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Numero 12 del 2014

NutriAMO il mondo


Foto: NutriAMO il mondo
PAGINA 41

Testi pagina 41

39Novembre | Dicembre 2014
Sì, lo dichiaro ufficialmente. Io i Social li detesto. Ne riconosco la necessità, inte-sa come ‘inevitabilità’, ma mi agitano. Sì, mi agitano. E non poco. Sono diventata ormai una drogata, lo riconosco, altro che metadone. La notte, se mi sveglio a fare
la pipì, controllo sullo schermo del cellulare se ho delle notifiche. Lo faccio automatica-
mente, senza pensarci. Semmai devo pensare a non farlo. E questo è un guaio. La matti-
na, prima ancora di uscire dal letto, verifico gli i like sul mio status, più per compulsività
che per desiderio di consenso. Poi, alzatami, eccomi davanti allo schermo del pc, con in
mano la tazza del caffè, ad aprire la pagina di Facebook, che posso finalmente visualiz-
zare a 18 pollici! Ma come mi sono ridotta? Eppure, giuro, c’è stato un tempo in cui li
rifiutavo in nome delle relazioni normali, del vis à vis. Preistoria. A mia discolpa posso
affermare che Twitter e Linkedin li uso pochissimo. Ma è solo perché non mi convince
la disposizione caotica delle ‘conversazioni’, mica per altro. Perché ho ceduto? Ho fatto
bene? Cosa ci ho guadagnato? Me lo chiedo di continuo. È inutile negarlo, qualche virtù
l’hanno. Professionalmente, chi li gestisce bene può fare circolare il proprio brand, può
crearsi una reputazione, puoi farsi conoscere a zero spese. Le aziende possono utilizzar-
lo per promuovere i loro prodotti, mettendoli in vetrina. C’è un marketing che in tempi
di crisi economica va valutato per la velocità con cui raggiunge persone, quindi clienti.
Poi, arrivano in tempo quasi reale notizie linkate ai quotidiani on line. Talvolta si trovano
spunti importanti, fosse anche che un cittadino arrabbiato fotografa la buca di una strada
e il giornalista attento può recuperare materiale. E sono certa che molto mi sfugge, se
penso ad esempio ai nativi digitali, per cui rappresentano un binario fondamentale della
comunicazione. E per il resto? È questo il dilemma. E lo affermo, appunto, da ‘dipenden-
te’ che vorrebbe ‘smettere’. Ma invece che evitare di assumere la ‘sostanza’, sotto mia
responsabilità, vorrei che la sostanza fosse tolta dalla circolazione! Comodo!! Con la mia
amica Cecilia, che pure come me naviga un bel po’, condivido questa ‘avversione’ per i
Social e ci auguriamo spesso che prima o poi esplodano. Questa mattina, ad esempio, lei
li ha definiti ‘tristi’. Io ho risposto ‘speriamo che scoppino’. Eppure questo scambio è av-
venuto nella chat di Facebook, che rinneghiamo ma di cui riconosciamo evidentemente
la validità strumentale. E infatti quel che farò nei prossimi giorni - più volte segnato in
agenda - sarà acquisire maggior dimestichezza con i suddetti Twitter e Linkedin. Incoe-
renza? Forse. Ma la verità è che non usarli o usarli male, come faccio io, equivale a non
esserci. E in questo ‘nuovo mondo’ esisti solo se sei con un tuo profilo nella ‘bolla’ e nelle
sue community. Poi, soltanto poi, se hai anche la ‘carne’ sulle ossa. Per questo né li com-
batto né mi adeguo. Li subisco. O meglio li coltivo come i parenti serpenti con cui devi
condividere il pranzo di Natale. Eppure, eppure, eppure … mi spaventano. Tutti su Face-
book scriviamo dove e con chi siamo: a un convegno, al lavoro, in pizzeria e via così. Sia-
mo tutti rintracciabili e vogliamo esserlo. Ma perché? Nell’illusone dell’assoluta libertà,
la libertà la perdiamo e acquisiamo semmai la possibilità di controllare il prossimo. Oltre
che al prossimo di controllare noi. Ma io il prossimo non lo voglio controllare, è l’unica
cosa che so. Eppure, eppure, eppure…senza social, oggi, che vita c’è?
Social come
parenti Serpenti
di Camilla Ghedini
izione di Eleonora, scrivere un libro che
attingendo addirittura dai casi di sterilità
della Bibbia pone domande sulla vita e
sui suoi misteri, oltre e prima che sulla
maternità. Che induce a sviscerare i limiti
e il potere della scienza, “le cui opportu-
nità non vanno represse ma discusse”.
Che mette in relazione, non in contrap-
posizione, i concetti di ‘natura’ e ‘artifi-
cio’. Lo spettacolo andrà in scena di pari
passo, presumibilmente, con l’ampliarsi
del dibattito sull’eterologa. Perché come
sostiene Eleonora, “il percorso sarà più
lungo di quel che immaginiamo. Siamo
culturalmente impreparati”, soprattutto
sul fronte della donazione degli ovociti.
“Serve una riflessione - incalza Eleonora
- di cui deve occuparsi anche il pensiero
femminista, perché siamo di fronte a una
rivoluzione simbolica, in cui di fatto l’ute-
ro materno esce ‘fuori’. Madre biologica,
padre biologico…, sono temi grandi ed
esplosivi su cui fare studi e ricerche -
ammonisce - , di cui bisogna parlare”.
Scrivendone, portandoli a teatro, anti-
cipandoli con l’arte, nelle sue moltepli-
ci espressioni. Perché riguardano tutti,
nessuno escluso. Senza differenze di
genere. b
Nata a Forlì, Eleonora Mazzoni si laurea
all’Università di Bologna in Lettere moderne
con il professor Ezio Raimondi e consegue
il diploma di recitazione presso la Scuola
di Teatro di Bologna diretta da Alessandra
Galante Garrone. Debutta come protagonista
in teatro ne I due gemelli veneziani per la
regia di Franco Branciaroli.
È protagonista di numerosi spettacoli: 
Troilo e Cressida per la regia di Maurizio
Panici, La cuoca (premio Diego Fabbri 2005)
per la regia di Augusto Zucchi (con cui lavora
anche ne L’impresario delle Smirne e
ne Il Decamerone), Niente sesso, siamo
inglesi, in cui recita insieme a Gianfelice
Imparato. Al cinema debutta con Citto Maselli
in Cronache del terzo millennio (Festival di
Venezia 1996).
Con Maselli lavora anche ne Il compagno.
Recita poi, tra gli altri, in Tutta la conoscenza
del mondo di Eros Puglielli (Festival di Berlino,
2001), Volevo solo dormirle addosso di
Eugenio Cappuccio (Festival di Venezia,
2004), Il compleanno di Marco Filiberti
(Festival di Venezia 2009) e L’uomo che
verrà di Giorgio Diritti (Festival di Roma,
2009 e vincitore del David di Donatello come
migliore film, 2010). Tra le fiction televisive
a cui ha preso parte ricordiamo Elisa di
Rivombrosa, Il giudice Mastrangelo,
Il bambino sull’acqua,Colpi di sole, Il
commissario Manara.
Le difettose (Einaudi 2012) è il suo primo
romanzo.
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