Numero 6 del 2014
Cultura e futuro, Addio
Testi pagina 26
24 Giugno 2014
Siamo tutti alla ricerca di madri e padri, chi più chi meno. È un periodo di relazioni parallele in cui si cer-cano mentori, punti di riferimento stabili e affidabili.
I leader fanno paura: sono troppo aggressivi e poco affet-
tivi: meglio rifugiarsi come ci indica la fascia di più giova-
ni nelle relazioni private se ci possono dare sostegno e la
giusta dose di amore. Tuttavia sentiamo, a essere sinceri,
che dobbiamo tornare noi donne in primis ad occuparci
della qualità delle relazioni. E non mi sto riferendo chiara-
mente solo a quelle sentimentali, ma a tutta la cura che in
generale attraversa la nostra vita. La tendenza di oggi in-
vece, ce ne stiamo accorgendo solo ora, è quella di affidare
i nostri bambini alle baby sitter, gli anziani alle badanti, la
casa alle colf, la preparazione del cibo alle gastronomie, le
feste dei bambini alle agenzie che se ne incaricano, persi-
no i matrimoni a ben vedere. Insomma l’attenzione all’altro
è diventata merce dove l’unico generatore simbolico è il
tempo pagato col denaro e deferito ad altri che non sia io.
Ma la mia domanda è: quante parti della nostra vita intima,
familiare ed emotiva vengono vissute da altri? e qui penso
all’educazione dei bambini affidati a quelle strutture, nidi
e asili, scelti non in base a criteri educativi,
ma quasi esclusivamente in base al tempo
in cui trattengono i nostri piccini, penso
agli adolescenti affidati alla scuola di cui ci
si occupa solo in ordine ai voti o ai risultati,
penso ai genitori separati che non si occu-
pano dei problemi di crescita perché ci pen-
seranno gli psicologi. Penso a quelle coppie
dove l’assenza di comunicazione, la scarsa
dialogicità, il reciproco disinteressamento
viene supplito con regali all’occorrenza, con
l’offerta di qualche pizza al ristorante ultimo
grido, o con sette giorni di vacanze in paesi
esotici comprati low cost su Internet. Il de-
naro, infatti, guadagnato nel tempo sottratto
alla cura (ma nella cura c’è anche il vissuto
emotivo da cui ci dispensiamo, diventan-
do apatici quando non analfabeti emotivi),
può tutto. Può restituirci a pagamento tutto
quello che non abbiamo acquistato vivendo. Ma vi pare
possibile? A dissolvere la famiglia o la stabilità delle rela-
zioni affettive non è stata questa o quella ideologia ma la
competizione sfrenata che ha sottratto ai padri e alle madri
quell’unica cosa necessaria alla cura e alla crescita emoti-
va che è il tempo. Il mito dell’efficienza a tutti i costi che
il taylorismo aveva applicato alla catena di montaggio per
eliminare i tempi morti, oggi si è trasferita dalla fabbrica
alla famiglia, alle coppie in cui gli adulti e noi donne in par-
ticolare non abbiamo “tempo”. E allora viene in soccorso il
mercato, che con i suoi prodotti già pronti evita alla madre
di combattere con il suo bambino la scarsità di tempo. E
per toglierci i sensi di colpa le donne si affidano al tempo
qualità rivendicando il fatto che, insomma, alla fine ciò che
conta è quell’oretta passata insieme con serenità la dome-
nica, se intensamente voluta e condivisa. E invece il tempo
non è solo qualità è anche quantità di ore necessaria a fare
le cose insieme, a seguire i processi di crescita, a scoprire
i problemi, a creare quella base di fiducia per cui i genitori
“ci sono” non solo quando si compiono gli anni. Cura dei fi-
gli, cura degli anziani, cura delle relazioni familiari recipro-
che e di vicinato, cura della propria vita emotiva. Questo è
quanto ci manca. E se il mercato ci soccorre per tutto quello
che non riusciamo più a curare, non dimentichiamo che il
denaro non vale uno sguardo accogliente, una carezza tran-
quilla, un sentimento gravido di passione, un tratto umano
iscritto nel “prendersi cura” che come ci ricorda Heidegger,
è altra cosa del pro-curare qualcosa a qualcuno.
Life coaching
[ Quinta puntata ] di Catia Iori
IL MERCATO
DELLE
ReLaZioni
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