Numero 2 del 2015
Libere/i di scegliere: gay lesbo Lgbt - Speciale Rebibbia
Testi pagina 9
7Febbraio 2015
lo scandalo della povertà promuovendo strategie di conteni-
mento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri
in esseri addomesticati ed inoffensivi”. L’iniziativa di Bergoglio
di appoggiare chi sta sperimentando processi economici al-
ternativi al capitalismo, offrendo una sponda a realtà che fino a
ieri guardavano a sinistra, se da un alto crea la speranza di po-
ter contare sull’influenza della chiesa perché movimenti orga-
nizzati dal basso possano coinvolgere le strutture di governo,
dall’altro crea sconcerto e confusione in molti fedeli e religiosi.
Ma un papa anche solo schiettamente riformista, non rivolu-
zionario, spaventa molti di quelli che stanno in alto (nella Curia
e non solo) e preferiscono ignorare lo “scisma sommerso”che
ha svuotato le chiese. Forse si illudono di poterlo affrontare
riproponendo ai fedeli il modello agostiniano, ma Vito Mancu-
so li avverte con queste parole: “S. Agostino diceva che non
avrebbe potuto credere al vangelo se non l’avesse spinto l’au-
torità della chiesa cattolica … Oggi questo modello sta mo-
rendo, l’epoca della fede dogmatico-ecclesiastica che implica
l’accettazione di una dottrina e di un’autorità è ormai alla fine”.
E a chi teme che le riforme di Francesco possano inquinare
l’identità cristiana, il teologo replica così: “l’identità cristiana …
è ‘essere per’, prende senso solo nella relazione, così come il
sale ha senso solo in relazione al cibo e il lievito alla farina …
Il cristianesimo vive della logica della relazione con l’alterità e
tale logica lo spinge inevitabilmente verso la riforma”. Quanto
sia importante la prassi della relazione per la chiesa cattolica
papa Francesco l’ha ripetuto anche a maggio aprendo i lavori
alla C.E.I, dove ha sottolineato l’esigenza che i vescovi non
si fermino al piano “pur nobile” delle idee, ma sappiano en-
trare nella realtà con gesti concreti, offrendo un contributo ai
derelitti affinché trovino una via d’uscita dalla situazione che
li tormenta. Che vuol dire: creare intorno a sé una comunità,
valorizzare anche il ruolo dei laici, delle donne e dei giovani,
mettersi di fronte all’umanità sofferente nella sola veste di di-
scepoli di Cristo. Ma il suo richiamo alla “eloquenza dei gesti”
che testimoniano la rinuncia alla pompa, al potere, all’autismo,
unito all’elenco degli errori di cui i pastori sono chiamati ad
emendarsi, ha messo in evidenza la dissonanza tra Bergoglio
e una parte dei vescovi italiani. Che gli rimproverano sempli-
cismo, demagogia e scarsa profondità teologica. Parecchi si
sono rifugiati in un attendismo prudente, altri, ma pochi, sono
apertamente critici, anche perché oggi la popolarità di papa
Francesco è tale che molti conservatori non si permettono di
attaccarlo in modo manifesto e preferiscono rimanere inerti e
passivi in attesa di tempi migliori. Forse non conoscono o non
ricordano le parole di un giovane che il cardinal Martini ha rife-
rito nelle sue “Conversazioni notturne a Gerusalemme” : “Non
so che farmene della fede. Non ho nulla in contrario, ma cosa
dovrebbe darmi la Chiesa?”. b
“posso visitarla?”
“perché?”
Inizio di un dialogo tra una ginecologa, Maita, volontaria della
Fondazione Rava, a bordo della nave Etna in perlustrazione nel
Mediterraneo nei giorni precedenti il Natale per il recupero dei
profughi e una donna nigeriana di ventotto anni a termine di gra-
vidanza (da lei stessa comunicato ai soccorritori) che era stata
da poco recuperata assieme a un’altra figlia e altri naufraghi
che erano a bordo di un gommone in balia dei marosi.
Quel “perché” lascia per un momento interdetta la professioni-
sta, peraltro esperta nella comunicazione accogliente con lun-
ga ed eccellente esperienza (che posso testimoniare di perso-
na) di attività consultoriale, anche con donne immigrate.
“così potrei aiutarla a riconoscere quando spingere”, aggiunge
con dolcezza la volontaria.
La replica, asciutta, “io spingo quando lui spinge!”
La madre e la persona che nasce sono competenti nella fisio-
logia e non debbono essere disturbate. Anche nella situazione
di emergenza.
Chi arriva ad attraversare il Mediterraneo, su imbarcazioni di
fortuna, accettando la sfida mortale, ha passato per molti mesi,
se non anni, le vicissitudini più tremende. Sono persone forti.
Considerarle fragili è quantomeno superficiale. I volontari sono
costretti ad indossare ridicoli vestimenti per il rischio di infezioni.
Se ci fossero, quelle serie, li avrebbero fatti fuori molto prima di
arrivare a vedere il mare libico, quei profughi.
I motivi dell’emigrazione sono noti: la perdita di speranza di
sopravvivenza dignitosa nei luoghi in cui sono nati ed hanno
vissuto, a causa delle guerre e delle devastazioni promosse e
sostenute dalle potenze occidentali, per poter proseguire la ra-
pina delle materie prime, soprattutto quelle necessarie per lo
sviluppo tecnologico. Qualunque assetto sociale viene distrutto
così come le reti di sostegno, a partire da quelle sanitarie. La
lezione di ostetricia diviene lezione di vita: la consapevolezza
della propria competenza e delle competenze in relazione sono
la base di partenza per una vita sociale dignitosa.
La competenza a nascere e far nascere è il fondamento di tut-
te le competenze, vanno difese e denunciate come forma di
violenza tutte le azioni che tendono a mortificarle. In primis, lo
facciano le donne che hanno vissuto l’esperienza del percorso
della nascita associandosi nei gruppi di autoaiuto e prenden-
do la parola. A denunciare tutte le forme di mortificazione delle
competenze in gravidanza, al parto e in puerperio. A denuncia-
re come incompetenti tutti coloro che mortificano le competen-
ze e, pertanto, non meritevoli delle retribuzioni che provengono
dalle tasse. A denunciarli come colpevoli per i danni iatrogeni
procurati a breve, media e lunga distanza a causa dell’inibizio-
ne dell’espressione di competenze.
LEZIONE
DI OSTETRICIA
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