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Numero 3 del 2014

Il mio, il nostro, il loro 8 Marzo


Foto: Il mio, il nostro, il loro 8 Marzo
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Testi pagina 7

5Marzo 2014
Etas-unis d’Europe uscita nel 1867 dopo la Conferenza
pacifista di Ginevra, non riuscì a prevenire la prima guerra
mondiale e chiuse le pubblicazioni nel 1939, una volta ini-
ziata la seconda. Altiero pinelli ci pensava nel confino di
Ventotene e il suo progetto, dopo aver subito - e subire - tut-
ti i rallentamenti e gli scontri possibili, ha pur prodotto un’U-
nione Europea già reale se ha reso non più immaginabile la
guerra al proprio interno. ista così, è il solo strumento che,
Cancelliera Merkel a parte, può contribuire a superare la
crisi strutturale. Ma bisogna sollecitarla ad andare oltre: vi
sembra giusto spendere 311,9 miliardi di dollari annui
per 28 eserciti con distinti effettivi per 15.977.888 uo-
mini di 28 paesi? Le “patrie” sarebbero più sicure con
lo strumento unico comune e il denaro pubblico speso
meglio..
Invece interessi legati ad altre monete favoriscono il so-
spetto anche nei confronti dell’euro. Le istituzioni federali
che siamo arrivati a costruire non sono solo il Parlamento,
la Commissione, la Corte di Giustizia, ma anche la BCE
e l’euro. Smantellarne anche una sola sarebbe insensato:
probabilmente sarà ancora presto per il “governo fede-
Vorrei che il prossimo 8 marzo fosse se-gnato da una riflessione forte anche autocritica) fra donne sul loro rapporto,
secondo me ancora largamente irrisolto, con
la politica e, ovviamente, con l’antipolitica.
L’inizialmente promettente, avvisaglia del “Se
non ora quando?”, che poteva segnare nel
nostro paese un recupero decisivo, non ha
avuto seguito.
Siamo ancora, nella cronaca, alle donne
come minoranza rivendicativa, non come
protagoniste dell’agenda politica. I temi sono
il 50 e 50 nelle liste, la repressione dei femmi-
nicidi, le condizioni di lavoro. Il progetto di
come il mondo debba e possa uscire dalla
crisi sembra che non ci riguardi. Non ci ri-
guarda la qualità della selezione della classe
politica ma solo il dato di genere, che - e lo
abbiamo già visto fin troppo con erlusconi
- non garantisce da solo proprio niente. Un
50% obbligatorio per tutti, anche per chi non
ci crede, scelto comunque da maschi, non
serve per una qualità altra del ceto politico,
e somiglia ad una garanzia formale per sé. È
sostanzialmente impotente il maggiore rigo-
re e controllo della violenza maschile, finch
non affronteremo con strumenti altri, formativi
e culturali, le difficoltà dell adeguarsi ma-
schile ai nuovi rapporti di genere. E senza
questo mutamento di rapporti di fronte alle
responsabilità familiari, le donne resteranno
largamente penalizzate sul terreno del lavo-
ro. Intanto il tema delle donne è divenuto,
nella sostanza reale delle esperienze umane,
perfino pi provocatorio e rilevante, psicolo-
gicamente e politicamente, nei conflitti etnici,
religiosi, politici, fra generazioni, che insan-
guinano il mondo.
Siamo in una realtà che non si risolve
chiedendo (a chi?) garanzie, ma assu-
mendoci la leadership delle risposte cul-
turali e politiche a un arretramento dram-
matico. Sono appena rimasti in piedi, come
un sogno di pace, i segni del superamento
delle ideologie di sovranità politica assoluta,
di un’idea del potere tutta maschile, di stru-
menti di pace, voglio dire l’Unione Europea
e l’ ONU con le sue agenzie. È su questo,
e sulla forza delle nuove oligarchie, finan-
ziarie o addirittura criminali, che dobbia-
mo misurare e rischiare (come tante sin-
dache di comuni del sud, troppo spesso
sole) la forza della nostra leadership, con
più determinazione, minore isolamento
delle singole, costruzione di convergenze
motivate e coerenti, di impegno collettivo,
insomma formulazione esplicita di strate-
gie politiche transnazionali.
Le donne non possono essere solo un
gruppo corporativo, a difesa di se stesse;
sono una forza anche per se stesse, solo
se e quando la usano a difesa del mondo.
Lasciatemi mettere questa provocazione
nel segno di una espressione da me molto
amata, scritta, più di sessanta anni fa, da Si-
mone de Beauvoir: “Gli uomini che abbiamo
chiamato grandi sono quelli che hanno preso
sulle loro spalle il peso del mondo. È quello
che nessuna donna ha saputo fare, ha po-
tuto fare». In realtà da migliaia di anni lo fac-
ciamo, ma dobbiamo farlo anche come pro-
tagoniste della proposta politica, entro una
nuova concezione dell’interesse collettivo.
OLTRE
IL 50 E 50,
LA POLITICA
di Paola Gaiotti de Biase
rale”, ma il semestre di presidenza che tocca subito
all’Italia potrebbe favorire una “federazione leggera”,
secondo la proposta di Emma Bonino, per portare il
bilancio federale almeno al 3% del PIL e aprire a quella
politica economica, estera e di difesa che renda l’UE un
organismo federale in grado di funzionare a vantaggio
comune.
Per partire dai nostri interessi “di genere”, il report presen-
tato (e purtroppo respinto) nel gennaio scorso dalla porto-
ghese Edite Estrela prospettava la definizione comune
a tutti i paesi dell’UE dei diritti riproduttivi e dell’autode-
terminazione.
Estrela era più coraggiosa e lungimirante dei suoi col-
leghi, meno attenti alla libertà femminile che al perbe-
nismo sociale. L’allarme per le misure contro l’autodeter-
minazione del governo spagnolo ha evocato lo spettro del
contagio - come negli Usa, dove metà degli Stati hanno
ristretto le norme sull’aborto - ma in tutta Europa, senza or-
ganizzazione strutturata, le donne hanno creato manifesta-
zioni a favore dei propri diritti. Perfino in Polonia. Non sot-
tovalutiamo l’Europa, femminile non solo nel nome. b


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