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Numero 5 del 2007

Happy new family


Foto: Happy new family
PAGINA 9

Testi pagina 9

Che un figlio torni da scuola con un li-vido o una sbucciatura, conseguenze
di qualche bisticcio infantile o di qualche
ruzzolone durante una corsa, è cosa che
capita. Ma non è mai capitato che un
alunno dovesse ricorrere al Pronto Soccor-
so per una ferita alla lingua procuratagli
dalla forbici della maestra. Eppure questa
brutta esperienza è toccata a un bambino
delle elementari colpevole di essere troppo
vivace e turbolento. Non è, purtroppo, un
caso isolato: la cronaca ci racconta ogni
giorno che, da qualche parte del nostro
Paese, una insegnante ha perso la testa.
Ha legato gli scolari ai banchi. Ha tappa-
to loro la bocca con lo scotch, non li ha
fatti andare al gabinetto, ha ferito la loro
dignità e la loro integrità fisica in modi
diversi. Gli alunni non sono da meno in
quanto a violenza, specie quelli delle
classi superiori che dovrebbero essere più
maturi e responsabili dei bimbetti delle
elementari, brillano per la loro inventiva
nell'organizzare scherzi e beffe feroci con-
tro chi sta in cattedra e, forti delle loro co-
gnizioni tecniche, mettono il risultato del-
le beffe su Internet. Spogliarelli di uno o
più studenti, palpeggiamenti della giova-
ne professoressa, danze frenetiche fra i
banchi, bottiglie o altri oggetti lanciati
verso la cattedra, spinelli fumati spudo-
ratamente in aula; molti docenti sono co-
stretti a ricorrere al Pronto Soccorso e a
farsi ricucire delle ferite. In casi simili, nel
passato, al di là di misure più repressive,
come la sospensione, il sette in condotta o
addirittura l'espulsione dei colpevoli, si
sarebbero chiamati i genitori quali alleati
nell'educazione dei figli e nella correzione
dei loro errori. Ma farlo oggi non è consi-
gliabile, anzi potrebbe essere fonte di ri-
schi. Padri e madri più violenti dei figli
pare reagiscano con male parole se non
con calci e pugni e insensate zuffe: guai a
mettere in dubbio la loro qualità di edu-
catori e l'intelligenza dei figli. Se hanno
fatto qualcosa di sbagliato sarà stato per
una provocazione, perché l'insegnante è
troppo duro, troppo esigente, non capisce
i giovani, incapace di stimolare il loro in-
teresse, doveva fare un altro mestiere…
Così, fra professoresse sull'orlo di una
crisi di nervi e madri manesche - la scuo-
la è un luogo soprattutto femminile - con
messaggi diversi e contrastanti, prove-
nienti dalle cattedre o dalle famiglie, do-
vrebbero crescere educati e sereni i ragaz-
zi che saranno i cittadini di domani. Ma
entrambi, insegnanti e genitori sono op-
pressi da troppi mali per poter svolgere
con interesse e competenza il loro compi-
to. Precari e mal pagati a volte fino all'e-
tà matura, pungolati da una didattica
nuova quanto cervellotica, si sentono so-
cialmente sottovalutati: è molto alto il
numero di coloro che accusano disturbi
del sistema nervoso o turbe psicologiche.
Non è un caso che il ministro del lavoro
Damiano abbia proposto di inserire l'inse-
gnamento fra i lavori più usuranti. D'al-
tra parte, anche la famiglia ha i suoi guai.
Non ci sono abbastanza soldi per vivere il
presente e progettare il futuro, non c'è
tempo per occuparsi di ogni cosa, soprat-
tutto di parlare con i figli, ascoltarli. I ser-
vizi pubblici, la burocrazia degli uffici, gli
orari dei negozi e degli asili complicano
la vita. E' facile che i soli valori che ven-
gono trasmessi siano quelli della soprav-
vivenza, delle furbizia, della forza mu-
scolare. Il peggio di noi, come insegnanti
e come madri, può essere trasmesso come
una malattia genetica se società civile,
scuola e famiglia non troveranno un ac-
cordo e parleranno lo stesso linguaggio.
C'è di buono che questa malattia genetica
non è di quelle mortali e si può guarire.
Come? Facendo leva sul meglio di noi.
Quella maestra che va verso la scuola
convinta che il suo, come ci ha detto una
giovane appena laureata, sia " il mestiere
più bello del mondo", quella madre che
lascia i piatti da lavare per aiutare il fi-
glio a fare i compiti o per ascoltare quali
sono le cose che lo emozionano o lo tur-
bano.
noidonne maggio 2007 9
Giuliana Dal Pozzo
Il banco della discordia
Il peggio e il meglio di noi
la scuola: un disastro che cela tanti piccoli/grandi tesori
Chi fra noi donne non è mai rimasta intrappolata nei circoli viziosi della mente, rimuginando a lungo su un'of-
fesa ricevuta o su uno sgarbo di troppo , arrovellandosi inutilmente e perdendosi in un labirintico percorso
di colpe, autoaccuse e frustrazioni? Elucubrare e ruminare sono le due efficaci espressioni che creano una sor-
ta di dipendenza alle soglie della patologia e che a lungo andare impediscono di risolvere lucidamente un pro-
blema, arrivando a compromettere la propria personale serenità. Eppure non è semplice ritrovare l'equilibrio
tra ragione e sentimento. Perché è poi di questo che si tratta: un eccesso di pensiero uccide l'adesione al pre-
sente perché non si vive il "qui ed ora" e d'altro canto sotto stress è quasi scontato cadere nella trappola del
ripensamento continuo a situazioni guarda caso spiacevoli o distruttive. Sono autentiche sabbie mobili quel-
le della ruminazione ossessiva in cui le donne scivolano più facilmente degli uomini per un'emotività incontrollata o per una serie di insicu-
rezze autolesionistiche difficilmente controllabili. Non a caso ciò accade quando possiamo dedicarci quei ritagli di tempo così ansiosamente
inseguiti tra mille attività che, anziché ritemprarci e insediarci tra le mura della nostra interiorità, minano tranquillità e benessere. E' noto a
tutti che una componente cruciale del vivere sano è non permettere che le emozioni negative si impossessino della nostra vita e minino i no-
stri sforzi personali. Quando siamo tristi, il cervello è come inondato di pensieri malinconici, sospetti eccessivi, ricordi viziati che rallentano
la vita mettendola sotto una coltre di passività letale. Quasi una disistima per tutto ciò che si ha intorno. Inutile dirsi che è meglio smettere
di impastare i propri pensieri facendoli lievitare intorno a piacevoli occupazioni, eventi gratificanti o semplicemente indugiando a smettere di
crucciarsi per inutili quisquilie. Ad alcune basta immergersi in un libro o in un film, per spezzare la morsa della ruminazione ossessiva. Altre
trovano nel lavoro al contempo una grande distrazione e una fonte di autostima. Anche l'aiuto a chi è meno fortunato di noi può sviluppare
una concreta azione sociale di volontariato che valorizza il nostro essere nel mondo, a prescindere poi da ciò che effettivamente si fa. In-
somma lungi dai risentimenti inutili e dalle acidità che inquinano il nostro benessere, viviamo con pienezza le nostre giornate, trascorrendo
più tempo in compagnia di noi stesse, tranquillamente e ascoltando la nostra voce interiore. L'unica che non ci inganna mai
Pensare troppo
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