Numero 1 del 2014
DemoBoom, vivere un pianeta affollato
Testi pagina 17
15Gennaio 2014
del lavoro - ma senza esserne obbligati - sia nella società.
Questo è quello che dovremmo fare perché l’invecchia-
mento diventi una sfida che ci consente di vivere di più
e meglio e non un cataclisma che rischia di diventare un
processo talmente negativo da farci arrivare ad età avan-
zate sempre più tristi, poveri e preoccupati per il futuro.
Sta evocando nuove ipotesi organizzative dell’organiz-
zazione del welfare e del lavoro, ipotesi che richiedono
cambiamenti profondi. Come creare la coesione socia-
le necessaria?
È una questione che dobbiamo affrontare. L’Italia, pur es-
sendo uno dei paesi che invecchia di più, sinora ha fatto
poco per valorizzare la popolazione anziana. Come farlo?
Migliorando il contesto produttivo e le condizioni nel mer-
cato del lavoro, consentendo ad un 55enne che vuole
continuare a lavorare di poterlo fare con passione e con
le competenze che gli vengono riconosciute e valorizzare,
facendo in modo che ciascuno possa scegliere anche di
cambiare mansioni o orario di lavoro. Insomma occorre or-
ganizzare un contesto lavorativo che si adatti alle compe-
tenze e alle esigenze della persona. Ma accanto a questo
occorre un sistema di welfare che sia visto come un investi-
mento sociale verso le persone, incoraggiandole ad esse-
re attive e dando gli strumenti per poterlo fare, investendo
nella conciliazione tra lavoro e famiglia considerando che
ci sarà un sempre maggiore carico di anziani non autosuffi-
cienti con una sempre più crescente domanda di cura. Ab-
biamo di fronte una serie di sfide che dobbiamo affrontare
con coraggio e responsabilità trovando le risposte, a livello
politico, non solo attraverso il welfare pubblico ma anche at-
traverso la mobilitazione più generale del Terzo Settore, del
privato e di tutte le energie e potenzialità che questo Paese
ha e che può ancora mettere in gioco positivamente per un
futuro che possa continuare a migliorare.
L’idea di flessibilità che descrive è diversa da quella
che stiamo conoscendo…
È una flessibilità che va a favore delle persone e non che
si rivolge loro contro, come è accaduto sinora. Le riforme
che sono state fatte hanno posto vincoli e obblighi e han-
no complicato la costruzione virtuosa del percorso di vita,
soprattutto se pensiamo ai giovani e alle donne. Abbiamo
bisogno di un concetto opposto di flessibilità, che parta da
ciò che serve alle persone per fare meglio e di più quello
che desiderano cogliendo ciascuno opportunità diverse
in contesti diversi. La flessibilità che occorre è quella che
consente di poter scegliere tra varie possibilità e adattarle
in funzione dei propri obiettivi di vita o delle proprie com-
petenze. Questa è la flessibilità che consente alle persone
di fare di più e meglio ed è quello che serve per continuare
a crescere e a produrre non solo benessere economico
ma anche relazionale, che è sempre più importante per la
qualità della vita delle persone e delle famiglie.
Le donne sono più longeve, nonostante su di loro gravi
un carico di lavoro maggiore. Come le vede in questa
sua analisi?
Tutto quello che diciamo vale ancora di più per le donne,
protagoniste di questo grande processo di cambiamento sia
perché vivono più a lungo sia perché vivono le difficoltà di
valorizzazione nel mondo del lavoro; inoltre il sistema di wel-
fare e di conciliazione che non funziona pesa soprattutto su
di loro. Quindi la sfida parte proprio dal mettere soprattutto
le donne nelle condizioni di fare meglio e di più nella costru-
zione del proprio percorso di vita. Questo è certamente uno
degli aspetti su cui l’Italia, soprattutto culturalmente, deve
cambiare. È indispensabile, a tal fine, che cambi la classe
dirigente. E se le sfide riguardano soprattutto le donne allora
va considerata un valore aggiunto la sensibilità femminile e
la capacità di mettersi in sintonia con le difficoltà quotidiane.
Non solo donne come destinatarie di politiche, quindi, ma
donne consapevoli che producono soluzioni per far funzio-
nare meglio questo Paese ad ogni livello.
Se le previsioni demografiche ci prospettano un futuro
sempre più popolato di anziani ci aspetta un’era ‘ge-
rontocratica’ destinata a schiacciare i giovani?
Questo è un rischio, soprattutto perché la popolazione
che invecchia aumenta il peso dell’elettorato anziano e
quindi si riduce quello dei più giovani; conseguentemente
anche la politica tende a spostare gli interessi ed essere
più attenta alle esigenze delle vecchie generazioni. È un
po’ quello che è successo in Italia, accentuato anche dal
fatto che la classe dirigente stessa ha una età media molto
maggiore rispetto a quello degli altri Paesi.
Come si esce da questa situazione?
Riattivando sani meccanismi di ricambio generazionale.
Intanto per inserire dei giovani ma, poiché un giovane non
necessariamente è migliore di un anziano, anche per con-
sentire a chi ha capacità e competenze di essere valoriz-
zato senza vincoli particolari. Favorendo la possibilità per
ciascuno - uomo o donna, indipendentemente dall’appar-
tenenza sociale e dalla famiglia di provenienza, giovane o
anziano - di trovare promozione in base alle sue doti e alla
sua voglia di fare arrivando ad occupare il posto in cui può
fare di più e dare il suo meglio. Questo attualmente per le
donne e per i giovani non succede in Italia. Ed è una rivo-
luzione che ancora dobbiamo compiere. v
Videointervista su: http://www.streamago.tv/general/24619/