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Numero 2 del 2014

Piccoli stereotipi screscono


Foto: Piccoli stereotipi screscono
PAGINA 21

Testi pagina 21

19Febbraio 2014
IDEE
di Catia Iori
Abbiamo detto tanto e di tutto. Della violenza di genere, del genocidio, dell’”invidia del grembo” in tutte le su pos-sibili manifestazioni. TUTTE. Ho frequentato convegni
ideologici, giuridici, antropologici. Ho scritto pure io di parità,
di equilibrismi impossibili, di paura dell’amore con il genere ma-
schile. E tuttavia all’avvio di questo nuovo anno, il mio cuore si
sente costretto alla resa: è questo il destino ineluttabile che ci
aspetta, noi donne, noi tutte, in questo terribile momento storico?
Io continuo a vivere di speranza. Sarà ingenuo, sarà puerile ma
a me piace cosi. E noi donne che portiamo la vita ovunque, dob-
biamo pure ridare vitalità alla speranza, sennò tutto marcisce.
Possiamo e dobbiamo credere ancora che ci sia luce in fondo al
tunnel. Che ci sia consapevolezza gioiosa. Che le cose possano
un giorno cambiare, magari ammorbidirsi col tempo. L’amore è
possibile. L’armonia con un uomo è sia pure rara, fattibile. Quan-
do l’uomo smette di trasformarsi in arma perché sofferente e la
donna con pazienza e intelligenza sa amare se stessa e diventa
protettiva di sé e al contempo vigilante sugli scivoloni del suo
partner e quindi meno vulnerabile, potremmo forse ricominciare
da capo. Un cammino nuovo, insieme. Defi nitivo, fatto di rispetto
e di attenzione. Ci vuole semplicità per stare meglio e noi don-
ne intellettuali spesso perdiamo il gusto delle piccole cose che
nutrono la nostra anima. Occorre riscoprire la gioia della com-
plicità come il profumo del caffè che accompagna l’inizio delle
giornate radiose e signifi cative. Felici perché ce ne accorgiamo
e ne godiamo. Se solo i nostri compagni accettassero la loro fra-
gilità come parte preponderante del loro essere e cominciasse-
ro ad elaborarla, anziché trasformarla in dispotismo, arroganza,
invidia luciferina, si potrebbe pensare a una nuova straordinaria
rivoluzione sociale e umana. E se solo si cercassero un referente
maschile solido, una fi gura maschile di riferimento leale, forte,
amoroso, potente, potrebbero diventare uomini che si innamora-
no davvero delle donne perché cercandole, le rispettano, le ap-
prezzano, si alleano con loro e desiderano essere padri, fratelli,
mariti, compagni amorosi e autentici. Esiste “l’invidia del grem-
bo” ma c’è pure “l’invidia del pene”, non ne discuto ma occorre
ristabilire nel tempo una cultura della conoscenza e dell’amore
tra i sessi, una cultura rispettosa della differenza. Un nuovo patto
può nascere che permetta al maschio di riscoprire il femminile
che porta in sé e alla donna di fare altrettanto senza dimenticare
che l’origine primaria di ogni cosa buona è dentro di lei e nella
sua capacità di accettare i fi gli, maschi o femmine che siano!!!
dONNE
E uOmINI
‘NuOVI’
più che mai nella divulgazione delle idee, Dominici porta
un’esperienza quarantennale di lavori eseguiti sull’infan-
zia, nella sua attività privata, nella scuola, nel Tribunale. Il
presupposto da cui parte è chiaro: il corpo è il depositario
della memoria, è l’archivio dei fatti che vogliamo dimenti-
care, perché soprattutto da piccoli non siamo in grado di
rubricarli come buoni, cattivi, giusti, ingiusti, meritati, subìti.
E così rimangono lì, sotto l’epidermide, pronti a risvegliarsi
quando meno ce lo aspettiamo, spesso da adulti, quando
intorno a noi si verifi cano episodi che, quasi inspiegabil-
mente, ci prendono le viscere. E allora il corpo ci parla e se
siamo in grado di ascoltarlo, se abbiamo gli strumenti per
farlo, ci racconta. Con questa profonda convinzione, Do-
minici ha dato vita nel 1996 a Psicantropos, un progetto a
impostazione psicosomatica pensato per i bambini e cali-
brato sulla collaborazione tra insegnanti e genitori, giudica-
to d’eccellenza anche al Forum Europeo Urban Security
di Saragoza del 2006. Affi nato nel tempo e in varie scuole
di ordine e grado, ha di fatto anticipato ciò che l’attuale Ga-
rante per i Minori e l’Adolescenza richiede. “Io confi do nella
famiglia, ma anche nella scuola, in cui confl uiscono minori
italiani, stranieri, portatori di handicap. I bambini devono
essere abituati ad esternare le loro emozioni, a ‘disegnare’
il loro mondo, così da darci l’opportunità di cogliere nei loro
segni situazioni di affettività ordinaria e, anche, di degrado
straordinario. Solo così possiamo educarli al rispetto del
loro e dell’altrui corpo e delle loro e delle altrui preroga-
tive”. Dominici tiene conto di un aspetto fondamentale. I
piccoli non sanno giudicare i fatti, non sanno giudicare che
una violenza, un maltrattamento, un abuso, uno sfottò, una
derisione, un’umiliazione sono tali, soprattutto se certi com-
portamenti li vedono in casa. Per questo è fondamentale
che acquisiscano capacità critica verso il contesto sociale
che li circonda. Ma serve, sempre e comunque, “informa-
zione, prevenzione, formazione”. Solo così non si avranno
adulti maschi convinti che discriminare e prevaricare una
donna sia giusto, sia sul lavoro che in privato. E solo così
non si avranno femmine per le quali è ‘doveroso’ essere
sempre al massimo, anche fi sicamente. E solo così si ces-
serà un braccio di ferro tra ‘generi’ che non ha motivo di
continuare. L’8 marzo che vorrebbe la Dominici è quello in
cui accendendo la tv non ci si imbatte in veline dal fi sico
mozzafi ato che puntano sulla loro fi sicità. O in programmi
tv in cui sono gli uomini a parlare dei diritti delle donne, in
un atteggiamento quasi concessivo. O in cui le donne, per
fare valere i propri diritti, rischiano di diventare una brutta
emulazione degli uomini. Lei vorrebbe un 8 marzo in cui
sullo schermo compaiono volti rassicuranti e ordinari come
quello di Margherita, che leggeva Noi Donne sperando in
un mondo migliore. Che imbastendo le stoffe investiva in un
mondo in cui esistere senza dover chiedere il permesso. ä


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