Numero 1 del 2014
DemoBoom, vivere un pianeta affollato
Testi pagina 45
39Gennaio 2014
di Mirella Mascellino
Rita Spartà è una donna di 48 anni, di Randazzo, un paese alle pendici dell’Etna fra le province di Catania e Messina. Da vent’anni la sua famiglia è formata da solo donne: lei, la madre, Carme-
la Lo Castro, 65 anni e la sorella, Daniela, di 40 anni
(oggi madre anch’ella). Il 22 gennaio 1993 un comman-
do di dieci uomini ha sterminato la metà della famiglia
di Rita Spartà: il padre Antonino, di 57 anni e i due fra-
telli Vincenzo di 27 anni e Salvatore di 20 anni. Erano
pastori e si erano ribellati al pagamento del pizzo. Una
vita che cambia per sempre quella di Rita. Da vent’anni lei,
sua madre e sua sorella inseguono il processo che vede
alla sbarra solo un colpevole, il quale ha persino ottenuto
la revisione del processo. In quel giorno di gennaio del
1993, in contrada Stradella a Randazzo, il commando fece
fuoco con dei fucili a pallettoni, sterminando i tre uomi-
ni Spartà. L’omicidio degli Spartà fu reso noto il 16 aprile
1997, quando Rita intervenne al Maurizio Costanzo Show,
raccontando di avere denunciato gli assassini dei suoi fa-
miliari. Il processo non è ancora stato concluso, benché
dopo le denunce, all’epoca, furono arrestati tre uomini, di
cui solo uno è stato condannato all’ergastolo.
Rita è un’infermiera. Accetta volentieri qualche invito per do-
nare la sua testimonianza, raccontando la tragedia che le ha
cambiato la vita. A lei ho posto qualche domanda.
Come era Randazzo all’epoca dell’omicidio di tuo padre e
dei tuoi fratelli? Si parlava di mafia?
Veramente no. La nostra vicenda ha acceso i riflettori sulla
mafia a Randazzo. Tramite il nostro caso abbiamo comin-
ciato a sentire parlare di alcuni clan, per esempio i Lauda-
no, i Cappello, il clan dei Tortoriciani che hanno serie fonda-
menta nel mio paese che per posizione geografica funge
da crocevia, unendo le province di Messina e Catania.
Quando pensi ai tuoi fratelli e a tuo padre, sei orgoglio-
sa di loro?
Sono la nostra forza, la nostra speranza e il nostro stimolo
Gli Spartà
che diSSero
No al pizzo
Una storia da non dimenticare
per andare avanti. Pensare a mio padre, un uomo forte, e ai
miei giovanissimi fratelli, non è facile ancora oggi accettarne
la sorte che la vita ha riservato loro.
Ma c’era stato qualcosa che facesse temere la tragedia?
Avevano paura?
Paura no. Era successo che avevano rubato i greggi, più
di una volta, anche i mezzi in campagna. Probabilmente
per intimidirli. Ma i miei familiari non avevano paura e non
cedettero al pagamento del pizzo. Ci fu un episodio, per
noi emblematico, ovvero mio fratello si accorse di un furto
di un’auto e denunciò telefonando alle forze dell’ordine. Se
avesse avuto paura non l’avrebbe fatto.
Voi avete paura, avete subito minacce dopo la denuncia?
Si, ma siamo andate avanti. Abbiamo denunciato subito e
affrontiamo ogni giorno la realtà. Ci capita di incontrare gli
assassini dei miei familiari che sono ancora liberi. Incro-
ciamo i loro sguardi. Li vediamo per strada. Mia sorella,
lavorando al comune, è quella che se li ritrova spesso di
fronte. Ma anche a me sono capitati dei brutti momenti,
dovuti al loro incontro.
A tutte e tre domandiamo come si sopravvive a un dolo-
re così grande?
É dura, si vive male. Ci fa sopravvivere la rabbia e la voglia
di giustizia. Pensare alle vite spezzate dei nostri uomini è
un dolore immenso. Io e mia madre scoprimmo la trage-
dia, quel pomeriggio di vent’anni fa e ci trovammo di fronte
quella la scena terribile, come una doccia fredda. Erava-
mo andate a cercarli in campagna poiché non tornavano a
casa e trovammo l’orrore. Abbiamo cercato di proteggere
mia sorella che era la piccola ed era la cocca di papà, ma
non è stato semplice e forse non ci siamo riuscite. All’inizio
ero soltanto io a seguire tutto da vicino, ma adesso siamo
tutte e tre insieme, unite per avere giustizia.