Numero 4 del 2011
Noi uomini sull'orlo di una crisi
Testi pagina 3
OMINI,
IL SENSO DEL LIMITE
EDITORIALE
l terremoto è un evento naturale ed imprevedibi—
le. Il margine di manovra a disposizione degli uma-
ni che intendono opporre una qualche sfida è as-
sai limitato e spazia dalla costruzione di edifici a
prova di sisma alla speranza nella tenuta delle strut-
ture, dalla professionalità di chi le progetta al-
l’onesta di chi le costruisce. Il sistema perfetto ed esemplare
del Giappone in pochi minuti è stato spazzato via dallo tsu-
nami, causato dal terremoto dell’11 marzo scorso, insieme
ad alcune città e a migliaia di vite umane. Se serviva una
nuova prova del nulla che siamo al cospetto della natura,
l’abbiamo avuta. Le radiazioni rilasciate dalla centrale ato-
mica di Fukushima a seguito dei danni provocati dalle onde
anomale ne rappresentano una ulteriore, drammatica, cer-
tificazione. Non c’è il tempo per metabolizzare le imma-
gini delle devastazioni totali che ha lasciato il mare, riti—
randosi: la tensione el’attenzione rimangono altissime nel-
l’attesa, di ora in ora, di conoscere le proporzioni delle con-
taminazioni radioattive e i danni all’ambiente e alle persone.
È un’apocalisse, lontana geograficamente, ma che ugual-
mente ci contamina la vita e l’anima.
Contemporaneamente accade proprio di fronte casa no—
stra, invece, che aerei da combattimento bombardino la
Libia con la partecipazione dell’Italia. L’obiettivo sareb-
be il tiranno Gheddafi — incredibile, lo stesso al quale po—
chi mesi fa sono stati tributati onori, fanfare, centinaia di
donnine e l’autorizzazione a piantare abusivamente una
tenda al centro della Capitale — ma intanto a crepare sono
le popolazioni civili. Come nella migliore tradizione
delle guerre preventive.
Questi drammatici e gravissimi accadimenti, pur nella
totale diversità delle ragioni che li hanno causati - even-
ti naturali, incidenti tecnici, equilibri geopolitici ed eco-
nomici — traggono la comune radice nel delirio di onni—
potenza maschile, ovvero nell’incapacità maschile di dare
un senso di finitezza alla propria esistenza e al proprio
agire. Gli uomini, e soprattutto quelli che esercitano un
qualsiasi potere o che vogliono mantenerlo o conqui-
starlo, vivono in una dimensione perennemente belli-
gerante. Per questo non si pongono limiti e si relazio—
nano al mondo e nelle situazioni come se fossero esen-
ti dal rispetto dei confini imposti dalla logica, dalla ra-
gionevolezza o semplicemente dall’accettazione ‘del—
l’impossibilità di’ o della ‘non opportunità di’ in funzione
del bene comune. La voglia di avventura - talvolta smo-
data — che anima la ricerca e spinge chi studia verso nuo—
vi territori fisici o della conoscenza non ha niente a che
vedere con il cinismo della diplomazia che ignora i po-
poli a vantaggio delle éIites 0 il calcolo dell’economia che
favorisce il profitto e se ne frega dell’ambiente e dei di-
ritti. La capacità di autolimitarsi, di non superare quel-
la soglia è nella disponibilità dei viventi, solo che gli uo—
mini troppo spesso non la vedono. O la ignorano. Per
questo umiliano, picchiano e uccidono la loro donna e,
allo stesso modo ed escludendo ogni ragionevole auto-
limitazione, mentre il Giappone brucia continuano a pro-
gettare centrali nucleari su cui si illudono di esercitare
il controllo. Per quanto ancora possiamo tollerare tan—
ta arroganza? Se gli uomini non cominceranno, davve-
ro, ad immaginare e praticare un modo diverso di essere
maschi e di costruire relazioni pubbliche e private, il mon—
do non potrà cambiare rotta. Se ai muscoli non sapranno
sostituire il cervello e il cuore (senza vergognarsene), gli
uomini continueranno ad essere inadatti a gestire poteri
e a ripetere gli errori di millenni condannando tutto, tut-
ti e tutte a subirne le conseguenze.
Qualche traccia di buon senso si intravede. Questo nu—
mero lo dedichiamo agli uomini che si interrogano. O che
cercano di farlo. I
di Tiziana Bartolini
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noidonne | aprile | 2011 n