Numero 10 del 2016
Quelle che il potere. Donne ai vertici
Testi pagina 19
17Ottobre 2016
SE SON LEADER
FIORIRANNO
scelte. Un cambiamento “concesso” dagli stereotipi sulle
donne socialmente riconosciuti e accettati: la capacità di
relazione, di negoziazione, di interazione, l’empatia, l’in-
tegrità morale. Tutte caratteristiche femminili che riguardano
però la forma e il modo con il quale si fanno le cose.
Non si avvertono invece, fi nora, particolari cambiamenti nella
sostanza delle decisioni.
Certamente è troppo presto.
Viene da pensare, però, che queste leader siano troppo isola-
te e che non abbiano ancora abbastanza sostegno dalla col-
lettività o dai loro stakeholders, per poter davvero cambiare la
sostanza delle cose ed essere profondamente innovative o,
persino, rivoluzionarie.
Finora queste donne, per arrivare, hanno infatti avuto bi-
sogno dell’appoggio dell’aristocrazia maschile già al po-
tere, sposandone le priorità, i valori e gli interessi, garan-
tendo, in qualche modo, affi dabilità, spesso “nonostante”
il fatto di essere donne. È stato un passaggio inevitabile,
altrimenti non sarebbero diventate leader, che adesso ri-
schia però di farne perdere la specifi cità femminile.
In questo processo manca infatti qualcosa. Un leader è
tale in quanto si pone in una posizione di relazione con
la collettività che deve guidare. Senza di questa non è a
capo di nulla nella sostanza, ma occupa solo una carica
formale investita dall’alto.
Ecco, forse, prima di pensare a cosa stanno ottenendo
queste nuove leader, si dovrebbe invece rifl ettere su quale
tipo di appoggio da parte della collettività, soprattutto di
donne, queste possono contare. Nella società non si av-
vertono, insomma, particolari tensioni femministe che pre-
tendano dalle loro rappresentanti un cambio di prospettiva
nei valori e nelle scelte.
Siamo quindi a metà percorso. Abbiamo sempre più
donne leader, ma non abbiamo ancora un movimento
abbastanza forte e incisivo di donne che le sostenga-
no. Più che guardare in alto occorre quindi osservare, for-
se, quello che (non) succede in basso.
Per avere donne veramente leader, c’è infatti bisogno che
tutte le altre le sostengano e diano loro un mandato chiaro
e consapevole, frutto di un dibattito pubblico sui contenuti
e su nuove consapevolezze.
Occorre dunque ridefi nire il potere pubblico al femmi-
nile davvero e in profondità, stabilendo quali valori e
principi le donne vogliano apportare nella collettività
e quali donne sono più adatte a rappresentarli. E poi
occorre sostenerle fi no in fondo perché si affermino.
Ricordandoci, sempre, che il vero valore aggiunto delle
donne in politica dovrebbe essere quello di sostenere una
maggiore attenzione al benessere di tutti, rimettendo nel
giusto ordine di importanza le persone rispetto ai mezzi. ?
di Cristina Melchiorri
STRATEGIE
PRIVATE
Sono Patty, ho trenta anni e fi no dai tempi del liceo mi
ha appassionato la politica. Che si trattasse di parteci-
pare alle iniziative degli studenti per migliorare qual-
cosa a scuola o a iniziative di partiti e associazioni ero
sempre in prima fi la per organizzare incontri e dire la
mia. Ad un certo punto mi sono accorta che ero consi-
derata intelligente e utile, ma un po’ “maestrina” e ar-
rogante e comunque non candidabile al ruolo di capo.
Lottare e competere mi pesa, che faccio?
Patty Livreri (Monza)
Cara Patty il mondo non è pronto per l’ambizione delle
donne! Pensa alla cultura che offre al pubblico il cine-
ma americano, quando rappresenta donne in corsa per
nomine prestigiose: si tratta tra l’altro di donne diventate
famose in quanto mogli del precedente titolare del ruo-
lo... Hai presente Claire Underwood di House of Cards
o Alicia Florrick di The Good Wife? Donne che, stanche
di fare la fi rst lady, si candidano alla poltrona principale,
ma per la loro ambizione diventano antipatiche e ver-
ranno punite per la loro arroganza. Intendiamoci: atteg-
giamenti che in un uomo non farebbero alcun effetto
perché si danno per scontati in chi detiene o ambisce
al potere, nella donna disturbano. È gradito nella donna
un ruolo più organizzativo, di supporto, diciamo ancilla-
re, ma non da boss. E l’aggressività che in un uomo di
potere o che ambisce ad averlo si dà per scontata, nella
donna disturba. In fondo, non sfugge a questo tratta-
mento dell’opinione pubblica neppure Hilary Clinton...
non credi? Cosa posso consigliarti? Ti pesa compete-
re? Ma tu hai paura di perdere o hai paura di vincere?
Spesso le donne temono entrambe le cose. Il piacere
della vittoria non è mai completo per una donna, perché
fi n da piccola viene educata a non ferire gli altri. Ma se ti
preoccupi che chi hai sconfi tto non ti guarderà più con
simpatia, resterai indietro. Imparare a competere per
vincere signifi ca anche accettare il disagio e il malcon-
tento di chi perde. Nella nostra cultura la competizione
non è femminile, soprattutto se si tratta di dimostrare
maggiori capacità di un uomo. L’imperativo culturale
per una donna è far sentire gli uomini forti, non di evi-
denziarne le debolezze. L’aggressività che serve alla
donna per vincere è malvista. Ma se vuoi vincere devi
anche voler sconfi ggere gli altri. In una competizione
ci sono sempre vincitori e vinti. Quindi persisti nella tua
ambizione, non lasciarti demotivare o fermare da luoghi
comuni o da furbacchioni che li usano per metterti da
parte. E’ necessario cambiare alcune “regole” attuali,
perché sono carenti e a volte ingiuste. Ma sono ferma-
mente convinta che le regole si possano cambiare solo
da una posizione di potere. Più donne varcheranno la
soglia del comando nel mondo del lavoro, nella politica,
nelle istituzioni, più facile sarà riscrivere le regole che ci
governano. In meglio!
POTENTI,
MA NON TROPPO
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