Numero 3 del 1944
Ragazze partigiane. Eroiche nella lotta, tenaci nella Resistenza
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Ricordi di scuola
Incitamento alle studentesse a continuare a credere nella libertà sperando in una scuola nuova
di Redazione Noi Donne
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Testi pagina 5
La donna ascoltava; con attenzione continua, guardando il
capitano negli occhi,
— Non pensare che io sia un brulo od un mostro... Non
faccio che il in.o don-re... Faccio il mio dovere di soldato
verso il mio paesel bono addolorata per le e per il tuo bam-
bino. Se non hai cura della tua sorte, almeno abbi pietà della
tua creatura! Sei tu che l’hai messa al mondo, sei tu che le
hai dato la vita, non hai il diritto di togliergliela!
—— Cosa volete dire, togliergliela — ripetè Olena macchi-
nalmente come se pensasse ad altro...
Werner batte con impaz za la sigaretta sul tavolo.
—— Mi capisci... Tu caprscr perfettamente che se rifiuti
di rispondermi, condann‘i a morte la tua creatura... Pensaci
‘Aspetterò: rifletti... e dimmi se Vuoi si o no fare una dichia-
razione... Ma credo che ritornerai in te e che mi risponderai.
In ogni modo quello che dirai non aiuterà i partigiani...
ma tu puoi salvare il tuo bambino!
Tirò fuori del tabacco e delle cartine dal cassetto e
cominciò lentamente a farsi una sîgarstta. Olenn guardava
le sue grosse dita coperte (lì peli rossastri. I suoi occhi segui
vano le briciole di tabacco che cadevano, le pieghe della
cartina bianca... Accese un ï¬ammifero ed il fumo arzurro
salì verso il sofï¬tto.
— Ebbene?
Olena scrollò le spalle.
—— Rifiuti di rispondermi?
—— Non so niente.
Egli si alzò e si chinò sulla donna, le mani poggiate sul
tavolo, la facci-a convulsa di rabbia...
— Ah! E’ cosi? Ti tratto come una creatura umana...
e tu osi...! Aspetta... Ora ti faccia vedereL. Hans!
Un uomo apparve alla porta.
À- Vieni qui... '
Due uomini entrarono, armati di fucili. Olena li- rico.
"nobbe... Erano quelli che avevano montato la guardia quando
era nei neuilc, quelli che {avevano vista partorire e che
l’avevano scner‘nita.
— Al'ierra la donna... Dammi il bambino!
il smuato le strappo il bimbo, prima che essa si potesse
rendere conto di cio che succedeva. bi lanciò in avanti; ml
due marini di ferro vi'anerrarono. Gli occhi terrorizzati di
Ulena erano iissi sul bimbo. ll soldato lo teneva senza garbo
nelle braccia ed essa aveva paura che lo lasciasse cadere...
— Mettilo sul tavolo;
Il piccolo stava ora sui tavolo tra Olena ed il tedesco,
l soldati la tenevano stretta ed essa sapeva che non avrebbe
potuto loro sfuggire.
Il suo bambino stava sul tavolo, piccolo involto con una
faccina rossa che si vedeva appena tra il panno che ricopriva
la testina. Wemer guardò con disgusto la creatura che dor-
miva tranquillamente. Ad un tratto le palpebre, del piccolo si
mosserc; due macchioline, azzurre ed incerte, come gli occhi
appena aperti di un cucciolo, si ill minarcno debolmente. Il
piccolo mento cominciò a tremare. il cuore di Olena si strin-
se di dolore; il bimbo si mise a piangere, col gemito dei neo-
nati senza difesa. La boocuccia soffocava, la piccola fronte
diventava sempre più rossa e le sopracciglia sembravano sem-
pre più due righe pallide, quasi bianche. Olena tentò di
liberarsi dalla stretta dei soldati, le mani pesanti la fecero
ricadere sulla sedia. '
7‘ Ho ï¬nito di rispiarmarti, disse Werner, con voce
rauca... Vuoi parlare? Si o no? Te lo chiedo per l’ulti—
ma volta! '
Olena distolsc gli occhi dal ï¬glio e mormorò, insîsîendo
su ogni parola: Niente... non dirò niente.
Il capitano W'erner strappò il colletto-della camicia che
fasciava il bambino. Il ï¬glio di Olena giaceva nudo sul
tavolo, la pancina gonfia. i pugnetti chiusi e le gam-
‘bette in aria... Piangeva... Werner lo afferrò dal collo. come
un cucciolo e lo sollevò dal tavolo tenendolo tra il pollice e
le (lita. Le gambette penzolavano. Olena vide i ditini dalle
ungh’e roca come dei petali.
— Ebbene?
Con una lentezza voluta. Werner alzò la rivoltella.
Olena era atterrita. Aveva le mani e i piedi d’acci. La
stanza sembrò crescere... Il tedesco diventò un gigante da-
vanti : l '
— ialibene? Fai un po’ vedere chi sei... Una sporca bolsce-
vica... 0 una madre! Olena riprese coscienza di ciò ’che le
stava intorno. ll capitano non aveva più l'aria di una mon-
tagna enorme tra cielo e terrai La stanza riprendeva le sue
proporzioni nor-m." I.
— Hispondimi! _
—— Sono madre, ria—pose Olena. prendendo ad un tra -o
il nome che le avevano dala nella foresta, quando i ragazzr
della guerriglia l’avevano ri-' miam per le sue cure. per le
sue parole affettuose, quando mrava loro la cena 0 ram—
mendava una camicia.
,†Vuoi dirmi (love sono?
Non guardò suo ï¬glio, ma ï¬ssò gli occhi iagrimanti,
orlati di ciglia b‘av‘chicce.
—»— Non dirò niente... niente!
La lìccca della rivollella si avvicinò al musetto... Olona
lo vide sevvzu guardarlo.
— E’ il tuo solo ï¬gliolo, nevvero? — domandò Werner.
La donna fece un gesto di diniego,
— N0!
La mano che (enpva la rivnltella si fermò a mezza strada.
——— come! Hai altri ï¬qlioli? Dei maschi? delle femmine?
Dove? nui nal villchio?
Un sorriso radioso illuminò le labbra gonï¬e. screpolate
ed aride di â€lena... '
—— nei m' chi solo maschi... Molti ï¬eli... Laggiù nella
foreste .. ‘l Ricciutn e rzli altri... Î-ngaiu.
Werner scarò... in nieno nel muse'to... Un odore di
polvere e di fumo si alzò...
(collinari al prossimo numero)