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Numero 6 del 2016

Settantesimo: partimmo dal voto - Speciale Rebibbia


Foto: Settantesimo: partimmo dal voto - Speciale Rebibbia
PAGINA 17

Testi pagina 17

15Giugno 2016
dinanza. Per questo la battaglia per il diritto di voto as-
sunse, non appena furono deposte le armi, assoluta cen-
tralità. Rosetta Longo nel febbraio del 1946 la descrive
così: “Una fondamentale conquista per le donne italiane
è stata quella del voto. […] Ben a lungo dunque gli uo-
mini hanno difeso questo privilegio che sanciva la loro
superiorità riservandosi la qualifi ca di cittadini. Lo hanno
difeso armati della forza della tradizione: una tradizione
che risaliva ai lontani tempi in cui il diritto di partecipa-
zione alla vita pubblica era connesso al dovere di impu-
gnare le armi. […] Ben lontani quei tempi e ben diversi.
Ora ogni guerra richiede la partecipazione di tutti, uomini
e donne. Non si tratta soltanto di combattere – e del resto
anche le donne hanno combattuto - ma di sopportare e
resistere ad ogni genere di sofferenza e di privazione.
[…] Quindi, se pur ci teniamo a rispettare la vecchia tra-
dizione, possiamo ben dire di avere conquistato il dirit-
to di essere considerate cittadini, parte integrante dello
Stato. Ma nel diritto ottenuto noi non vediamo solo il rico-
noscimento dovuto alle combattenti, alle partigiane, alle
martiri, alle eroine; noi vediamo un riconoscimento, a cui
teniamo assai di più: quello dell’opera insostituibile della
donna nella famiglia e nello stato, del suo contributo di la-
voro fecondo e indispensabile, della sua intima energia,
fonte di speranza e di forza”. Non solo un riconoscimento
alle deportate, fucilate e arrestate, alle oltre 40mila staf-
fette e partigiane che combatterono per la Liberazione e
si organizzarono nei Gruppi di Difesa della Donna, con-
quistandosi un ruolo da protagoniste nella Storia, bensì
un diritto per tutte le donne alla partecipazione politica a
partire dal quel contributo enorme e invisibile che le don-
ne davano (e danno) alla società attraverso il lavoro di
cura. Pochi mesi dopo le donne di Novara scrivono al
giornale tornando proprio sull’importanza della politica
– e quindi della scelta dei candidati da votare - nel deter-
minare aspetti concreti della vita di una donna. “La donna
ha votato e voterà perché vuole un domani migliore, un
domani in cui la maternità sia rispettata, in cui l’infanzia,
la fanciullezza, la gioventù, la vecchiaia siano tutelate
con eque previdenze, in cui l’intelligenza dei bambini dei
lavoratori sia riconosciuta e le porte dell’Università siano
aperte anche ad essi, in cui la lavoratrice sia considerata
alla stessa stregua del lavoratore”.
Nonostante i leader dei due maggiori partiti politici - il
PCI e la DC - intuirono da subito la convenienza politica
dell’estensione del voto alle donne, tale conquista non fu
scontata. In un primo momento il diritto di voto nacque
monco, poiché il decreto del 1945 non contemplava an-
che la possibilità che le donne venissero elette (elettorato
attivo) ma solo che fossero elettrici (elettorato passivo).
Tanti uomini politici di fatto erano contrari al suffragio uni-
versale e consideravano le potenziali elettrici ignoranti,
inadeguate, non meritevoli di esercitare una piena citta-
dinanza. Ma ormai non si poteva tornare indietro. L’ar-
gine dei conservatorismi dovette cedere all’impeto vitale
delle donne, che votarono per la prima volta alle elezioni
amministrative nella primavera del 1946. “Le elezioni di
domenica 10 marzo hanno dato ragione a noi e non ai
pessimisti. Molte donne per la prima volta hanno assistito
ad una riunione pubblica, ad un comizio, e hanno sentito
parlare di schede, di urne e di candidati. La democrazia
ha conquistato un grande e forte alleato: la donna” scri-
ve Rita Montagnana su Noi Donne all’indomani di quel
primo appuntamento elettorale. Il 2 giugno 1946, anche
grazie al voto femminile, l’Italia deciderà per la Repubbli-
ca e ventuno donne, le cosiddette Madri Costituenti, en-
treranno nell’Assemblea che scriverà il testo della nostra
splendida Carta costituzionale.?
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