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Numero 10 del 2016

Quelle che il potere. Donne ai vertici


Foto: Quelle che il potere. Donne ai vertici
PAGINA 10

Testi pagina 10

8 Ottobre 2016
“Le donne libere diventeran-no la nostra bandiera”.Queste le parole con cui
lo scrittore Marek Halter, da tempo
impegnato per promuovere la pace
in Medioriente, ha commentato le
immagini delle siriane di Manbij. Ecco
una donna che si toglie il velo, un’altra
che abbraccia una militante kurda in
divisa, una donna anziana che chiede
una sigaretta e fuma ostentatamente,
non certo per il desiderio di fumare
ma perché intende disobbedire a un
divieto che avrebbe comportato un
tempo una punizione esemplare. Le
immagini che scorrono davanti ai no-
stri occhi non potrebbero essere più
esplicite: ci parlano di una vera e pro-
pria sfida ai divieti imposti da un or-
dine patriarcale ormai violato. Gesti,
dunque, di autentica ribellione che mi
hanno richiamato alla mente le parole
con cui una celebre psicologa, Carol
Gilligan, nel suo testo più recente, La
virtù delle resistenza, invita le donne
a coltivare una virtù oggi, anche nel
nostro paese, particolarmente ne-
cessaria. Il suo appello è, appunto, di
resistere, di non cedere. Per troppo
tempo il carattere femminile è stato
associato a tratti quali la passività, la
docilità, la sottomissione: una vera
e propria ‘iniziazione sociale’ che
induce, fi n da adolescenti, ad inte-
rorizzare un modello di femminilità
che spinge al conformismo e, talora,
al sacrifi cio dei propri diritti, anzi-
ché all’apertura mentale e al pen-
siero critico.
La splendida frase finale di Re Lear:
“dire quello che sentiamo dentro,
non quello che dovremmo”, più vol-
te citata, diviene in tal senso emble-
matica del suo invito a rifiutare un’i-
niziazione che comporta il sacrificio
del mondo delle emozioni e dei sen-
timenti in nome di un’idea astratta
di ragione. Resistere alle dicotomie
prescritte e imposte socialmen-
te - ragione ed emozione, mente e
corpo, sé e relazioni - significa tut-
tavia manifestare una voce che non è
necessariamente piacevole
e può creare problemi
in famiglia, nella scuo-
la e nella comunità.
Di conseguenza le
ragazze tendono
a soffocarla, vi-
vendo un forte confl itto tra la loro
capacità intuitiva e una cultura che
vieta loro di essere intuitive, tra
l’empatia e il desiderio di relazioni
e una società che premia l’autosuf-
fi cienza.
Perché le donne sono chiama-
te alla resistenza? Contro chi? In
nome di che cosa? “Resistere,
prendersi cura, non cedere”. Il
sottotitolo del libro indica chiara-
mente il carattere militante dell’o-
pera e la crucialità del tema della
cura come asse portante dell’intera
argomentazione. Da qui l’invito alla
“resistenza” da intendersi nei suoi
molteplici significati: resistenza al
disagio, resistenza politica, che è
dire la verità di fronte al potere -
e Gilligan è memore del peso della
disubbidienza civile nella tradizione
anglosassone, a partire da Thoreau,
fino ai movimenti di protesta degli
anni ’60 e ‘70 - ma anche resistenza
nella sua accezione psicoanalitica,
che implica la resilienza, la capaci-
tà di amare e vivere preservando la
propria integrità contro le scissioni
caratteristiche della logica binaria
del patriarcato. È infatti nell’ado-
lescenza che le ragazze subiscono
le maggiori pressioni a considerare
la voce del padre come la
voce stessa dell’auto-
rità morale e a vivere
secondo tale legge.
Se la capacità di
sentire l’altro è in-
nata, tale capacità
di Luisella Battaglia
Istituto Italiano di Bioetica
www.istitutobioetica.org
I DIVIETI E LA RESISTENZA
DELLE DONNE
LA CULTURA
PATRIARCALE ASSOCIA
IL CARATTERE FEMMINILE
ALLA DOCILITÀ E ALLA
SOTTOMISSIONE
E LE DONNE TENDONO
AD INTERIORIZZARE
UN MODELLO
DI PASSIVITÀ
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