da quando è iniziata
la caccia alle shaidkhi - raccontano
alcune giovani donne cecene - anche
coprirsi il capo è diventato un proble-
ma, perché si è subito sospettate d'inte-
gralismo". Le abitazioni delle kamikaze
riconosciute sono fatte esplodere sul
modello israeliano senza, però, avvisare
le famiglie che vi abitano.
Benché la seconda guerra sia formal-
mente cessata nel 2002, le kamikaze
cecene sono ancora prepotentemente
sulla scena internazionale. Le donne
stuprate o che rimangono vedove, a
causa di scontri tra russi e ceceni, sono
all'ordine del giorno. I centri di adde-
stramento delle donne kamikaze non
sono smantellati e proseguono gli arruo-
lamenti volontari o costrittivi. In questo
complesso retroscena dell'eterno conflit-
to russo-ceceno, le kamikaze rappresen-
tano l'irrompere improvviso e bruciante
di una forma aberrante di "emancipa-
zione" e "modernizzazione" femminile,
all'interno di un mondo, che non conce-
de alla figura femminile un ruolo pub-
blico e attivo.
noidonne aprile 2006 31
Le donne cecene kamikaze
sono vittime del patriarcato e della violenza religiosa
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