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Numero 10 del 2016

Quelle che il potere. Donne ai vertici


Foto: Quelle che il potere. Donne ai vertici
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Testi pagina 9

7Ottobre 2016
la guerra contro alcuni regimi dispotici, hanno usato
come propaganda il compito storico di esportare un
valore sacro della cultura occidentale: la democrazia.
Si dice giustamente che la prima vittima della guerra sia la
verità, eppure, in una società secolarizzata, la democrazia
ha rappresentato per Bush figlio quel valore sacrale che
un tempo ha spinto il cattolicissimo re di Spagna Filippo II
a combattere le Province olandesi: sconfiggerle avrebbe
significato non solo eliminare un formidabile contendente
sui mari, ma gli avrebbe anche fatto guadagnare in cielo il
merito di aver riportato quegli infedeli protestanti alla reli-
gione cattolica.
La realtà, dunque, è sempre molto complessa e pertanto,
pur nella consapevolezza dei mezzi smisurati e incontrolla-
bili a disposizione dei grandi potentati economici, la storia
ci insegna a non ignorare la simbiosi fra quegli interessi e
la sensibilità, il modo di pensare delle genti, a partire dai
valori vissuti come “sacri”. Freud ha scritto: “Dove sono
coinvolte questioni religiose, gli uomini si rendono colpe-
voli di ogni possibile disonestà e di illeciti intellettuali”. In
effetti anche la Chiesa di Roma ha dovuto ammettere pub-
blicamente di essersi macchiata di iniquità ed ingiustizie.
Papa Giovanni Paolo II ha chiesto perdono per le colpe
della Chiesa che riguardano: le vittime torturate ed ucci-
se dall’Inquisizione, i musulmani (“Dio lo vuole” era il grido
che incitava alle crociate), gli ortodossi, i valdesi ecc.. (ri-
petutamente perseguitati da Roma), gli ebrei (vittime per
secoli di antisemitismo).
Anche la Chiesa cattolica, dunque, ha confessato i cri-
mini commessi in nome del “sacro”, ma oggi simili atro-
cità sono inimmaginabili, anzi Bergoglio pare impegnato
a riformare la Chiesa, perché ritorni la Chiesa povera e
semplice dell’età apostolica che non conosceva né pri-
mati né guerre di religione. Ma le parole di Freud ben si
adattano alle foto terribili in cui si vede un adulto, o anche un
bambino, torturare ed uccidere nella convinzione di adem-
piere ad un supremo dovere: avendo trovato la strada per
riscattarsi dall’insignificanza, il fanatico vuole comunicare
platealmente la propria appartenenza, le straordinarie cer-
tezze che danno un senso alla sua vita. Scrive Boncinelli
che “quello che ci accomuna e a cui apparteniamo ci viene
dai divieti e dai comandamenti del sacro, trasmessici dai
genitori e dagli adulti del gruppo di riferimento …. I divieti
e gli imperativi derivanti dall’esperienza del sacro vengono
a costituire per ciascuno di noi una sorta di disciplina o di
sottile legame. È proprio dalla parola latina legare che viene
la parola latina religio, il termine che sta per noi alla base
di ogni idea di religione …. L’esasperazione di tale senso
di appartenenza, che apparenta a qualcuno ma separa da
altri, prende a volte la forma di fondamentalismo”.
Il processo di secolarizzazione dell’Europa e l’ecume-
nismo delle chiese cristiane non devono però illuder-
ci di essere immuni dalla potenza eversiva del sacro,
pertanto è necessario vigilare contro l’esasperazione
del sentimento di appartenenza, contro la violenza che
può essere scatenata dal fondamentalismo. Abbiamo
dimenticato la Jugoslavia, dove il sangue e la terra degli
avi hanno trovato un simbolo identitario nell’appartenenza
religiosa (essere croati significava essere cattolici, essere
serbi significava essere ortodossi)?; ed infatti Milosevic,
xenofobo, guidò la sua crociata (in realtà una copertura per
annettere la Bosnia ad una Grande Serbia), capeggiando
bande di fanatici religiosi, spesso benedetti dal clero orto-
dosso. E l’Irlanda? A Belfast circola questa barzelletta: ad
un uomo fermato ad un blocco stradale viene chiesto quale
sia la sua religione. Lui risponde: “Sono ateo”. Gli viene
allora richiesto: “Ateo protestante o ateo cattolico?” v
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