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Numero 4 del 2014

Poker Doppio. Otto ministre su 16, ma non è democrazia paritaria


Foto: Poker Doppio. Otto ministre su 16, ma non è democrazia paritaria
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Testi pagina 7

5Aprile 2014
Il 10 marzo 2014, presso l’Università degli studi
di Modena e Reggio Emilia, la Presidente
della Cooperativa Libera Stampa (editrice
di NOIDONNE) Isa Ferraguti si è laureata in Scienze
Giuridiche dell’Impresa e Pubblica Amministrazione,
relatore Prof. Giuseppe Pellacani, con una tesi sulla
situazione professionale dei dipendenti del Senato.
Una laurea è sempre un bel traguardo, ancora più degno
di nota se a raggiungerlo è una signora di settantuno anni,
a conferma della sua tempra di combattente. “Ho sempre
rimpianto la mancanza di studi e nutrito un sentimento
di inferiorità riguardo a chi poteva anteporre al proprio
nome un dott. che sanciva le sue conoscenze - dice con
orgoglio e con gli occhi che le brillano -. Però il tempo
è sempre stato poco e la laurea è sempre rimasta
un progetto irrealizzabile. Eppure il mio consorte,
defunto ormai da tempo, mi ha sempre spinto a fare
di più, a osare qualunque cosa mi permettesse
di realizzarmi.
Ecco, questa laurea l’ho presa anche grazie a lui”.
Tanti auguri, Isa, da tutte noi…
donne e dalle amiche di NOIDONNE!
La presidente
si Laurea!
propri interessi. Altrimenti che cosa facciamo al Governo in
quanto donne?
La questione riguarda la natura della democrazia a partire
dal significato dell’uguaglianza, parola che pone sempre la
domanda “rispetto a che cosa?”. Siamo uguali per comune
umanità e giuridicamente “senza distinzione di sesso, di
razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condi-
zioni personali e sociali”? Ma, se le lingue sono diverse e i
ricchi non sono uguali nemmeno davanti alla legge?
Il punto dolente è che qualunque legge “riconosce e ga-
rantisce i diritti inviolabili dell’uomo”: anche se per tutte le
giurisprudenze del mondo il termine uomo “comprende
anche la donna”, di fatto uomo e persona (termine più
proprio della cultura cattolica) non comprendono un diritto
femminile che, almeno per la maternità, esige l’autonomia.
La “democrazia di genere”, dunque, riferita alle istituzio-
ni è ancora acerba se si limita alla parità con l’uomo,
che resta l’unico riferimento - apparentemente “neutro”
- del diritto. Secondo questa linea al top della statistica
internazionale per la presenza femminile nei Parlamenti
si trova il Rwanda, con il 56% della rappresentanza: le
donne avrebbero la maggioranza, ma il “genere” - per
convenzione universalmente taciuta - è in realtà il solo
sesso biologico. D’altra parte, in Germania al vertice sta
una “governante” e già la morfologia sotterraneamente
nega le scelte politiche generali secondo la cultura fem-
minile. Idem per Dilma Rousseff in Brasile, per la trec-
cia bionda di Julia Timoshenko e per Christine Lagarde,
capo del Fondo Monetario o Janet Yellen, signora della
Federal Reserve. In Europa su 28 paesi abbiamo oggi 5
ministre della Difesa. Bello se il genere aiuterà a far capi-
re che è meglio una difesa europea unica e non 28 eser-
citi costosi e poco efficaci, ma è pura razionalizzazione,
ci arriverebbe anche un uomo. Per ora il concreto della
politica è stato avviato sulla stretta competenza, con la
“rettora” Giannini, per esempio, intenzionata a finanzia-
re le scuole private e la Madia in dissenso sull’aborto.
Vedremo, al solito, le proposte di legge e le discussioni
parlamentari specifiche.
D’altra parte, se siamo più brave, “comanderemo”
sempre di più. Ma senza nuovi apporti di pensiero ci
adegueremo, almeno visibilmente, al modello unico,
con tutti i limiti che contrappongono lavoro e affettività,
gerarchia e democrazia.
Rossana Rossanda in un contesto politico che riguardava
normali vertenza sociali diceva che “non basta spezzare
l’ordine simbolico per spezzare il potere”.b


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