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Numero 10 del 2014

Occhio alle (De)Generazioni


Foto: Occhio alle (De)Generazioni
PAGINA 50

Testi pagina 50

48 Ottobre 2014
In una celebre intervista per la RAI, Italo Calvino sosteneva come il genere umano, nella convinzione
di poter governare e modificare la
natura a suo piacimento, avesse
assunto nei confronti di questa un
atteggiamento quasi paternalistico.
La natura era quella degli animali e
delle piante a rischio d’estinzione,
da proteggere, e allo stesso tempo,
relegare nei parchi e nelle riserve;
dell’ambiente si dimenticava la
sua essenza, la sua onnipresente
pervicacia, capace di stravolgere
i pieni dell’essere umano e
minacciarne l’esistenza (si pensi a
certi eventi meteorologici di inaudita
potenza). Calvino invitava a diffidare
della natura e della sua ferocia,
poiché nella bellezza e nella forza
di un filo d’erba si nascondeva
la prevaricazione di una specie
sull’altra, la lotta per la sopravvivenza
che portava all’annientamento. La
poesia di Fosca Massucco sembra
porsi in un rapporto di equidistanza
rispetto a un ambiente del quale
si coglie la ferocia e la meraviglia,
dove l’unità di misura è sempre
l’essere umano, capace dell’eccidio
degli esseri che lo circondano
e allo stesso tempo di essere
scalzato dalla sorpresa di un pruno
che nasce fra i binari. La natura
non è né matrigna incurante delle
vicende dei terrestri né cosmo da
osservare nei suoi meccanismi fisici
e matematici, ma un teatro naturale
che ricorda la poesia di Giampiero
Neri, all’interno del quale l’essere
umano ricompre un ruolo importante,
ma mai di protagonista assoluto. È
anzi il suo ruolo di osservatore, di
occhio-mirino, ad essere esaltato,
laddove è l’osservazione stessa
a creare le trame e l’ordito della
natura, e a generare l’occasione
della poesia. L’ecosistema è un
luogo dal quel si è cacciati via, ma
al quale si ritorna, alle sue ripe, ai
suoi fossi, e nel quel non è la Storia
e le sue vicende a segnare il tempo,
bensì le metamorfosi incessanti
e inarrestabili che trasformano la
montagna in sabbia e questa nel
castello che il bimbo costruisce sulla
spiaggia. Massucco, che è laureata
in fisica e specializza in acustica,
attenua la grana filosofica dei suoi
testi, a volte vicina all’aforisma,
con una versificazione alleggerita
nelle strutture sintattiche e sempre
musicale, vicina alla misura
dell’endecasillabo con sonorità
tonali ed immediate. Massucco è
nata a Cuneo nel 1972 e lavora
come Tecnico del Suono in sala
di registrazione. Ha pubblicato
la raccolta poetica “L’occhio e
il mirino”, edita per L’Arcolaio di
Gianfranco Fabbri (Forlì) a marzo
del 2013, prefata da Dante Maffìa. È
ancora inedita la silloge “Per distratta
sottrazione”.
Fosca
Massucco
EcopoEsia
Versi nei quali si coglie
la ferocia e la meraviglia
della natura
di Luca Benassi
È la rabbia che fa maledire la terra
sotto la quale si dimora. Fermami
se puntuale scaccio la grazia – cacciami
al fondo delle ripe, campi già santi
di bestie dove la rabbia s’allunga
nell’aria con braccia di rovo.
Risalirò. Io che posso fuggire ancora
i rovi e la rabbia, fingermi senza
l’attenzione - la precisione
lasciata a dio.
~
La rosa rampicante, ad esempio, non rispose
più
inchiodata dal sole, fiorita di pidocchi;
nemmeno la lumaca passò indenne
sul marciapiede della bignonia in rigoglio,
secca nel prato la rigettò un calcio.
~
Non salvai nessuno,
la rosa, la lumaca – neppure la lucertola
sgranocchiata impassibile dal gatto –
accolsi quello sterminio di universo angusto;
quando cercai un arcobaleno a forzare i tempi,
aprii l’acqua del giardino in controluce.
~
cabina c al chilometro 1+105,
quasi Porta Nuova.
accanto al treno notte
senza più motrice
fiorisce un pruno soave.
La beatitudine mette radici
in luoghi inattesi.
~
In un castello di sabbia ci sono grani
a sufficienza per figurarsi un eone.
chicchi franosi, equilibrio indifferente –
memoria distratta di materia.
Il castello ristà: miniata resiste aqaba
presa di spalle tra pollice e indice.
Il mare s’allunga e ritira la sabbia –
ogni rovina porta con sé i propri suoni.
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