Numero 2 del 2014
Piccoli stereotipi screscono
Testi pagina 54
48 Febbraio 2014
Nella breve prosa che apre il volume, Gentilini ci introduce alla metafora portante del suo
“Mentre rammendi ascolta il lievito”,
pubblicato dalle edizioni Rossopietra
di Cestelfranco Emilia (Modena), nel
2013: l’ago, il filo, l’attività del rammen-
dare che, tramandata per via matrili-
neare, non è limitata al solo riparare
vestiti e tovaglie, ma si estende al
mettere insieme, al cucire e connet-
tere ritagli di vita, emozioni, esistenze,
corpi, passioni, affetti. Questo libro si
offre come un grande affresco, anche
nella studiata articolazione in sezioni,
nel quale la poetessa, che è pittrice
e autrice di raffinati acquerelli, acco-
sta i frammenti - quasi i tasselli di un
mosaico - di una realtà domestica e
quotidiana spesso squassata dalla di-
mensione erotica e passionale: «così/
di notte/ le tue ascelle/ rifugiano il mio
viso/ le mie narici/ l’umidità della mia
lingua/ che cerca riparo/ nella tua boc-
ca.» Nei versi di Gentilini vi è, infatti, il
lievito di un sentimento sincero e na-
turale, che fa crescere in questa poe-
sia il senso del tempo, della famiglia,
dell’amicizia, del passare delle stagio-
ni, ma anche le braci di una passione
che mai cede il passo all’abitudine e
alla stanchezza. Scrive Alberto Ber-
toni in proposito: «la metafora dell’a-
go e del filo - derivata dal magistero
sempre più attuale di Emily Dickinson
- e quella molto più casereccia, ma
non meno efficace, del lievito rap-
presentano appieno l’idea di poesia
[…], il loro compenetrarsi nelle tappe
decisive dell’esistenza, ora filiale ora
amorosa, ora radicata nella “casalin-
ghitudine” ora invece proiettata con
coraggio nella realtà esterna, dell’io
narrante costituisce la novità stilistica
non meno che tematica di una poesia
che sa come rompere il bozzolo della
registrazione di un mero diario di sen-
timenti, per assurgere a un’ambizione
e a un intento di specie metafisica.»
In effetti questi versi sono in grado di
uscire dal bozzetto familiare ed intimo,
per farsi assoluti e subito “nostri”, so-
prattutto quando si distaccano dalle
mura domestiche per descriverci le
strade di Delhi o Berlino, o raccontar-
ci i drammi delle guerre, dei migranti
e dei rifugiati, assumendo il tono di
un’accorata poesia civile. Si tratta di
una scrittura che trae la sua forza da
una semplicità del dettato che non è
mai banale, non spinge sul pedale del
“poetico”, per ricercare invece una li-
nearità che ricorda la già citata Dickin-
son o la cantabilità di Giorgio Caproni.
In questa poesia, nella quale abilità
pittoriche si mischiano a delicate ar-
monie, chi legge vi troverà il segno di
molti attraversamenti, di memorie vive,
di esperienze che riverberano al di là
del tempo, ben sapendo che alla fine
«oltre la soglia/ mi aspetta/ il silenzio/ io
- intanto/ qui/ faccio vuoto/ e lo covo».
Che faccio qui sola
ad ascoltare il freddo
che scende
ho impastato sale acqua e farina
e mi godo l’abbraccio del silenzio
che rallenta la mente
galleggia in spazio senza tempo
l’impensato
io
ho aperto la porta e buttato la chiave
le mani hanno posato sul tagliere
un pane tondo e morbido
che attende
al buio
ed io – con lui
il lievito
Tu puoi
aver leccato il miele
dal favo
bevuto il latte
dal cocco
succhiato il nettare
dal fiore di magnolia
ma se non hai sfiorato
con un bacio
le labbra dell’amato
il dolce non conosci
Giovanna
GenTilini
Il lIevIto
della poesIa
In questi versi vi è
il fermento di un
sentimento sincero
che fa crescere il senso
del tempo, della famiglia,
dell’amicizia
di luca Benassi