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Numero 4 del 2011

Noi uomini sull'orlo di una crisi


Foto: Noi uomini sull'orlo di una crisi
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Testi pagina 35

non ha permesso alle famiglie nemmeno di rivedere i cor-
pi dei propri cari.

Una decisione nata e sostenuta dall’appello di Shirin Eba-
di, Premio Nobel per la Pace 2003, che nel corso di una
manifestazione a luglio del 2009, da Amsterdam, invitò
le donne di tutto il mondo a ritrovarsi nello stesso gior—
no e alla stessa ora, ogni sabato alle 18.00, in un parco del-
le loro città. Così altre donne in paesi europei si sono m0-
bilitate per dare voce alle Madri del Parco Laleh, orga—
nizzando gruppi di sostegno e proteste nei parchi di tut-
to il mondo, a Oslo, Dortmund, Francoforte, Amburgo,
Londra, Parigi, Vienna, Los Angeles. In Italia, quell’ap—
pello è stato raccolto dalle Donne in Nero, che a fine feb-
braio hanno rilanciato una campagna a loro sostegno.
“ Non solo in segno di solidarietà — spiega Luisa Morgantini,
già Vice Presidente del Parlamento Europeo - ma perché
ci riconosciamo nella forza che le donne hanno nel re-
spingere la violenza.”

Dal giugno del 2009 le madri iraniane, in silenzio, vesti-
te di nero, con in mano i ritratti dei loro figli uccisi o in-
carcerati si sono radunate ogni sabato. Per mesi. La po—
lizia governativa ha cominciato ad assalirle, maltrattarle,
arrestarle, ripetutamente, ma loro hanno continuato. A
metà gennaio sempre Amnesty lanciò un appello per la
liberazione di 33 madri, malmenate dalla polizia (10 fi-
nirono in ospedale) e incarcerate nel centro di Vozara (a
Tehran). Ora le autorità iraniane hanno deciso che nem—
meno la protesta silenziosa e pacifica è più consentita.

NOIDONNE

“Sono idealmente le madri di tutti gli ira—
niani, dei condannati a morte, dei torturati,
dei prigionieri politici. Non piangono né
chiedono giustizia solo per i loro figli ma
per tutti quelli che sono stati dimenticati,
che non hanno nemmeno più una madre
che pianga per loro”, spiega ancora Ma—
ryam Hekmatshoar.

Tra le donne iraniane in prigione ancora
oggi, ci sono attiviste, avvocate, giornaliste,
studentesse. “Come è avvenuto per una mia
stretta collaboratrice - spiega Shirin Eba-
di — Nasrin Sotudeh, che conosco da oltre
20 anni e che da sempre combatte contro
la pena di morte.” Nasrin è in carcere da
oltre 6 mesi, condannata a 11 anni di re—
clusione e 20 di interdizione dalla professione di avvocato.
“Nei giorni successivi al suo arresto (avvenuto a settem-
bre 2010, ndR) — continua Ebadi — le hanno chiesto di te—
stimoniare contro se stessa, lei non ha accettato e la per-
sona che la interrogava ha giurato che avrebbe chiesto al
giudice di darle più di 10 anni di carcere. I tribunali ira—
niani non sono indipendenti, ma ‘a disposizione’ degli
agenti governativi. Ho presentato il suo caso all’Alto Com-
missariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e N avy
Pillay ha promesso di dare assoluta priorità al caso di Na-
srin.” In carcere, Nasrin ha rifiutato di mettere la benda
sugli occhi per incontrare i suoi familiari, quindi le autorità
le hanno negato tutte le visite; solo a metà febbraio è riu-
scita a vedere i suoi figli, di 4 e 11 anni, per la prima vol-
ta da settembre.

“Dopo la Cina, l’Iran è il paese con il più alto numero di
pene capitali - spiega il Premio Nobel - negli ultimi 2 anni
le esecuzioni sono triplicate, e tra le persone giustiziate
Vi sono anche i detenuti politici, tra cui anche minori. In
Iran infatti l’età della responsabilità penale e molto bas-
sa, 15 anni per i maschi e 9 anni per le femmine, questo
vuol dire che se una bambina commette un reato, può es-
sere giustiziata.”

fotoi - logo Madri del parco Laleh

foto 2 - conferenza stampa a Roma Noto: archivio Donne in Nero]
foto 3 » Le Madri del parco Laleh [da wwwpayvancorn]

foto 4 - manifestazione in Germania a sostegno delle Madri

[dal blog Mothers of laleh]

iiiaiu'riii'iis; | aprile | 201’
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