Numero 6 del 2016
Settantesimo: partimmo dal voto - Speciale Rebibbia
Testi pagina 7
5Giugno 2016
Qualche sera fa ho chiesto a mia nonna, 96 anni il prossimo set-tembre, a cosa stava pensando.
Risposta: “Al futuro”. Sono rimasta sba-
lordita, perché tra le ipotesi formulate
c’era “a niente” o “al passato”. E invece
no, lei, Elisabetta, detta The Queen, guar-
da ancora lontano. D’altra parte, la scorsa
estate, una sera, interrogandosi sulle tem-
perature che ci sarebbero state l’indomani,
mi ha sollecitata a controllare sul cellulare.
Ho reagito con un “ma cosa?” e lei, senza
esitazione alcuna, ha replicato: “Tua so-
rella ha scaricato la App del Meteo, tu non
l’hai? Fammi vedere”. E ho scoperto così
che persino il concetto di touch screen le è
familiare, tant’è che ha aggiunto “ah come
mi sarei divertita a essere giovane oggi e
ad usare tutti questi sistemi”. Mia nonna
conosce ovviamente Facebook, e quando
la invito a farci “una foto che poi la po-
sto” non solo si mette in posa e sceglie tra
le varie scattate quella che la convince di
più, ma dopo un po’ mi chiede quanti ‘mi
piace’ ha ottenuto, “perché ormai lo so
che ho dell’appeal”. E in effetti, raggiun-
ge davvero un mucchio di like, a conferma
che trasmette energia e simpatia. Infine,
e poi concludo con gli esempi, di recente,
di fronte a un vestito nuovo acquistatole
da mia madre, senza troppi giri di parole
ha ammonito la figlia: “Portalo indietro,
cambialo, è da vecchia”. The Queen è uni-
ca, senza dubbio. Ma lo è perché le abbia-
mo concesso di tornare bambina. Perché
mentre il suo corpo cambiava e perdeva
forza, insieme all’autonomia, noi non le
abbiamo permesso di sentirsi sconfitta, di
vergognarsi. Abbiamo esaltato le sue qua-
lità, l’abbiamo fatta sentire indispensabile,
coinvolgendola in una quotidianità che lei
ha recepito. Abbiamo coltivato con lei pic-
cole vanità, come lo smalto per le unghie,
sempre trasparente “che non voglio mica
essere ridicola”. Il cambio dei ruoli è stato
lento, a tratti faticoso, forse più per lei che
per noi, ma poi c’è stata la conciliazione
con l’età che avanza. Spesso ci guarda - sia-
mo una famiglia di sole donne - ed esclama
“ma sono stata proprio fortunata, non mi
manca nulla”. E aggiunge: “Beh, l’avrò an-
che meritato, o no?”. Questa sua consape-
volezza della reciprocità guadagnata, è la
vera bellezza della vecchiaia, oggi trattata
perlopiù come un ‘costo’, come un fasti-
dioso elemento del welfare, tra pensioni
minime, reversibilità da rivedere etc etc
etc. E invece, è tanto altro. Lo conferma un
libro che ho amato molto, che mi ha fatto
ridere fino alle lacrime, di Cira Santoro, Le
Arzille vecchiette dell’autobus 21 (Mi-
nerva Edizioni), che l’autrice ha scritto su
suggestione degli incontri fatti la mattina
in autobus. Nel testo c’è una rappresen-
tazione della vecchiaia fatta di forza, ri-
sate, complicità e, perché no, sensualità.
Un testo che invito a leggere per quanto è
spassoso e intelligente. Allora, pensando a
mia nonna e alle Arzille, mi dico che se ci
immaginassimo così, da ‘vecchi’, avremmo
meno paura di sfiorire. L’essere accuditi -
vale per entrambi i generi - non ci sembre-
rebbe una diminutio, ma un giusto premio.
E non ci spaventerebbe neppure la morte,
perché in fondo, come dice The Queen, ve-
dova di Bruno, “io sono contenta di essere
ancora con voi, ma tu devi capire che io ho
anche voglia di rivedere tuo nonno”.
di Camilla Ghedini
L’ARZILLA BELLEZZA
DELLA VECCHIAIA
Comunque il neutro prevale e quello
che da tempo non ricordiamo più con
il nome di omologazione ci sta davve-
ro assimilando: le “CEO” di domani
seguiranno in gran parte le indicazio-
ni del testosterone. E così trovano
ulteriore conferma gli adeguamenti
femminili a “linee” politiche che con-
tinuano a vedere ciò che riguarda le
donne oggetto di attenzioni specifi-
che e di erogazioni di benefici, quasi
mai di diritti.
È molto più alta la riprovazione della
coppia maschile con bambini rispetto
a due donne che potrebbero essere
senza scandalo sorelle o amiche non
necessariamente lesbiche. Anche que-
sta è logica “di genere” (maschile?),
perché la donna è sia necessaria sia
legittimata. Nessuno si è mai agitato
per il turismo indiano di coppie sterili
regolarizzate al rientro con un picco-
lino frutto di una scappatella maritale
generosamente perdonata dalla mo-
glie. E il famoso rispetto della famosa
dignità dell’indiana pagata? I problemi
etici sono legati al costume e ai fattori
educativi: come mai è tollerata, anzi per
molti da normalizzare e metterci sopra
le tasse, la prostituzione? Introdurre
a pagamento un organo estraneo nel
corpo altrui che, nel caso della donna,
può lasciare conseguenze riproduttive
(i maschi sono così privi di intelletto da
pagare di più per evitare il preservati-
vo) rispetta forse la dignità, la morale,
la natura? b
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