Numero 9 del 2014
Medicina di genere
Testi pagina 29
da 70 anni NOIDONNE guarda al futuro
Giuliana Sgrena,
n.4, aprile 2005
Copertina,
n.10, ottobre 2006
Nel marzo 2006 le pagine di Noidonne
tornano a colori e al formato di sempre:
tanti articoli e interviste, nuova luce
e speranza dopo anni di fatica. Lo
ricordano nell’editoriale colmo d’amore
per la rivista Tiziana Bartolini,
Isa Ferraguti e Costanza Fanelli e
l’intervista alla “donna del mese” di
quel numero: Nadia Spano, madre
fondatrice di Noidonne.
Un fi lo che si riannoda, perché la tessitura possa conti-
nuare. Battaglie diverse da quelle combattute dalle parti-
giane ma ugualmente dure ed importanti quelle di questo
primo decennio del secolo XXI. Da ricordare la campa-
gna referendaria contro la legge 40 sulla fecondazione
assistita. Il referendum non raggiunge il quorum, ma la
Corte Costituzionale nell’aprile 2014 boccia la legge.
Come accade sempre più di frequente in questi anni, la
magistratura, con le sue sentenze, cerca di riparare alla
mancanza di buonsenso e all’inettitudine di esecutivi e
parlamentari. Ancora oggi si attende una risposta della
politica. Così come deve ancora arrivare una legge che re-
goli le unioni civili tra persone dello stesso sesso. Il cam-
mino rimane impervio, dopo le timide proposte dei brevi
governi di centrosinistra, che parlavano ora di “pacs” ora
di “dico”, e la totale chiusura sul tema degli esecutivi gui-
dati da Berlusconi. Nel 2010 si rinnova la veste grafi ca e
si avvia un ciclo di articoli sui Consultori: un tour che fo-
tografa in tutte le regioni lo stato di un servizio terrrito-
riale socio-sanitario che ha rappresentato una tra le piú
importanti conquiste delle donne italiane.
Su Noidonne si parla di precariato e di
disoccupazione femminile ben prima
che scoppi la crisi di questi ultimi anni
che ha penalizzato moltissimo le donne.
L’occupazione femminile, già molto più
bassa della media UE soprattutto nelle
regioni del mezzogiorno, si intreccia
con il tema della conciliazione dei tempi
di vita di cui si discute moltissimo con
grandi esperte come Chiara Saraceno,
evidenziando le buone pratiche di
singoli comuni o regioni e sottolineando
l’assenza di un
approccio di sistema e che sono sempre troppo pochi gli
sforzi dei governi a sostegno delle lavoratrici. Crescente
é però il ruolo delle imprenditrici. In un mondo del lavo-
ro dipendente sempre più destrutturato e meno tutela-
to, le donne cercano percorsi di auto-impiego contando
sulle idee e sui fondi che in questi anni vengono stanzia-
ti. Dalla prima ricerca sull’imprenditoria femminile del
2006 sono tanti i passi avanti compiuti.
Una menzione speciale per le donne de L’Aquila, colpita
nell’aprile del 2009 dal terribile terremoto. “Le donne,
i loro sguardi dolenti e fermi, mostrano il volto di un’al-
tra Italia. Quella che avrà il coraggio di ricominciare e
di pretendere giustizia”. Ad oggi il centro del capoluogo
abruzzese è ancora distrutto ma alle donne che in questi
anni hanno portato avanti percorsi di condivisione fem-
ministi è stata affi data una Casa dove riunirsi.
L’attualità, ovvero “stare sempre sul pezzo”
Lo scorso 1° di agosto è entrata in vigore
la Convenzione di Istanbul approvata
dal Parlamento italiano nel giugno
2013. Questo nuovo strumento globale
richiama governi e istituzioni di tutto il
mondo ad una presa di coscienza forte
sul tema della violenza contro le donne
sottolineando un elemento chiave:
violenze e femminicidi sono l’apice di un rapporto di
potere ancora squilibrato tra uomini e donne e di una
discriminazione di “genere” che deve essere prevenuta
e contrastata su tutti i fronti. Gli Stati fi rmatari si impe-
gnano, si legge all’articolo 6, a “promuovere ed attuare
politiche effi caci volte a favorire la parità tra le donne
e gli uomini e l’emancipazione e l’autodeterminazione
delle donne”. Di tutto rilievo è il ruolo della comunica-
zione e della stampa incoraggiati, all’articolo 17, “a par-
tecipare all’elaborazione e all’attuazione di politiche e
alla defi nizione di linee guida e di norme di autoregola-
zione per prevenire la violenza contro le donne e raffor-
zare il rispetto della loro dignità”. I media, che hanno un
ruolo di peso nella formazione dell’opinione pubblica,
hanno dunque il dovere di raccontare la vita delle don-
ne a partire dal corretto uso di un linguaggio sessuato,
auspicabile ormai da tempo e che su questa rivista è
una prassi consolidata, fi no alla scelta dei punti di vista
da narrare, degli esperti e delle esperte da intervistare,
delle narrazioni della vita delle donne nei vari aspetti,
evitando di insistere sui particolari più morbosi. Ancora
tanto lavoro da fare, iniziando proprio dalla narrazione
di vicende di violenza o di casi gravi come i femminicidi.
Troppo spesso su molte testate italiane si fa un uso scel-
lerato di parole e aggettivi, rendendosi complici di una
cultura violenta e maschilista. Come se nemmeno per le
donne assassinate, che hanno pagato con la vita il prez-
continua >