Numero 12 del 2014
NutriAMO il mondo
Testi pagina 43
41Novembre | Dicembre 2014
possiamo trovarli con facilità. Basta guardare la Colonna
Traiana e la Colonna Antonina, dove le figure femminili
sono protagoniste con i loro figli accanto ai re sconfitti, e
invocano la clemenza del comandate romano o dell’im-
peratore vincitore. Solo in secondo piano appaiono sce-
ne violente come la raffigurazione sullo sfondo di soldati
che trascinano le donne dei vinti afferrandole per i capelli.
Esistono per contro anche importanti esempi e rappresen-
tazioni di donne in Gloria. Nel Museo Lapidario Estense
c’è la sepoltura monumentale di Peducaea Hilara da lei
voluta ad imitazione del prestigioso sarcofago di Scipione
Barbato. La famiglia degli Scipioni all’epoca tardo-repub-
blicana-augustea era una delle più in vista di Roma, alla
gens degli Scipioni apparteneva Scipione l’Africano, il co-
mandante vittorioso su Annibale. In età augustea avevano
dato vita al cosiddetto Circolo degli Scipioni, un impor-
tante consesso di intellettuali vicini all’imperatore. Hilara
dedica il monumento a se stessa e al proprio compagno.
Peducaea Hilara è una liberta e la scelta del modello non
è casuale: scegliendo gli Scipioni sceglie due elementi di
gloria: quella di sconfitta di una condizione - nel suo caso
la schiavitù e quella del “sapere” della conquista della li-
bertà”. Questa parole in quel luogo producono un’asso-
ciazione spontanea: lo stesso edificio dove è collocato il
cenotafio di Peducaea Hilara ospita un altro esempio di
Gloria al femminile, in questo caso volta alla costruzione
del consenso intorno a sé da parte di donna che sarebbe
stata Reggente del Ducato di Modena: Laura Martinozzi.
Vedova di Alfonso IV d’Este, finanziò con il proprio dana-
ro - senza tassare ulteriormente i cittadini - la scenografia
funebre del marito dedicandolo alla saggezza delle donne
di Casa Este. Accadde nella Chiesa di Sant’Agostino. An-
che se questa casualità apparentemente è un’altra storia
- vale la pena rammentarlo - perché si tratta di un esempio
assai infrequente (se non unico e/o raro) nel nostro paese.
E non dobbiamo dimenticarcene perché indubbiamente
queste due donne - così distanti nel tempo - non poteva-
no non essere dotate di profonda autostima e non si ver-
gognarono di celebrare la loro emancipazione in gloria. E
quanti esempi e testimonianze ancora esistono senza che
li notiamo … Anche la vergogna è un tema che, pur non
trattandolo come parola, assume un valore che spesso ci
lascia perplesse e contraddette. Questa volta ci viene in
soccorso Gabriella Turnaturi che proprio della vergogna
si è occupata in una delle sue ultime fatiche (Vergogna.
Metamorfosi di un’emozione, Feltrinelli, 2012). “Anche se
apparentemente non correlate, gloria e vergogna sono
passioni, emozioni che nascono dalla gioia manifestata
dagli altri e la vergogna altro non è che l’altra faccia della
gloria. La perdita di gloria, la gloria non conseguita provo-
ca vergogna; ma la vergogna oltre alla disistima di sé offre
anche la possibilità di intrapresa di quel cammino virtuoso
che conduce dalla vergogna alla gloria. La vergogna è la
più dolorosa e sconvolgente delle emozioni che ci rivela
come stiamo con noi stessi e ha la funzione di svelamento
e di riconoscimento, implica questioni affettive, ideali, di
progetti. È un’emozione sentinella che ci aiuta a scoprire la
nostra umanità. Le persone che si vergognano delle stes-
se cose, ridono delle stesse cose, hanno la stessa edu-
cazione sentimentale. Oggi non ci si vergogna, ci si sente
in colpa. La società dello spettacolo coi suoi ‘mi piace’
e ‘non mi piace’ ha enfatizzato la ‘non vergogna’ con ‘la
perdita della faccia’, una perdita momentanea o parziale
che si può risolvere su un altro palcoscenico. Però oggi ci
si vergogna di essere povero, di non essere magro e non
essere felice. Diventerà vergognoso vergognarsi. Siamo
proprio sicure che non riusciremo a contrastare questo
fenomeno recuperando il senso della communitas accom-
pagnato dall’amore di sé?”
Io sono convinta che almeno fino a quando il monumento
di Peducaea Hilara rimarrà in esposizione e donne ce ne
spiegheranno il valore e fino a quando il Festival della Filo-
sofia - diretto da Michelina Borsari - continuerà a proporre
temi e progetti coraggiosi e a crescere, questo rischio, no-
nostante le difficoltà, non lo correremo. b