Numero 12 del 2016
CIAO! Inserto speciale 'La nostra bella storia'
Testi pagina 27
N
on sono sicurissima circa le date, ma
le circostanze, le decisioni, i tempi
e i fatti, li ricordo benissimo, come
fosse ieri. Noi Donne affrontava una
crisi gravissima, e non era la prima
volta. Fino alla metà degli anni ’50 era stato un ricco
settimanale grazie alle molte lettrici e grazie soprat-
tutto a una forma di distribuzione molto speciale,
una straordinaria rete di diffonditrici che ritiravano
il giornale nelle sedi dell’Udi, lo portavano di casa in
casa al proprio gruppo di fedeli lettrici e lo pagava-
no puntualmente all’amministrazione centrale. Era,
come si diceva allora, un giornale militante, che dif-
fondeva idee e perciò cercava le proprie lettrici at-
traverso il contatto e il ragionamento. Impensabile,
in quegli anni, che spontaneamente venisse cercato
nelle edicole di un paese ancora troppo arretrato.
Gli anni ’60 però cambiarono profondamente la so-
cietà. Cambiarono le donne e con loro i settimanali
“femminili”, che si ammodernarono, pur restando
lontani dalle peculiarità di Noi Donne. Le diffon-
ditrici diminuirono, e nonostante la distribuzione
fosse sempre gratuita, le spese di carta e stampa
pesavano troppo. Gli anni ’60 dunque segnavano
una gravissima crisi della stampa e specialmente di
quella politica. Nacque, in difesa di questa, un movi-
mento di giornalisti fra il ’69 e il ’70. C’era già stato
il movimento studentesco e il movimento operaio
stava aprendo vertenze importanti, contagiando
di sé molta parte della cultura. Noi donne, questa
volta, dovette prendere decisioni drastiche, e quel-
la che prese lo fu davvero, una vera scelta politica.
Avvenne infatti che il Pci, che a sua volta si trovava
in diffi coltà con un suo giornale, Vie Nuove, propose
all’Udi di unire le due testate, immaginando che la
somma dei due giornali e del loro pubblico, avrebbe
potuto risolvere la situazione economica. Il Pci già
da anni puntava su Noi Donne come canale attra-
verso il quale attrarre alla politica le donne. Cinghia
di trasmissione, venivano chiamati questi giornali
e queste organizzazioni. In realtà però Noi Donne,
pur collocandosi come altre testate e come la stessa
Udi, nell’area di sinistra, almeno a partire dai primi
anni ’50, forte di una redazione intelligente e curio-
sa delle idee nuove che cominciavano a circolare nel
mondo delle donne, sosteneva una sua linea molto
autonoma, molto moderna, anticipava temi e cam-
pagne dei quali si sarebbe parlato molti anni dopo.
Dunque, l’Udi e la redazione di Noi Donne rifi uta-
rono, rinunciando al modesto contributo che da
qualche anno ricevevano dal partito, e decisero di
fondare una cooperativa. Un’impresa speciale, non
di soli giornalisti, ma “di chi scriveva, chi distribui-
va, chi leggeva il giornale”. Una sorta di movimen-
to che si stringeva intorno al “suo” giornale. L’idea
funzionò. La Cooperativa si chiamò Libera Stampa
e raccolse in pochi mesi oltre ventimila socie e soci.
Probabilmente molti considerarono l’iscrizione
qualcosa come una sottoscrizione. In realtà l’inten-
zione era di costruire un’impresa cooperativa vera e
propria, con le sue sezioni soci, l’assemblea annuale
che discuteva il bilancio e nominava un Consiglio di
Amministrazione. Una scelta ambiziosa e lungimi-
rante che ha consentito alla rivista di continuare la
sua strada originale, confrontandosi con problemi e
opportunità del mercato e con i cambiamenti socia-
li e culturali dagli anni ’70 ad oggi.
da 70 anni NOIDONNE guarda al futuro
Il giornale che si fece impresa
di Marisa Ombra
Monica Vitti,
copertina, n. 36,
settembre 1962
Coopera tiva,
n.18, maggio 1969
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