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Numero 10 del 2016

Quelle che il potere. Donne ai vertici


Foto: Quelle che il potere. Donne ai vertici
PAGINA 11

Testi pagina 11

9Ottobre 2016
Il fi lo verde
di Barbara Bruni
UN SOSTITUTO ECO PER LA PLASTICA
Presto le confezioni di plastica per gli alimenti
potrebbero diventare un ricordo, sostituite dalle
pellicole ottenute con le proteine del latte, che non
inquinano e che si possono perfi no mangiare. Gli
imballaggi di nuova generazione sono stati messi
a punto dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati
Uniti e presentati a Philadelphia, nel congresso della
Società Americana di Chimica. E se ad oggi il sapore
non è ancora un granché, presto con l’aggiunta di
qualche altra sostanza nutriente potranno diventare
anche appetitosi!
SPIGHE VERDI 2016
Buone notizie per ben 13 località rurali che potranno
fregiarsi del titolo di “Spighe Verdi 2016”. Un
vessillo, simile alle “Bandiere blu”, che monitorerà
e certifi cherà i processi virtuosi dei comuni rurali.
L’iniziativa di FEE Italia e Confagricoltura, si pone
come effi cace strumento controllo e di certifi cazione
del territorio rurale italiano. L’obiettivo è promuovere
un uso corretto del suolo, l’innovazione in agricoltura,
fornendo al contempo criteri utili e indicatori per
migliorare la gestione all’ambiente, tra cui: la presenza
di produzioni agricole tipiche, la qualità dell’offerta
turistica; l’esistenza e il grado di funzionalità degli
impianti di depurazione; la gestione dei rifi uti;
la valorizzazione delle aree naturalistiche e cura
dell’arredo urbano. L’iniziativa, nella sua prima
edizione, ha premiato Toscana e Campania come le
due regioni con il maggior numero di riconoscimenti
(Castellina in Chianti, Massa Marittima e Castagneto
Carducci in Toscana; l’Agropoli, Positano e Pisciotta in
Campania). Una sola “Spiga Verde” per ognuna delle
restanti regioni che hanno partecipato all’iniziativa:
Serralunga di Crea (Piemonte), Lavagna (Liguria),
Caorle (Veneto), Matelica (Marche), Montefalco
(Umbria), Ostuni (Puglia) e Ragusa (Sicilia).
STOP AGLI SPRECHI NEI RISTORANTI
Niente più cibo sprecato nei ristoranti di Parigi,
Londra e Berlino con “Too good to go”, l’App creata
in Danimarca che consente di comprare, a prezzi
vantaggiosi, le pietanze invendute nei bar e nei
ristoranti. Direttamente dall’applicazione, gli utenti
possono ordinare le pietanze del giorno a prezzi
scontati (dalle 2 alle 3,80 sterline in Inghilterra, pagate
comodamente con carta di credito) e poi ritirarle
direttamente nei locali superati gli orari di pranzo e
cena. “Mangia bene, risparmia e salva il Pianeta” è
l’essenza dell’App, che porta vantaggi a ristoratori,
cittadini e che contribuisce alla lotta agli sprechi
alimentari. Durante l’ordinazione i clienti possono
perfi no donare una sterlina/euro per offrire un pasto a
chi è in diffi coltà.
dovrà essere sminuita
o, quanto meno, re-
legata ai margini:
questo è il com-
pito dell’iniziazione
al patriarcato che, se
riesce, impianta nella
psiche comportamenti
estranei alla loro natura.
Ragazze più resilienti resisteranno
alle pressioni per separare le loro
menti dai loro corpi, i pensieri dalle
emozioni, se stesse dalle relazioni;
altre, più timorose, soffocheran-
no quella voce autentica che nella
nostra cultura non ha la dignità di
essere, commettendo quello che
Virginia Woolf chiama “l’adulterio
del cervello”, intendendo con ciò il
tradimento del proprio pensiero.
Vi è anche chi, come la psicoana-
lista Teresa Bernardez, è giunta a
parlare di un recupero della rabbia.
In Women and Anger sottolinea, in-
fatti, che la condanna culturale del-
la rabbia si è tradotta per le donne
in una inibizione psicologica che
impedisce atti di ribellione, con il
risultato di renderle complici del-
la loro miseria. Se messa a tacere,
concorre all’insorgere della depres-
sione, mentre la sua manifestazione
appare come “la risposta coscien-
te di fronte all’ingiustizia subita e
ai lutti sostenuti”. Ebbene, appare
ispirato ad un’autentica rabbia il
gesto di una donna coraggiosa - la
cui immagine è stata trasmessa dal
telegiornale - che calpesta il burka
gridando:”Noi non abbiamo onore?
Noi siamo gente d’onore!”. A signi-
ficare che l’onore sta nella propria
dignità finalmente rivendicata.
Qualcosa sta dunque cambian-
do. Queste immagini ci parlano di
“donne che diventano persone”: in
troppi paesi esse sono ancora prive
dei mezzi di sostegno indispensa-
bili all’esercizio di funzioni fonda-
mentalmente umane, non godono
di piena eguaglianza di fronte alla
legge, non possiedo-
no gli stessi diritti
- di proprietà, di
stipulare contrat-
ti, di associazione,
di movimento - di cui
godono gli uomini.
Contro gli eccessi del
relativismo culturale, che
in nome delle tradizioni giustifica le
peggiori oppressioni - dalla violenza
domestica alle mutilazioni genitali -
dovremmo allora ricordarci che i co-
stumi culturali non possono andare
contro i modelli generali di giustizia.
Rispettare le persone significa criti-
care la tradizione che le opprime, le
tratta con disprezzo e nega loro i di-
ritti civili e politici.
Si è più volte affermato che le donne
sono il cardine del possibile cambia-
mento dell’Islam: in effetti, nella loro
condizione si riflettono, con partico-
lare evidenza, le contraddizioni della
modernizzazione, specie i conflitti
tra i vecchi costumi e i nuovi diritti.
In tal senso esse rappresentano una
forza di cui in Occidente non siamo
sempre consapevoli e che occorre-
rebbe sostenere in una prospettiva
davvero universalistica.
Per questo le siriane di Manbij devo-
no essere ascoltate nel loro insop-
primibile desiderio di libertà e di-
ventare “la nostra bandiera”. Penso
ad un’altra immagine in cui le donne
avanzano a volto scoperto tenendo
in braccia due bimbi in fasce. Un’im-
magine, certo, di cura materna ma
anche di speranza in un avvenire in
cui la cura possa diventare un valo-
re di tutti, riassumendo il significato
centrale che dovrebbe avere nella
nostra vita.
I DIVIETI E LA RESISTENZA
DELLE DONNE
GLI ECCESSI
DEL RELATIVISMO
CULTURALE IN NOME
DELLE TRADIZIONI
GIUSTIFICANO LE PEGGIORI
OPPRESSIONI DELLE DONNE,
MA I COSTUMI CULTURALI
NON POSSONO ANDARE
CONTRO I MODELLI
GENERALI DI
GIUSTIZIA
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