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Numero 10 del 2014

Occhio alle (De)Generazioni


Foto: Occhio alle (De)Generazioni
PAGINA 23

Testi pagina 23

21Ottobre 2014
di parentela almeno un anziano per 12 anni. Una qua-
rantenne nata nel 1970 può invece condividere la cura
di bambini e anziani con soli altri 5 adulti e ha almeno
un anziano nella rete di parentela per 22 anni. È chia-
ro che si tratta di una criticità demografi ca e di cura
che sta già avendo, ma che avrà sempre di più, delle
conseguente importanti non solo sulla qualità di vita e
sulla fatica delle donne, ma anche sulla loro possibilità
di mantenere un’occupazione e di contribuire allo svi-
luppo economico e sociale del paese. Che fare? Cer-
tamente un maggiore impegno familiare da parte degli
uomini sarebbe auspicabile, ma è innegabile che le
dimensioni epocali di questo problema chiamano in
causa il ruolo cruciale delle politiche per il welfare.
Paradossalmente, infatti, nel momento in cui si mettono
in discussione le risorse per il welfare, se ne manifesta
il massimo bisogno sociale, soprattutto da parte delle
donne. Si tratta di un problema che, producendo del-
le conseguenze negative sulle dinamiche occupazio-
nali, obbliga a rivalutare le politiche di welfare come
indispensabili per lo sviluppo economico e sociale, e
quindi a rivederne l’ordine di priorità che fi no ad oggi è
stato loro attribuito. È quindi molto importante che, tra i
primi segnali di rinnovamento che si sono potuti osser-
vare, molte giovani donne abbiano avuto di recente la
possibilità di accedere a posti di rilievo nella politica e
nelle cariche pubbliche. Questo progresso avrà però
una ricaduta positiva per la nostra società solo se tali
nuove responsabilità sapranno cogliere adeguatamen-
te la dimensione dei nuovi problemi sociali e avranno
forza e impegno suffi ciente per dare alle politiche per il
welfare il ruolo preminente che meritano. ?
Giovanna Badalassi, Well_B-Lab*
di Cristina Melchiorri
STRATEGIE
PRIVATE
Sono Simona, sono stata assunta da qual-
che mese in una grande società internazio-
nale e non mi sono ancora abituata all’aria
di forte competitività e tensione che si re-
spira. Nonostante sia un’azienda america-
na, noto che gli uomini sono molto più ag-
gressivi e le donne più concilianti. Pensavo
che la cultura anglosassone fosse più pa-
ritaria.. io come posso farmi valere senza
forzare la mia mite personalità?
Simona Grassini, Bergamo
Cara Simona, vincere è un approccio che viene
più facile agli uomini che non alle donne. Que-
sto è ancora il risultato dei giochi dell’infanzia
e dell’adolescenza. Giocando a tennis due ra-
gazze spesso palleggiano, due ragazzi giocano
sempre una partita. Nei giochi maschili solo i mi-
gliori vanno in campo, gli altri restano in panchi-
na. Essere scelti è già parte dell’abilità di gioco
e i maschi si abituano subito a mostrarsi com-
petenti, oltre che ad esserlo. Nel lavoro, l’equi-
valente del palleggio è svolgere correttamente il
proprio compito. Ma questo non aiuta le donne a
fare carriera. Occorre una certa dose di forza e di
determinazione, accettando di scontrarsi con al-
tri e con la propria stessa riluttanza a competere.
Mi ricordo una skipper di barca a vela, che ripor-
tava questa esperienza: ”Ogni volta che chiedo
ad un nuovo componente dell’equipaggio di fare
una manovra sono certa che farà di tutto per di-
mostrare di saperla fare. Piuttosto che chiedere
consiglio tenterà qualunque cosa. Molti uomini
preferiscono sbagliare piuttosto che ammettere
di non saper fare. Ma questo può essere perico-
loso su una barca. Nella stessa situazione, una
donna mi chiederà come fare, anche se consce
la manovra alla perfezione. Cerca una conferma,
una rassicurazione. Ma questo atteggiamento
può rivelarsi altrettanto pericoloso, perché ci
sono situazioni che richiedono un intervento im-
mediato. E, se una donna esita, sarà un uomo
anche con minore esperienza e capacità ad agi-
re al suo posto”. Messaggio ricevuto?
GIOCA
PER VINCERE
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