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Numero 4 del 2011

Noi uomini sull'orlo di una crisi


Foto: Noi uomini sull'orlo di una crisi
PAGINA 31

Testi pagina 31

GRAZIE
AMNESTY

Alcuni messaggi di ringraziamento di persone liberate

“La solidarietà che abbiamo ricevuto da centinaia di associazioni femminili, or-
ganizzazioni per i diritti umani e da singoli uomini e singole donne che hanno a
cuore la giustizia, e stata decisiva per costringere la pubblica accusa a fare un
passo indietro. E chiaro che questo atteggiamento illegale e arrogante delle auto-
rità del Nicaragua potrà continuare. Ma vogliamo che sappiate che, anche di fronte
a minacce, ricatti e intimidazioni, le nostre parole non saranno ridotte al silenzio.
Alle nostre famiglie, alle nostre colleghe, ad Amnesty International... Grazie! Con-
tinueremo a lottare per difendere i diritti umani delle donne del Nicaragua con an-
cora più determinazione e impegno.”

(Otto attiviste per i diritti sessuali e riproduttivi delle donne del Nicaragua)

“Grazie per esservi occupati di me!”

(Zahra Salih, attivista del Movimento del Sud, un'organizzazione che chiede la fine
della discriminazione delle popolazioni meridionali dello Yemen, rilasciata l'11 gen-
naio 2011. Arrestata l'8 novembre 2010 era stata trattenuta in isolamento nella
sede del Dipartimento per le indagini criminali di Aden. Dall’inizio delle proteste,
nel 2007, il governo ha ucciso decine di manifestanti e arrestato migliaia di per-
sone, tra promotori e partecipanti alle proteste pacifiche).



stre in Italia. Mi sono trasferita poi dalla Germania a Bo-
logna, e c’è stata una “parentesi” per fare due figli, mo-
mento in cui è difficile coniugare attività lavorativa,
familiare e il volontariato. Nel 2001, con i bambini un
po’ più grandi, ho sentito la necessità di un impegno ul—
teriore. Ogni persona ha bisogno di sentire di poter cam-
biare il mondo, di essere utile in qualche modo per lo
sviluppo delle idee in cui crede, di fare qualche azione
concreta nella società. Mi riconosco pienamente nella vi-
sione e missione di Amnesty, il cui motto potrebbe es-
sere sintetizzato così: “tutti i diritti umani per tutti”. Se
ognuno porta il suo piccolo contributo, attraverso cose
anche molto semplici come inviare una lettera, essendo
tanti abbiamo una grande forza. Ho voluto contribuire
prendendomi delle responsabilità in prima persona,
sono entrata nel comitato direttivo nel 2004, mi sono
candidata nel 2009, e sono diventata Presidente con
l’idea di portare un contributo femminile. A volte è dif-
ficile trovare candidate, perché come donne abbiamo re-
sponsabilità in molti campi. Non è facile trovare il tempo
e le energie per impegnarsi in un ruolo politico. Da parte
mia, che sono una donna normale, ho sentito la respon-
sabilità di far vedere che si può fare.

Guardando la situazione mondiale, dal Nordafrica,
alla Birmania solo per fare due esempi, con le nuo-
ve rivoluzioni, le dittature, le proteste, i movi-
menti... Che effetti possono avere qli avvenimen-
ti di questi giorni rispetto ai diritti umani?

[...] questo fermento di libertà è la dimostrazione che
qualcosa sta cambiando, Questo contagio che si tra-










































smette da un paese all’altro grazie ai giovani, grazie ai
nuovi mezzi di comunicazione e informazione, che coin-
volge anche molte donne in paesi dove i diritti delle
donne sono spesso fortemente violati, sono di stimolo
per azioni politiche nuove.
Queste piazze fanno ripensare all’89, a Budapest, Ber-
lino e Bucarest - e purtroppo anche alla Cina di Tienan—
men; ora siamo con il fiato sospeso, mentre si sta
sviluppando un’escalation di violenza in Libia. Però spe-
riamo che dalla Tunisia all’Egitto, come nell’89 in Eu—
ropa, prevalga quel sentimento di libertà che ha fatto
crollare il Muro di Berlino. È una stagione storica in cui
c’è una grande responsabilità dell’Europa. Allora ebbe
un ruolo positivo di aiuto e sostegno concreto, ed è que-
sto che occorre ora in Nordafrica. Non serve creare
paure inutili dicendo che arriverà un flusso di rifugiati,
ma serve intanto agire sull’emergenza umanitaria, at-
trezzarci per aiutare e accogliere con dignità le persone.
Contemporaneamente, aiutare questi paesi a costruire
istituzioni democratiche e possibilità economiche, per-
ché i conflitti nascono dove non vengono rispettati i di-
ritti umani: i diritti civili e politici ma anche quelli
economici e sociali. L’Europa ha il dovere e l’interesse
che questi paesi possano godere di uno sviluppo paci-
fico, perché creare barriere culturali non aiuta a costruire
un rispetto reciproco. Non serve reagire pensando solo
alla sicurezza e alla difesa di una fortezza fatta anche di
privilegi - Dobbiamo reagire pensando ai diritti univer-
sali per aiutare a costruire un mondo migliore. I
Versione integrale su wwwnoidonneorg
Altre info su wwwamnestyit



IL 28 MAGGIO 1961,
CON LA PUBBLICAZIONE DI QUESTO
APPELLD SULLA PRIMA PAGINA
DELL’UBSERVER, NACGUE
AMNESTY INTERNATIÙNAL

“Aprite iI vostro quotidiano un qualsiasi giorno della settimana e troverete
la notizia di qualcuno, da qualche parte del mondo, che è stato imprigionato,
torturato o ucciso poiché le sue opinioni e la sua religione sono inaccetta-
bili per i| suo governo. Ci sono milioni di persone in prigione in queste con-
dizioni, sempre in aumento. || lettore del quotidiano percepisce un fastidioso
senso d’impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto ovunque nel mondo
potessero essere uniti in un'azione comune qualcosa di efficace potrebbe es-
sere fatto”.



Peter Benenson,” I prigionieri dimenticati”, The Observer, 28 maggio 1961



Elemento catalizzatore fu Io sdegno di Benenson per la notizia dell'arresto
di due studenti che avevano brindato alla libertà delle colonie portoghesi,
in un bar di Lisbona. E per questo “crimine”, iI governo Ii condannò a sette
anni di prigione.

noidonne | aprite | 2011


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