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Numero 1 del 2014

DemoBoom, vivere un pianeta affollato


Foto: DemoBoom, vivere un pianeta affollato
PAGINA 29

Testi pagina 29

nel luglio del ‘44 a Napoli, sotto l’impulso proprio di Nadia Spano,
esce il primo numero uffi ciale che costa 4 lire e che viene stampato
in 18.000 copie. Dal terzo numero in poi la redazione si trasferisce a
Roma sotto la direzione di Vittoria Giunti.
La situazione politica dell’Italia muta ogni giorno e così anche il giornale: cambiano la carta, il colore, i caratte-ri, il formato, la periodicità. Tanta è la voglia di stam-
pare che lo si fa di notte quando arriva la corrente elettrica,
occupandosi di tutto, dall’impaginazione agli articoli. Non
sono giornaliste le prime firme di Noi donne, ma pur igno-
rando cosa sia un menabò e dovendo superare enormi diffi-
coltà economiche, sono sempre pronte a raggranellare qual-
cosa per riuscire a stampare e diffondere più copie possibile
affinchè tutte le donne si sentano ugualmente protagoniste e
coinvolte. L’editoriale dell’epoca intitolato “Il nostro compi-
to” richiama le donne ad agire e a farsi carico dei problemi
dell’Italia. “E’ proprio perché il popolo italiano, e le donne in
particolare, non si sono interessate sufficientemente di poli-
tica che il governo dell’Italia è caduto nelle mani di una banda
di avventurieri e di profittatori con Mussolini alla testa”, si
legge sul giornale. Occorre dunque rimediare e le militanti
dei GDD danno vita a quello che diventerà l’UDI – Unione
Donne Italiane a cui il giornale resterà fortemente legato
per molto tempo. I circoli nati su tutto il territorio naziona-
le si riuniscono per la prima volta a Roma per il 1° Consiglio
Nazionale che si tiene il 13-14 gennaio del 1946. Guardano
dentro i loro animi le donne dell’UDI, ma i loro occhi corrono
oltre i confini nazionali. Le donne degli altri paesi vengono
raccontate con estrema attenzione, a partire dalle sovietiche,
fino a quelle dei paesi del “Sud del mondo”, dove aumentano
diritti e tutele. Le donne italiane, guardando ciò che succede
oltre i confini, chiedono a gran voce la pace (minacciata dal
Patto Atlantico), la lotta all’analfabetismo femminile, l’or-
ganizzazione sindacale per ottenere migliori condizioni di
lavoro nelle fabbriche e nei campi, la tutela della maternità
della donna lavoratrice. Una prima grande vittoria sono le un-
dici donne delle fila dell’UDI elette nella Costituente: Adele
Bei, Lina Merlin, Rita Montagnana, Elettra Pollastrini, Maria
Maddalena Rossi, Olga Monsai, Teresa Noce, Nilde Iotti, Na-
dia Spano, Angiola Minella, Teresa Mattei (venticinquenne,
la più giovane “deputatessa” italiana). A loro è affidata la bat-
taglia per l’approvazione di una Costituzione che affermi la
parità giuridica in ogni campo e il diritto al lavoro e all’accesso
a tutte le professioni e le carriere.
Iniziano ad apparire sulla rivista le prime rubriche fi sse come “15 giorni in Italia e nel mondo” che proponeva un riassunto delle notizie più calde, “mia moglie” con le confessioni di un
marito sul menage familiare, “Torino-Trapani/Trapani Torino”
con le segnalazioni che venivano da nord a sud dai vari circoli
UDI, poi ovviamente le pagine dedicate alla moda, alle ricette, e
al cinema con la rubrica “Colpi di obiettivo”. Il tema chiave era
comunque sempre il lavoro delle donne e le lotte affi nché tutte
avessero diritto ad un impiego, pagato equamente e che desse loro
soddisfazione. È con grande felicità che la rivista saluta una prima
grande conquista: la deputatessa Teresa Noce da dirigente sinda-
cale della Federazione Italiana degli operai tessili era riuscita a far
ottenere alla categoria il primo contratto nazionale in cui diminu-
iva il differenziale salariale tra operai uomini (100.000 circa) e le
donne (oltre 400.000) e l’indennità per la maternità, stabilita in
3 mesi prima del parto e sei settimane dopo il parto, passava dal
66 al 75% della retribuzione. Ma molte sono le denunce proprio
su Noi donne delle condizioni di lavoro massacranti delle dome-
stiche (spesso suicide), delle mondine, delle gelsominaie, delle
contadine e delle operaie.
Le redattrici di Noi Donne, quasi sempre donne impegnate in prima
persona nella battaglia politica, entrano nelle fabbriche e ne raccon-
tano le pessime condizioni igieniche nonché i cattivi rapporti con
i datori di lavoro pronti a licenziare chi tra le operaie alzava la testa
chiedendo maggiore dignità. E’ il 1948 e le donne del Fronte Demo-
cratico Popolare entrano in Senato (saranno in 4 mentre la DC non
eleggerà nessuna donna senatrice) e alla Camera (ventuno le elette
contro le 14 della DC). Le donne della sinistra dunque si sentono più
forti e rappresentate in Parlamento, e ben presto il giornale inizierà
un duro attacco al governo De Gasperi, accusato di non riuscire ad
aiutare le famiglie, gli anziani e i disoccupati. “La miseria è un fatto
di cronaca? Si chiedono su Noi donne e così argomentano commen-
tando i suicidi e i gesti disperati compiuti da cittadini senza lavoro: “I
giornali “indipendenti” si limitano a considerare questi tragici episodi
come dei semplici ed insignifi canti fatti di cronaca quotidiana”. La
critica è pungente e mai velata sulle pagine della rivista e gli obiettivi
sono il Governo, le deputate democristiane “ben vestite ma imprepa-
rate” e la polizia, accusata di utilizzare metodi repressivi e squadristi
per reprimere le giuste lotte per la tutela del lavoro e le riforme. Il
1950 si chiude dunque con un po’ di amarezza per quello che in Italia
era stato salutato come il governo della ricostruzione. Le donne però
hanno ormai preso la parola e possiedono uno strumento diffuso su
tutto il territorio nazionale, che dialoga con loro per assicurarne la
partecipazione politica e la tutela dei diritti.u
NOI DONNE
E L’UDI
A SERVIZIO
DELL’INFANZIA
Una bellissima storia di
solidarietà avviene nell’Italia
dell’immediato dopo guerra,
che Noi Donne racconta sin
dai primi numeri. Migliaia di
bambini del sud Italia, orfani di
caduti in guerra, fi gli di reduci e
di famiglie poverissime che non
possono mantenerli, verranno
affi dati temporaneamente a
famiglie del centro-nord. Le
donne dell’UDI erano in testa
alla macchina organizzativa
che coordinava i movimenti dei
piccoli, accompagnandoli al
treno, andando ad accoglierli e
tenendo i contatti tra le famiglie.
Una gigantesca operazione
di solidarietà che ha destato
l’interesse del regista Alessandro
Piva, che ha raccontato questa
storia nel documentario PASTA
NERA, in cui compare anche
Miriam Mafai, direttora di Noi
Donne dal 1964 al 1970.
CURIOSITÀ:
LA TIPOGRAFIA
Quando nel 1944 la redazione
di Noi Donne si spostò da
Napoli a Roma dopo l’uscita
dei primi due numeri uffi ciali,
bisognava trovare un nuovo
posto dove far stampare
il giornale. Nessuna delle
redattrici dell’epoca se ne
intendeva di tipografi a essendo
tutte attiviste politiche. Il
tipografo che ebbe la ventura
di incontrare questo gruppo
di giovani combattenti
improvvisate alla guida di un
giornale fu Alcide Mengarelli
che aveva la sua bottega in uno
scantinato nel quartiere Prati di
Roma. Si racconta che spesso
si arrabbiasse con le redattrici
che, ignorando le regole
della stampa con il piombo,
scrivevano titoli e pezzi sempre
troppo lunghi. Lui le invitava
a ridurre i caratteri, ma non
c’era verso di far cambiare
loro idea....Il loro incontro ha
portato fortuna ad entrambi:
a distanza di 70 anni, anche
la tipografi a Mengarelli esiste
ancora, ed è gestita dagli eredi
di Alcide, nello stesso quartiere
dove sorgeva il vecchio
laboratorio!
da 70 anni NOIDONNE guarda al futuro


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