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Numero 6 del 2014

Cultura e futuro, Addio


Foto: Cultura e futuro, Addio
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Testi pagina 19

17Giugno 2014
intrapreso per sostenere l’identità culturale dei connazio-
nali. Ricordiamo, a titolo di esempio, le manifestazioni per
il 150esimo dell’Unità, la mostra “donne e mafia” e la fon-
dazione di una biblioteca italiana, in cui il sostegno e l’aiuto
logistico dell’Istituto è stato fondamentale - mentre quello
finanziario è sempre venuto da parte tedesca. Se queste
iniziative verranno, come è prevedibile, ridotte per la man-
canza dell’Istituto, ne soffrirà anche la collaborazione con
la città, le sue istituzioni e le fondazioni che finora ci hanno
sostenuto. È impensabile che questo non comprometta i
buoni rapporti e i contatti che in decenni di volontariato ab-
biamo stabilito con i tedeschi, i quali non possono capire
che si metta a rischio tutto ciò per un risparmio di 110.000
€ all’anno. Equiparare gli stipendi dei manager pubblici
italiani a quelli della Repubblica Federale (dove la can-
celliera ha un mensile di 13.000 € circa) è la prima cosa
che viene in mente a un tedesco. Che invece si preferis-
ca chiudere un Istituto di Cultura non farà che rafforzare i
pregiudizi sull’inaffidabilità delle istituzioni dell’Italia e del
suo governo. Nel rivolgerci a Lei, che ha dimostrato una
particolare sensibilità per il tema della scuola e della cul-
tura, non possiamo fare a meno di sottolineare che quel
divario storicamente presente in Italia tra una massa che
non legge ed una elite intellettuale che non ha pari in Eu-
ropa - confermata giustappunto da una indagine della UE
di qualche anno fa - si è riprodotto pari pari tra gli italiani
in Germania. A fronte di una maggioranza incolta abbiamo
oggi un numero di ricercatori e professori che lavorano
nelle università tedesche secondi solo ai cinesi e davanti
agli austriaci, francesi e inglesi. Se a questi aggiungiamo
la nuova emigrazione di laureati in cerca di occupazione,
avremmo ora le persone adatte a fare da tramite tra le istitu-
zioni locali e gli emigrati poco scolarizzati, una situazione,
per noi nuova, che ha agevolato la crescita di altre nazio-
nalità. A queste condizioni potremmo continuare più profi-
cuamente il nostro lavoro per la crescita culturale e sociale
della comunità italiana - che rimane comunque una risorsa
economica importantissima per il marchio italiano in tutti i
campi, come hanno riconosciuto già precedenti governi -
ma per questo è inderogabile che continui ad esistere chi
ci rappresenta, aiuta e sostiene nella nostra identità di ori-
gine storica e culturale, l’Istituto Italiano di Cultura.
Liana Novelli, Presidente di Piazza Francoforte e.V.
Francoforte, 26 marzo 2014
Piazza Francoforte e.V.- c/o Comunità italiana
Bettina Strasse 26 - D-60325 Frankfurt
OTTO ISTITUTI DI CULTURA ITALIANA
PER UN PIATTO DI LENTICCHIE
L’INDIFENDIbILE bARATTO
DEL MINISTERO
“Guardate, Signori, noi viviamo in un paese veramente
speciale... Ci ho una soddisfazione addosso che non resi-
sto!” diceva Benigni riferendosi con orgoglio al nostro pa-
trimonio culturale. È comprensibile il suo compiacimento,
perché “non si possono contare i regali che il cielo ha fatto a
questo paese ‘piccinino’ nel mondo”, regali che a sua volta
l’Italia ha devoluto al globo con altrettanta generosità. Que-
sta è l’importanza del nostro patrimonio culturale italiano.
Tuttavia, è vero anche che l’Italia non sa rivivere di sola
gloria passata; ed è per questo che guardare indietro ad un
passato così trionfale, oggi, in questa crisi generale (e non
solo economica) dà per forza qualche vertigine.
I criteri della spending review del Ministero degli Esteri sono
(inevitabilmente?) perentori ed austeri. Otto Istituti Italiani di
Cultura saranno chiusi entro l’estate. Nessuna rappresen-
tanza culturale italiana, in altre parole, sarà più incentivata
nelle metropoli di: Ankara, Vancouver, Francoforte, Lione,
Stoccarda, Lussemburgo, Salonicco e Wolfsburg. Gravi,
le perdite, ma ben più gravi i sintomi dell’impoverimento,
come direbbe l’UNESCO, “immateriale”.
Gli Istituti Italiani di Cultura sono proprio quei luoghi pubblici
in cui la bellezza dell’italianità viene rimessa in circolazione,
e rianimata attraverso il cinema, la letteratura, l’arte figura-
tiva, la scienza.
Non si tratta, sia inteso, solo di Istituti in cui campeggia-
no i grandi “busti” dei nostri defunti padri e patrioti, ma si
tratta di ambienti in cui un qualunque cittadino interessato
può in ogni momento incontrare l’Italia e gli “italiani di oggi”:
registi, attori, uomini e donne di teatro e di letteratura che
sono, attualmente, fautori e difensori di quello che ancora
siamo - senza soluzione di continuità, a partire dalla nostra
tradizione.
Premesso che è molto difficile fare i conti in tasca allo Stato,
e dato per scontato che molte scelte politiche sono di fatto
“scelte di campo”, ci si può domandare a ragione se valga
la pena, per l’Italia, risparmiare circa 800mila euro l’anno al
prezzo di questa mortificazione culturale. La risposta della
nostra schiera di colti e intellettuali è ovvia, obbligata, ma
anche onesta, si direbbe: scandalizzata.
In effetti, una misura finanziaria e governativa di questo te-
nore è miope, più che altro. Specie se si pensa che, stori-
camente e generalmente, non c’è mai stato altro nutrimento
che la cultura per corroborare un paese in fin di vita. Un
paese, cioè, che ha un disperato bisogno di idee, di “rina-
scimenti”, di vigore mentale e intellettuale.
Marta Mariani


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