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Numero 6 del 2014

Cultura e futuro, Addio


Foto: Cultura e futuro, Addio
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Testi pagina 7

5Giugno 2014
gravidanza. Anche la fecondazione assistita e la ricerca del
dna non sono prive di ombre giuridicamente inquietanti. An-
che il riconoscimento delle coppie omosessuali comporta
rifl essione su nuove genitorialità. La libertà sessuale è, al-
meno potenzialmente, completa; ma il corpo sta diventan-
do merce, dalla pubblicità alle prestazioni adolescenziali
prive di erotismo. Le convivenze sono transitorie o durevoli
senza nuova etica delle responsabilità personale e sociale;
i matrimoni religiosi cedono al divorzio rotale, la natalità ri-
sponde a strana cultura del desiderio. Mancano gli appro-
fondimenti culturali e l’educazione alla vita di coppia e della
piccola comunità che si chiama ancora “famiglia”.
Noi donne che cosa ci facciamo lì dentro?
Gli Stati continuano a fare della famiglia, cioè di noi, il più
funzionale degli ammortizzatori sociali, mentre partiti, sin-
dacati, enti e governi continuano a chiedere e ad erogare
“nuovi interventi per la famiglia” senza chiedersi se la fami-
glia è contenta di riduzioni fi scali che non compensano
neppure le spese scolastiche dei fi gli o se preferirebbe ser-
vizi e misure per incentivare il lavoro femminile, come richie-
sto dal censore europeo. La maternità condizionata dimo-
stra che la libertà femminile vale zero. Fa rumore la notizia
ricorrente che in India, in Cina o in Africa nascono meno
bambini del previsto come se con l’accesso alla contracce-
zione, le donne vogliono fare meno bimbi e farli studiare. Se
fossimo ovunque una risorsa politica - a prescindere dalla
sopravvivenza della famiglia - il ben vivere sarebbe la prio-
rità e anche una ministra della difesa si occuperebbe prima
degli asili nido e dopo degli F 35: il nostro riformismo non è
l’adeguamento al modello unico. ?
IDEE
di Catia Iori
Non esiste solo la violenza fi sica di cui si parla sempre mai abbastanza. Esiste pure - ed è molto più subdola ma diffu-sissima - anche la violenza manipolatoria che nell’ambito di
relazioni malate (che spesso si “trascinano” impunite anche per mol-
to tempo), si scambia per amore quello che amore non è: perché
quello che lascia i segni sulla pelle, sulle ossa oltre che nell’anima,
quello che crea continuamente grandissimo dolore certamente non
lo è. L’amore non è mai sopraffazione. Nell’ambito della triste e odio-
sa casistica di botte, occhi neri, braccia fuori uso, costole rotte, urla,
alcool, droga, piatti rotti, un settore sfortunatamente non “di nicchia”
è rappresentato da una manifestazione molto più subdola (e direm-
mo anche viscida) di violenza, che spesso non lascia segni esteriori
sulla pelle della malcapitata (o del malcapitato), a volte è invisibile (o
diffi cilmente ravvisabile) da parte dei familiari o dei conoscenti (di-
nanzi ai quali, per molto tempo, il nostro personaggio squallido si tra-
veste da pecorella indifesa, anziché da lupo dotato di denti aguzzi),
in un vero e proprio “festival” della falsità e della vigliaccheria. Cono-
sco giovani ragazze ma anche donne più mature sposate da tem-
po che fanno fatica a distinguere la vischiosità di una relazione che
dopo un lasso di tempo di amoroso non ha sostanzialmente più nulla
ma che alita continuamente tensione e prepotenza. Fra le molestie
morali rientrano il rifi uto dell’altro, la derisione, il disprezzo fi no alla ne-
gazione della stessa esistenza, della donna che magari continua ad
incassare e fare fi nta di niente per non rompere la relazione ma che
giorno dopo giorno fa poi i conti con l’umiliazione di vedere denudati
di ogni valore i suoi stessi sentimenti. Si tratta di una subdola forma di
manipolazione psicologica (una sorta di plagio) che produce danni a
livello psico-fi sico, che possono essere ugualmente molto gravi, e in
alcuni casi anche più profondi di quelli connessi alla violenza fi sica.
Di queste storie perlopiù si parla soltanto quando la violenza psico-
logica diventa (come molto spesso succede quando la vittima fati-
cosamente pone o tenta di porre termine alla relazione malata) vero
e proprio stalking. Quando tuttavia la donna non ne parla, il perverso
circuito si trasforma in disistima di sé, depressione e rabbia repressa
che nuoce pesantemente sia alla salute fi sica che a quella mentale.
Meglio stare sole allora piuttosto che doversi misurare con questi tipi
di relazioni. Ci può essere prevenzione in questo particolare settore?
Nell’ambito dei rapporti interpersonali la parola d’ordine deve esse-
re “rispetto”, che di per sé è antitetico rispetto all’individualismo e
alla prepotenza. Ma il primo antidoto contro la violenza psicologica
è l’amore (quello sano) per sé stessi, e di conseguenza il recupero
dell’autostima. Come è stato effi cacemente scritto in un bel libro “non
si maltratta, però, solo il prossimo. Ci manchiamo di rispetto e ci fac-
ciamo del male quotidianamente in molteplici modi. Uno di questi
consiste, appunto, nel non farci rispettare”.
AMORE NON È MAI
SOPRAFFAZIONE
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