Noi Donne Home La Nostra Storia Archivio Materiali Contatti

Ricerca nell'Archivio

Numero 9 del 2016

Viva la scuola


Foto: Viva la scuola
PAGINA 29

Testi pagina 29

27Settembre 2016
Sc
r
it
tr
ic
i e
m
ig
r
an
ti
personaggi “archetipici”, interroga il lettore su temi senza
tempo: l’identità, i legami familiari - quelli di sangue e quel-
li acquisiti. Il libro affronta tematiche di grande rilevanza
come la guerra, l’accettazione del diverso, l’immigrazione,
i profughi, la violenza.
Le scrittrici migranti dell’Est da portatrici di bisogni
sociali diventano sempre più portatrici di risorse cre-
ative. Spesso il loro repertorio letterario è caratterizzato
da elementi simbologici e da metafore, come quello di
Jarmila O?kayová, il cui stile particolarmente originale è,
appunto, definito da elementi fiabeschi e simbolici, questi
ultimi legati, ad esempio, agli alberi e alle radici, meta-
fora di un’appartenenza recisa con l’emigrazione. Ricco
di metafore, simbologie e motivi ricorrenti, contrariamente
allo stile asciutto che di solito contraddistingue l’autrice, è
anche il romanzo Il villaggio senza madri (Rediviva, 2012)
della romena Ingrid Beatrice Coman, in cui troviamo la
metafora del profumo, della casa, del destino - rappre-
sentata dalla strada, la  metafora del formicaio, simbolo
dell’unione, il motivo carpe diem, ecc. Il romanzo tratta un
tema sensibile e delicato: l’abbandono del figlio per cause
materiali al confine con la sopravvivenza.
Fra i tratti unificanti riscontrati nei testi degli immigrati
in Italia, al di là della provenienza degli autori, compare
l’uso dell’italiano come lingua veicolare improntata sì
allo standard ma arricchita da espressioni dell’area lin-
guistica di appartenenza (con conseguenti italianizzazio-
ni improprie di termini), fenomeni di errata generalizzazione
delle regole grammaticali, di presenza di varianti regionali,
registri e codici diversi, ecc. Jarmila O?kayová sostiene
che sebbene per la stesura di un testo ci si cimenti in una
sola lingua, in esso agiscono sempre due lingue, la ma-
drelingua e quella adottata, con i loro “retroscena culturali,
sociali e storici, le loro simbologie e abitudini cognitive, i
loro anfratti psicologici e retaggi dell’inconscio”. Nasce, in
questo modo, una scrittura che è eversiva, in quanto ca-
pace di mostrare tutto il suo “potenziale trasformativo”, a
prescindere dai contenuti espressi, spezzando la monoli-
ticità della letteratura italiana, sempre più indirizzata verso
un modello “altro” di maggiore respiro transnazionale.
Con la loro attività le migrant women writers creano
le condizioni ideali per la sperimentazione e la valo-
rizzazione della diversità. Esse prospettano una nuova
ermeneutica, consentendo una frequentazione interetnica
che destruttura, decentra, destabilizza (perché, ad esem-
pio, reclama lo status di letterato per individui che sono
ancora oggi spesso inchiodati alle categorie di vu’ cum-
prà, badanti, lavoratori precari o irregolari, o comunque,
nella migliore delle ipotesi, di semplice bracciantato). In
questo senso, si pensi quanto possa essere travolgente
(agendo entro l’immaginario popolare europeo) la lettera-
tura migrante delle popolazioni gitane di origine Rom o
Sinti sull’orientamento socio-politico e valoriale del Vec-
chio Continente, che ha sempre stigmatizzato, disprezza-
to quei popoli (sino a concepire e praticare il loro sterminio
- al riguardo si leggano i versi struggenti delle poesie Olo-
causto dimenticato e La mendicante dei sogni della po-
etessa Sinti altoatesina Paula Schöpf) considerati come
esclusivamente dediti all’accattonaggio e al vagabondag-
gio. Un impatto benefico immediato sortiscono, allora, alla
lettura i testi (poetici e narrativi) di Dijana Pavlovi?, romnì
serba, attrice, mediatrice culturale, nonché traduttrice in
lingua italiana di opere letterarie jugoslave.
Se una Madame de Staël, nel primo Ottocento, per invi-
tare gli italiani a sprovincializzarsi e a entrare nel vivo
della cultura europea, li esortava all’arte del tradurre,
oggi - a quasi due secoli di distanza - la stessa Euro-
pa è chiamata ad abbandonare forme di campanilismo
retrogrado, improponibili nell’era della globalizzazio-
ne, ma con un grande vantaggio rispetto all’Italia di
allora: l’intero mondo è giunto fino all’Europa, la qua-
le, attraverso gli scrittori migranti, parla le lingue che
essa stessa si è data nel corso del tempo. Ogni paese
europeo dispone di un identikit linguistico composito, es-
Dijana
Pavlovi?
Anilda
Ibrahimi
pp.26_27_MONDI_Settembre.2016.indd 27 03/08/16 17.23
\


©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®