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Numero 10 del 2016

Quelle che il potere. Donne ai vertici


Foto: Quelle che il potere. Donne ai vertici
PAGINA 40

Testi pagina 40

38 Ottobre 2016
IL
film è Tra cinque minuti in scena (2013), di
Laura Chiossone, protagonista Gianna Co-
letti, che ne è involontaria ispiratrice. Il libro è il
più recente Mamma a carico (2015, Einaudi),
della Coletti stessa, che da interprete diventa
autrice. Dal palcoscenico all’inchiostro, la storia - di straor-
dinaria attualità - è quella di Gianna e della di lei mamma,
Anna. E di quel periodo ultimo
dell’esistenza che deve dare
un senso a chi va e a chi resta.
Un tempo ‘inevitabile’ col quale
tutti noi siamo chiamati a fare i
conti, perché nella vita due uni-
che certezze ci sono, la nascita
e la morte.
Nel mezzo sta la malattia, l’in-
vecchiamento, la vulnerabilità
di un corpo che spesso ci ab-
bandona prima della mente. E
ci imprigiona, togliendo a noi la
libertà di agire e imponendo a
chi abbiamo attorno le catene dell’impotenza. Film e libro
possono essere sondati autonomamente, senza rispetta-
re l’ordine cronologico, perché sono opere a se stanti. La
narrazione si snoda in entrambi i casi attraverso le vicende
autobiografiche di Gianna, attrice di teatro e tanto altro co-
stretta a venire a patti con la senilità di una madre novanten-
ne non più autosufficiente, cieca, che si ostina a portare gli
occhiali 3D, ma ancora golosa e in qualche modo vanitosa.
C’è una dedizione costruita giorno per giorno, attraverso la
risoluzione di continue emergenze - dall’assenza di badan-
te alle questioni economiche - verso una ‘signora’ che torna
bambina, la cui memoria è legata a filastrocche e canzoni.
E c’è Gianna, che madre naturale non lo è ma lo diventa
della sua, in una perfetta inversione di ruoli accomunati dal
concetto di cura e riconoscenza. E se nel testo prevalgo-
no una certa ironia e levità, il film è certamente più amaro,
perché grazie alle immagini non permette vie di fuga, auto
inganni. Della vecchiaia dà una rappresentazione tutt’altro
che edulcorata, fatta di pannoloni, creme, pappe liquide.
Si sentono le parole biascicate della mamma di Gianna, si
vede la sua carne molle, le sue ciabatte ortopediche. Eppu-
re, siamo di fronte alla bellezza, laddove a bellezza diamo
il senso di verità. Sono due opere che ci prendono per il
bavero, ci ricordano che non siamo onnipotenti, che non
possiamo rimandare l’anzianità, chiudere gli occhi, tapparci
le orecchie, fingere. Evocano una tenerezza che non con-
trasta con la forza di sopravvivere durante, dopo e senza
chi amiamo. Evocano quel perdono cui tutti noi dobbiamo
arrivare, conquistandolo tra
ferite e rancori e stanchezza.
Il rapporto tra madre e figlia è
il più difficile da codificare. Lì
si genera la nostra sicurezza
e insicurezza. Il nostro amor
proprio. La nostra auto stima.
Lì prendono forma sogni e
fallimenti. Lì si costruisce la
nostra personalità di ‘adulti’.
Film e libro sono coraggio-
si, perché mettere a nudo la
propria intimità, nel caso di
Coletti, e raccontare quella
altrui, nel caso di Chiosso-
ne, richiede una buona dose di fiducia. Anche e soprattut-
to nell’altrui comprensione. I premi ricevuti dalla pellicola,
sull’onda del cui successo è arrivato il libro, confermano
che Chiossone e Coletti hanno intercettato un bisogno,
quello di andare oltre il pudore ‘sociale’ che ci vorrebbe
sempre belli, felici e in buona salute. Quello che legittima
l’egoismo e l’eccessiva concentrazione sul ‘sè’. A rimanere,
allo spettatore e/o lettore, è una forma di malinconia buona,
utile, che aiuta a fare introspezione. E ci dice che in fondo
abbiamo risorse inaspettate, come quella di sapere diven-
tare genitori dei nostri genitori senza ritrosie e rimpianti. E
questa è una grande opportunità, che la ‘politica’, alla voce
welfare, dovrebbe indagare. Giusto per non parlare della
vecchiaia sempre e solo come un costo e mettendola per
una volta alla voce ricchezza. E umanità. b
LA VECCHIAIA:
UN FILM
E UN LIBRO
di Camilla Ghedini
Un fILm e Un LIbro che sI compLetano,
come sUccede neI rapportI famIgLIarI,
In partIcoLare qUeLLI tra madre
e fIgLIa, che certe voLte hanno bIsogno
dI stampeLLe, per reggere prIma L’Urto
deLLe IncomprensIonI
e deLL’IngratItUdIne, poI deLLa paUra
deL dIstacco e deLLa perdIta
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