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Numero 4 del 2014

Poker Doppio. Otto ministre su 16, ma non è democrazia paritaria


Foto: Poker Doppio. Otto ministre su 16, ma non è democrazia paritaria
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Testi pagina 12

10 Aprile 2014
vulnerabili. Adoperarsi per garantire la massima ri-
servatezza dell’informazione genetica è certamente
necessario, ma non sufficiente. Ci dovremmo anche
chiedere quanto la conoscenza della propria predi-
sposizione o suscettibilità genetica a evolvere de-
terminate malattie ed il percepirsi, ed essere per-
cepiti da chi è più vicino, come soggetti ‘a mag-
gior rischio’ - o predestinati a un destino infausto
e a una morte precoce, rispetto alle aspettative di
vita media - si rifletta su e condizioni lo sviluppo
del proprio senso di sé, della propria autostima e
identità; ovvero, quanto l’informazione prospettica
possa influire negativamente sulla costruzione del
proprio mondo affettivo e relazionale, coartando
le scelte di vita ed inibendo il
libero sviluppo della perso-
nalità, in società quali le
nostre. Vorrei dire in un
mondo in cui la fragilità
psichica e l’insicurez-
za ontologica sono
sempre latenti e le
certezze di immagine,
come di accettabilità
sociale, vengono in misu-
ra crescente a dipendere
dalla capacità di adegua-
mento ai modelli dominanti di
efficienza corporea, di salute, di ‘normalità’ fisica
e psichica. A questo proposito, e a conclusione di
queste note, voglio ricordare gli studi della femmi-
nista foucaultiana Iris Marion Young (Young 1990)
sulle fonti di oppressione sociale che sono il por-
tato di norme, abitudini, stereotipi e rappresenta-
zioni simboliche la cui forza risiede nel non essere
mai messe in discussione. Anche nelle odierne
società liberal-democratiche ‘ben intenzionate’ è
latente lo ‘stigma’, spesso retrocesso dal livello di-
scorsivo e cosciente a quello dei comportamenti
pratici e del linguaggio dei corpi: battute, lapsus,
gesti, varie reazioni irriflesse che denotano l’isti-
tuzione di una tacita gerarchia fra corpi ed un di-
sagio nei confronti di chi, l’Altro, viene identificato
con un ‘corpo’ imperfetto, difettoso o ‘differente’
rispetto a un sottointeso modello di normalità e di
accettabilità sociale. a
* Università di Firenze
OccOrre
migliOrare la
qualità della vita
dei singOli ed evitare
che si attivi un prOcessO
di medicalizzaziOne
dell’intera
esistenza
Si riflette poco sul valore universale, per tutte e per tutti, dell’istanza dell’autonomia delle donne (in relazione, come dice Caterina Botti) e dell’autodeterminazione e il maschi-
lismo se è in primo luogo forma di oppressione è anche gabbia
costrittiva del genere maschile (tanto costrittiva da far accettare
la macelleria della guerra).
E le litanie continuano con le solite affermazioni sulla fragilità della
condizione femminile, della necessità dell’esercizio della tutela e
frotte di entrambi i sessi che si offrono come tutori/tutrici. E ripro-
pongono il dominio.
La libertà e l’autodeterminazione non possono essere elargite: si
conquistano e le persone oppresse nel liberare sé stesse liberano
il mondo.
Nel secolo dell’industrializzazione di massa per la produzione
di quantità la forma più esplicita del dominio si esprimeva nella
condizione operaia e la lotta di classe rappresentava la espressio-
ne della rivolta. Alla fine del secolo scorso e ben avviato in quel-
lo attuale si prospetta potente il tentativo di assoggettare la vita
alla logica del capitale e per questo il controllo dei corpi diviene
decisivo. L’esercizio di mettere sotto tutela le “fragilità” esalta la
volontà di dominio, se si tiene conto che le fragilità sono sempre
espressione di perdita di autonomia e indicano relazioni di potere
e non di cooperazione per la valorizzazione del massimo livello
possibile di autodeterminazione, qualunque sia la condizione data.
Mettere la vita sotto il controllo del mercato trova passaggi facilitati
proprio dalle cosiddette fragilità che si riconoscono nelle persone
anziane, nonostante il loro patrimonio di esperienza, nell’età evo-
lutiva (e questo è un insulto all’intelligenza) e, di nuovo, nelle don-
ne, primariamente quando vivono l’esperienza del percorso della
nascita, in cui la supposta fragilità è determinata dalla decisione
di affrontare un’avventura senza uguali, come dire che Messner è
più fragile quando scala l’Everest senza autorespiratore, rispetto a
quando passeggia per le strade di Bolzano. Con una contraddi-
zione radicale: da una parte si considerano le donne incompeten-
ti quando invece sarebbe obbligatorio far emergere, valorizzare,
promuovere e sostenere le loro competenze. Si opera, piuttosto,
sistematicamente per impedire l’espressione di competenza e in
tal modo fare mercato con la medicalizzazione della nascita, con
sprechi di risorse e danni alla salute, intesa in senso globale e in
termini specifici. Dall’altra si scaricano sulle spalle delle donne re-
sponsabilità di cura che sarebbe obbligo dei servizi, finanziati con
le tasse, assicurare.
Appare a me chiaro che la rivendicazione dell’autonomia ha oggi
una caratura ancora più chiara di liberazione universale e sono
e saranno le donne alla testa del movimento. Così, la difesa del-
la legge 194/78 non è qualcosa di stantio e già dato, così come
non lo è in Spagna la lotta per mantenere il diritto all’aborto sicuro
ma, ancora una volta e ancora di più un passaggio decisivo per
l’affermazione dell’autodeterminazione contro la mercantilizzazio-
ne della vita. E non dimentichiamoci che l’evoluzione del ricorso
all’aborto in Italia ha rappresentato la più clamorosa e convincente
dimostrazione di quanto sia valido investire sulla promozione delle
competenze delle donne.
Femminismo
e maschilismo


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