Numero 7 del 2011
Andamento lento
Testi pagina 10
gò n.0. A
É
É
É
PARLIAMO DI BIOETICA
SPORT E DOPIN G.
EDUCARE
PER PREVENIRE
o sport è uno dei fenomeni più rilevanti del no-
stro tempo sia sul piano sociale che su quello
economico. Praticato direttamente, da pro-
fessionisti e da “amatoriâ€, o vissuto come
spettacolo, lo sport può assolvere importanti
funzioni: ludica, culturale, sanitaria, formativa, sociale.
Quella che, spesso, sfugge è la dimensione etica dello sport.
Pochi, rispetto ad altri settori, sono, infatti, gli studi di eti-
ca applicata che finora se ne sono oc-
cupati. Eppure, i valori morali sono fon-
I‘dn A
n.0. A
Roberta Gelli*
Istituto Italiano di Bioetica
www.istitutobioetica.0rg
in quanto tale, anche a “ogni costoâ€; la non competitivi-
tà come valore. Nel primo caso, si producono condizioni
“professionistiche†precoci e di stress difficilissime da ge-
stire per un adolescente. Se questi viene avviato al pro-
fessionismo, la performance diventa ulteriormente in—
combente. Il giovane atleta non è più solo una fonte di pre-
stigio, ma un “investimento†economicamente produtti-
vo per la famiglia e per la società sportiva cui appartiene.
I “cattivi maestri†disposti a interveni-
re con l’ â€aiutino†per migliorare la
dativi della pratica sportiva sia profes— LA PRATICA SPORTIVA prestazione, talvolta con la benevola ac—
sionistica che amatoriale. Il fair play ne (ANCHE QUELLA condiscendenza delle famiglie, sono
costituisce una sintesi in quanto ri- sempre in agguato. Nel secondo caso,
chiede onestà , franchezza, atteggia- AMATORIALE) si producono deresponsabilizzazio-
x
mento fermo e dignitoso nei confron-
ti di chi trasgredisce le regole, rispetto
per compagni di squadra, avversari, ar—
bitri, pubblico, società sportive.
La dimensione etica dello sport è,
oggi, messa a rischio dall’espansione
quantitativa e qualitativa del doping. Il
E SEMPRE UNA SFIDA
CHE SI FONDA SULLA
CONSAPEVOLEZZA
DEI NOSTRI LIMITI
E SULLA VOLONTÀ
ne, rifiuto del confronto con se stessi
e con gli altri. La pratica sportiva
(anche quella amatoriale) è sempre una
sfida che si fonda sulla consapevolez-
za dei nostri limiti e sulla volontà di mi-
gliorarli anche attraverso quella par—
ticolare forma di relazione che è l’ago-
fatto che atleti di altissimo livello, di- DI MIGLIORARLI nismo. P. De Coubertin, in realtà , af-
rigenti sportivi, medici, ecc., conti— ANCHE ATTRAVERSO fermò che l’importante è non la vittoria
nuino a risultare recidivi, nonostante la in sé, ma lottare lealmente per otte-
sanzione della squalifica a vita, è una di- QUELLA nerla. Tutt’altro, dunque, che la par-
mostrazione di quanto tale pratica sia
radicata e difficile da estirpare.
Poiché il fenomeno è molto diffuso, a
cominciare dai settori giovanili, è di fon—
damentale importanza che gli adole-
scenti inizino la loro pratica sportiva
con un approccio che ponga al centro la dimensione eti-
ca ed educativa. Le famiglie e gli allenatori, nelle loro ri-
spettive funzioni, sono investiti di una responsabilità di cui,
troppo spesso, non risultano pienamente consapevoli. I ge—
nitori tendono a veicolare due stereotipi della pratica spor-
tiva opposti, ma entrambi diseducativi: l’iper—agonismo (tal-
volta incentivato dagli allenatori) con la ricerca del successo
noidonne | luglio—agosto | 2011
PARTICOLARE FORMA
DI RELAZIONE
CHE E L’AGONISMO
tecipazione disimpegnata.
Queste due polarità del modo di ap-
procciare la pratica sportiva eviden-
ziano un elemento comune: evitare la
frustrazione da mancata prestazione
con le sue eventuali conseguenze (nel
caso del professionismo anche quelle economiche) rifiu—
tando o falsando, attraverso pratiche illecite, il confronto
leale, ad armi pari, con gli altri. Questo contribuisce spie-
gare la diffusione del doping anche fra coloro che “rifiu—
tano†l’agonismo ( pur volendo praticare uno sport) e fra
gli “amatoriâ€.
Di fronte alla gravità del fenomeno doping, il Comitato Na-
n.0.