Numero 4 del 2014
Poker Doppio. Otto ministre su 16, ma non è democrazia paritaria
Testi pagina 26
24 Aprile 2014
Sarà che in questi mesi molti amici compiono i fatidici cinquanta anni e chissà perché ci si ritrova con pia-cere in vena di bilanci e di interrogativi su un futuro
sempre più precario in generale e per noi appesantito da
un giro di boa comunque fatale. Parchè questa atmosfera e
questo sentimento collettivo? È come mettersi alla moviola
per un momento e cercare di capire da dove nasce il desi-
derio di reincontrarsi, amici di maturità e magari colleghi
universitari, giusto solo per fare il punto o per intravvedere
altre possibilità di futuro. Altre nel senso di diverse rispet-
to al noto. Comunque nuove o insperate. Abbiamo appena
fatto in tempo a dare la maturità e a incontrarci durante
gli esami universitari e poi ci siamo disperse per un ma-
trimonio che ti ha portato fuori giro, per un lavoro che ti
ha costretto a spostarti altrove o per una specializzazione
che ti ha rimbalzato continuamente da un luogo all’altro. Il
risultato? Anni di totale rarefazione. Non ci si è poi più viste
né incontrate. Chi ha fatto figli, chi ha rincorso amori sba-
gliati, chi ha studiato persino troppo per riuscire e sfondare
nell’ambito scelto. Comunque vada, sono passati trent’an-
ni. Oggi, improvvisamente, ci stiamo ritrovando tutti per-
ché le tappe importanti di carriera sono un po’ come un
imbuto che riporta sempre volenti o nolenti con la stessa
gente ma anche perché poi per chi ha optato per la fami-
glia i figli sono ormai cresciuti e ci si deve
comunque ripensare alla grande. E quando
ci ritroviamo a cena celebriamo le medaglie
di obiettivi conseguiti e di sogni realizzati
e ahimè dobbiamo svelare anche le ferite.
Quelle personali e quelle pubbliche. Eh si i
galloni sono tradotti in studi professionali,
in case signorili, in percorsi culturali di tutto
rispetto o in matrimoni compatti e riusciti. I
dolori personali, le ferite, sono invece un po’
più profondi e nascosti e affiorano soltanto
al momento del caffè, quasi quando ci si sta
per congedare. Ma di che ferite parliamo?
Sono di due tipi: quelle tipiche delle neo
cinquantenni: alcune rughette o alcuni chili
depositati in vita a dire che sì gli anni sono
passati e che si è consapevoli di ciò che non
c’è più: un padre, una madre o un fratello o
un amico o legami sentimentali e affettivi strazianti che ci
hanno abbandonato e costrette a reinventarci per intero. E
poi ci sono le ferite di lavoro, il prezzo delle scelte, le guerre
aziendali, il dover accettare nostro malgrado l’arroganza di-
sonesta e spregiudicata di chi si crede superiore. E il milite
ignoto siamo sempre noi, quella parte di noi stesse, della
nostra integrità e della nostra serenità interiore che ci han-
no costretto a perdere. Il bilancio è positivo tutto sommato
ma la battaglia è stata dura e cruenta. E del tutto impari
quanto a valori personali e astuzie criminali dell’avversario.
Ma ecco che il problema rispunta proprio li sul finire della
cena: e ora? quale sarà la prossima tappa?
E come ci arriveremo? Sembra difficile procedere con lo
stesso entusiasmo che ci ha portato fin qui: ingenuità gio-
vanile e una certa dose di incoscienza rendeva al contempo
tutto possibile e magari accessibile. Ora tutto questo tempo
per decidere ci scivola via dalle mani e ci sentiamo come
avessimo solo un grande futuro davanti a noi. Ma il nodo
ora non è più quello di cosa fare ma cosa ci interessi davve-
ro. Per vivere veramente la nostra autenticità umana e non
per imitare questo o quello o per sopravvivere all’idea che
abbiamo combinato qualcosa di buono. Forse è arrivato il
momento di fermarsi un attimo, di tirare il fiato e stare in
silenzio coccolandoci con tenerezza: se potessimo essere
madri dolcissime e comprensive del nostro cuore, saprem-
mo già cosa conta per noi e cosa no. E sapremmo allora da
dove ripartire. Dall’ essenziale e basti quello. Tutto il resto
orami ci annoia e non ci sta più.
Life coaching
[ Terza puntata ] di Catia Iori
iL giRo
DI BOA