Numero 4 del 2011
Noi uomini sull'orlo di una crisi
Testi pagina 25
tumacia, a più di tre anni
di carcere. “Se mi avesse-
ro cercata un po’ meglio
mi avrebbero trovata,
perché ho sempre vis-
suto nello stessa abita-
zione e risultavo nei re-
gistri co-
munali - racconta con
una voce a metà tra
rassegnazione e stu-
pore - anche perché
avrei almeno potuto
cercare di difender-
mi, conoscere la mia
situazione. Invece in
questo modo sono
stata catapultata al-
l'improvviso in un
posto - i| carcere -
che non auguro
neppure al mio peg-
gior nemico". Ora
per fortuna sono in-
tervenuti i servizi so-
ciali e, dopo cinque
mesi, ha ottenuto la de-
tenzione domiciliare: "Posso uscire da casa tre ore al gior-
no, anche se ho perso il lavoro che avevo prima e per il per-
messo di soggiorno, del quale a breve stavo aspettando il
rinnovo, è tutto fermo". Se un detenuto su tre è stranie-
ro, non per questo la difesa ha diritto all’interprete d'uf-
ficio - è previsto soltanto per le udienze dibattimentali - così
capita spesso che gli avvocati si possano soltanto appel-
lare alla clemenza della corte, non riuscendo a dialogare
con il loro assistito e quindi a programmare alcuna stra-
tegia difensiva. Come se non bastasse, gli immigrati irre-
golari non hanno neppure diritto al gratuito patrocinio, an-
che se l'immigrazione irregolare è reato grazie all’artico-
lo 19 del ddl sulla sicurezza del 2009: maggiori oneri a fron-
te di tutele minori.
Se Loredana affronta la sua esperienza con gli strumenti
della riflessione e Nora dello stupore, dalla voce di Tina
emerge invece una rabbia a stento trattenuta. Ha scontato
“soltanto" un anno e otto mesi, ma le è sufficiente per dire
che “il carcere fa schifo". “Pagare per gli errori commes-
si è un conto, ma non ci si può approfittare di noi. Siamo
persone, non cani in gabbia, e nemmeno a un animale si
dà iI pane andato a male". I| carcere l'ha molto cambiata,
e ora sente il bisogno di sfogarsi: "Dentro ti insultano, an-
CARCERE, OWERO...
Al 31 dicembre 2010, secondo i dati del Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, le
carceri italiane ospitano 67.961 detenuti. Tra questi, 2.930 donne e
24.954 stranieri, rispettivamente il 4,31% e il 36,72% del totale.
Questi i numeri. Crudi. E muti, se non si aggiungessero altri dati.
Emerge innanzitutto - nel paese dove il processo penale ha una
durata media di tre anni e mezzo - la percentuale altissima di
imputati, ben 28.727, mentre il numero di chi sta scontando una
pena definitiva è 37.126. L'altro dato, quello più citato e forse più
allarmante, riguarda la capienza delle strutture: nei 208 istituti
detentivi - la cui capienza regolare è di 45.022 unità - si ha un
sovraffollamento di 22.939 individui. Le statistiche, se hanno il
pregio della chiarezza, possono tuttavia apparire fredde. Se però
si pensa che ognuno di questi numeri nasconde volti, storie, intere
vite compresse in celle sovraffollate e ambienti spesso malsani,
drammi umani di ogni tipo, malattie fisiche e psichiche, forse
allora si inizierà a comprendere meglio
di cosa parliamo quando parliamo di carcere.
che se cerchi di rivolgerti alle autorità con il massimo ri-
spetto. Non c'è dignità , vieni offesa ed esposta a mille pic-
cole umiliazioni: non siamo mostri, anche perché molti sono
dentro per aver rubato per mangiare, non per diverti-
mento". Grazie alle sue parole risuona poi un'altra delle
dolenti note del carcere: "Ti fregano con la terapia. C'è un
uso pesantissimo degli psicofarmaci, non per aiutare i de-
tenuti a superare il
disagio, ma per
sedarli in modo
tale che non dia-
no problemi. I0
stessa in una
giornata sono
stata costretta
ad ingerire 40
gocce di Valium,
e sono pratica-
mente svenuta
sulla branda". A
chi è fuori vorrei
urlare: "abbiate
occhi e cuore,
non voltatevi
dall'altra parte:
siamo tutti esseri
umani, e anche nel
carcere c'è molta sofferenza". Ma qual è l'opinione di chi
in carcere opera?
Paola Cigarini, volontaria del Gruppo Carcere-CittÃ
di Modena commenta, con molta cupezza: "Da qualche
anno a questa parte lavorare in carcere per la riabilita-
zione dei detenuti è sempre più difficile. Mancano i fon-
di perle attività , mancano i soldi per il personale - che
lamenta da tempo carenze di organico - mancano infra-
strutture dignitose, e si fa sempre meno ricorso a pene
alternative o sostitutive" quando le statistiche dimostrano
che, mentre i detenuti che commettono reato durante la
misura alternativa sono 4 su 1000, quelli che tornano a
delinquere dopo aver scontato tutta la pena in carcere
sono 690 su 1000. Anche voci interne all'amministrazione
del carcere Sant'Anna di Modena confermano come da
due anni a questa parte i| clima si sia appesantito,
come si siano fatti enormi passi indietro rispetto agli obiet-
tivi di trasparenza verso l’esterno e di rieducazione dei
detenuti. Anche Vito Zincani, Procuratore Capo della Re-
pubblica di Modena, dopo una visita, asserisce come det-
to carcere sia: "una sorta di discarica sociale, dove ven-
gono relegate quelle problematiche che non trovano spa-
zio nella società â€. I
noidonne | aprile | 2011