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Numero 6 del 2007

Bambini nel mondo sotto tutela


Foto: Bambini nel mondo sotto tutela
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Testi pagina 9

E' entrata molte volte nelle nostre case inquesti ultimi mesi: con discrezione e
uno sguardo amichevole dietro i suoi spi-
ritosi occhiali. Attraverso lo schermo tele-
visivo abbiamo seguito i suoi gesti e le sue
parole che ci sono sembrate quelle che
avremmo pronunciato anche noi. Parlava
di morte, di sangue, di delitto con tono
grave ma non sensazionalistico, quasi
avesse paura di ferire la donna che stava
difendendo dalla tremenda accusa di fi-
glicidio e la memoria del povero bambino
che un mattina di gennaio era stato ucci-
so nel lettone dei genitori.
Paola Savio era l'avvocato d'ufficio as-
segnato ad Annamaria Franzoni per la
sua difesa, dopo che si erano interrotti i
rapporti fra lei e altri famosi avvocati.
Quante volte, nel teatro o nel cinema, pro-
tagonisti come Sordi, Totò o Peppino De
Filippo ci hanno fatto ridere con la mac-
chietta dei difensori d'ufficio, rappresen-
tandoli come individui sonnolenti che
sanno solo appellarsi alla "clemenza del-
la Corte".
Ecco invece Paola Savio prendere l'im-
pegno molto sul serio. C'è poco tempo per
il nuovo processo in Corte d'Assise, ma i
mesi che la separano dalla prima udienza
li passa tutti a documentarsi sulla trage-
dia, a parlare con le persone coinvolte,
con l'imputata e a sfogliare carte e codici.
In aula appare subito diversa dall'im-
magine dell'avvocato aggressivo e senza
scrupoli che, con i pugni e con i denti, lot-
ta per evitare al suo assistito una pena se-
vera. Niente invettive o accuse indiscrimi-
nate, niente colpi di scena, niente rivela-
zioni frutto di indagini personali alla Co-
lombo. Si è sentito subito che il clima era
cambiato, che si poteva ragionare con
calma, con attenzione, con rispetto. C'era
una donna, la si giudicasse innocente o
colpevole, che per tutta la vita avrebbe
pagato la morte del figlio, c'era un bam-
bino ucciso in maniera atroce, e c'erano
dubbi, tanti dubbi sull'accaduto. Paola
Savio non aveva paura di affidarsi ai sen-
timenti. La sua voce, come scrive Berna-
nos nel suo "Diario di un curato di cam-
pagna", era quella delle donne impegnate
nella cura della famiglia: una voce che fa
addormentare i neonati, rassicura i soffe-
renti, incoraggia i delusi delle vita, addol-
cisce l'agonia dei moribondi.
Due successi ha ottenuto la linea di-
fensiva dell'avvocatessa Savio: quello di
sgombrare il terreno da ogni traccia di ve-
leno e quello di riuscire a far quasi di-
mezzare la pena inflitta ad Annamaria
Franzoni. Ma il miracolo vero, comunque
finiscano le cose, e la Cassazione ricono-
sca definitivamente l'imputata innocente
o colpevole, è stato quello di vedere ac-
canto al volto severo anche il volto uma-
no, quasi affettuoso della legge. Nella fa-
se finale del processo si sono sentite paro-
le nuove e la madre del piccolo Samuele
non è stata descritta come un mostro di
crudeltà e menzogna, ma semmai come
una donna esaurita e sola tutto il giorno
nella sua casa di montagna, che ha perso
il controllo dei suoi gesti per pochi, fatali
minuti.
Sperando in un estremo ravvedimento
o in un liberatorio ricordo, il Pubblico Mi-
nistero ha rivolto ad Annamaria Franzoni
un accorato appello a collaborare con la
giustizia, anche nel suo interesse, nei ri-
guardi della sua coscienza e della gravità
pena: "Lei ha diritto alla pietà, come ma-
dre che ha perso un figlio…Noi le voglia-
mo bene e gliene vorremo anche se sarà
giudicata colpevole". Alla fine dell'ultima
udienza, il Presidente della Corte d'Appel-
lo si è complimentato con la giovane av-
vocatessa d'ufficio per lo spirito nuovo
con cui aveva condotto la difesa. Con vo-
ce pacata, con voce di donna.
noidonne giugno 2007 9
Giuliana Dal Pozzo
C’è toga e toga
Il meglio di noi
la linea difensiva dell'avvocatessa Paola Savio
e il nuovo corso del processo per il delitto di Cogne
Ségolène perde ma continua la lotta. Mancano pochi minuti al verdetto. Ma lei sa già di aver perduto:
gli exit poll hanno cancellato la speranza in un miracolo dell'urna. Eppure serpeggia un invito comune
a mantenere intatte l'energia e la gioia dell'immensa unione popolare che l'ha accompagnato durante la
campagna elettorale. "Quello che abbiamo cominciato assieme dobbiamo continuarlo assieme" dice la
Royal, la cui sola candidatura ha rovesciato uno stereotipo storico, quello che una madre di quattro fi-
gli, evoluta, moderna, abbia scelto la politica non negandosi la maternità ma facendone un fondamen-
to di identità femminile. Io credo che Ségolène abbia fatto un passo in più rispetto al passato: non ha
aspettato di essere nominata da un uomo ma ha avuto l'audacia di candidarsi da sola. E mai nessuna donna aveva prima d'ora osato
tanto. E avranno modo di ricredersi oggi, quanto hanno irriso alle ambizioni della candidata, giudicandola troppo fragile, inesperta,
incapace di reggere alla durezza di uno scontro che da sempre è riservato al sesso maschile. E la nostra 'Segò' ha percorso il deserto
con il sorriso sulle labbra, instancabile e ferma, sempre disponibile al colloquio, all'incontro e all'ascolto degli elettori. E non è forse
senza senso che abbia voluto concludere la sua campagna elettorale a Parigi mischiandosi alle clienti di un grande supermarket, sof-
fermandosi a parlare con il personale, tutto femminile definite "le vere proletarie di questo secolo". La sua campagna elettorale è sta-
ta contraddistinta da una disponibilità paziente all'ascolto che potremmo definire un tratto molto femminile, che contraddice l'arro-
ganza esibita abitualmente come un segno di forza e autorevolezza da molti leader politici. Penso davvero che al di là dei suoi errori
Royal rappresenterà una figura in cui potranno identificarsi molte giovani donne alle prese con cronica sindrome di disistima. Le don-
ne, si sa, sono le prime a sottovalutarsi. E invece la sua audace determinazione serviranno da esempio. Anche perché, diciamocelo,
forse il mondo sta davvero cambiando: anche da noi. La standing ovation che ha salutato, all'ultimo congresso dei DS a Firenze, l'in-
tervento di Anna Finocchiaro ha avuto il sapore di un'investitura.
La fragilità femminile in politica
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