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Numero 12 del 2014

NutriAMO il mondo


Foto: NutriAMO il mondo
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Testi pagina 7

5Novembre | Dicembre 2014
costumi non deve continuare a raffor-
zare il modello unico dei poteri per
farci diventare maschi. Bisognerà pur
inventarsi un internazionalismo plura-
le del femminismo, senza colonizzare
nessuna, ma preparate alla reciproci-
tà. Un lavoro impegnativo sarà trovare
punti d’appoggio per fare leva.
Giorgio Agamben, un filosofo che ha
sempre studiato il senso della “nuda
vita”, anche nella sua più recente ope-
ra - “L’uso dei corpi” - riprende il discor-
so sulla schiavitù presso gli antichi: lo
schiavo, considerato tale “per natura”,
pur destinato ad essere “usato” dal
padrone, restava un uomo. Non diven-
tava un “soggetto”, restava oggetto
corporeo nelle mani del padrone. Le
donne sono davvero delle “soggette” o
le sovrastano poteri condizionanti che
ne controllano e condizionano la vita?
La politica, dice il filosofo, potrebbe
diventare l’opera d’arte liberatoria at-
traverso un “prendersi cura” che renda
tutti veri soggetti morali. Cari filosofi,
mai nessuna filosofa ha contestato che
perfino Heidegger abbia disquisito sul-
la “cura”. Ma nessuno di voi intende
partire dal femminismo per capire che
la “cura” è il primo elemento che può
salvare la democrazia dalle guerre, ma
principalmente nella nostra elaborazio-
ne. Tuttavia resta la provocazione per
tutti, soprattutto per chi subisce il di-
sconoscimento della soggettività. Che
difficilmente può essere trovata nel
“darla via” a clienti e mariti o nell’etica
della violenza.b
malala Yousafzai
ragazza da nobel
nel nome dell’educazione
di donne e bambini
Malala Yousafzai è la più gio-vane vincitrice del Nobel per la Pace nella storia del rico-noscimento internazionale. È
vero, sì, il Nobel è stato attribuito in ma-
niera congiunta - ed estremamente sim-
bolica - sia a Malala, attivista pakistana
di fede musulmana, sia all’hindu Kailash
Satyarthi “per il loro impegno strenuo
contro l’oppressione dei bambini e delle
giovani donne, nonché per il loro diritto
all’educazione” - queste, le parole del
comitato norvegese per bocca del Pre-
sidente Thorbjoern Jagland.
Già nell’ottobre scorso, d’altra parte,
Malala si era vista assegnare il premio
Sakharov sulla libertà di pensiero. Un
premio dalla grandezza sterminata -
pari appunto all’eponimo matematico
russo che, pur contribuendo a mettere
a punto la bomba idrogeno, ne compre-
se l’estrema pericolosità e contestò sino
alla morte la sperimentazione nucleare.
La storia di Malala ha dell’incredibile: il
9 ottobre 2012 fu nel mirino dei talebani.
Le spararono colpi alla testa e al collo.
Dissero di lei che era “oscena ed infe-
dele” perché rivendicava il diritto femmi-
nile all’emancipazione, all’educazione,
all’istruzione.
Nell’ospedale militare di Peshawar, pri-
ma, poi a Birmingham, le fu asportato
il proiettile e finalmente rivide la salute.
Con lei, nel suo respiro, sopravvissero
molti ideali ed un coraggio senza pari.
Infatti, ad appena sedici anni, a New
York presso il Palazzo di Vetro, Malala
poté affermare: “Oggi non è il mio gior-
no, è il giorno di tutti coloro che com-
battono per i propri diritti. I talebani non
mi ridurranno mai al silenzio e non ucci-
deranno i miei sogni. [...]Oggi parlo per
tutti coloro che non possono far sentire
la propria voce. I talebani pensavano
che quel proiettile ci avrebbe fatto tace-
re per sempre, ma hanno fallito”.
Malala aveva solo undici anni quando
il suo diario - pubblicato tra gennaio e
marzo 2009 sulla BBC Urdu - accattivò
l’audience per l’accorata battaglia a fa-
vore dell’educazione femminile, fronteg-
giando le coercizioni talebane.
Viene da pensare che Malala abbia
potuto guarire, riprendersi, contestare,
combattere e vincere... per una strana
potenza, si direbbe una potenza “mitica”
e “fanciullina”. Una potenza impressio-
nante e tipica di certa mitologia orien-
tale. È vero, peraltro, che scrisse sotto
lo pseudonimo di Gul Makai, la leggen-
daria eroina del folklore pakistano, il cui
nome vuol dire “fiore di grano turco”.
Marta Mariani
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