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Numero 4 del 2016

Europa (in)difesa. Barriere politiche e culturali


Foto: Europa (in)difesa. Barriere politiche e culturali
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Testi pagina 9

7Aprile-Maggio 2016
ne dello Stato italiano: ad esempio
può promuovere le leggi (legge 40)
o bocciarle (ddl Cirinnà). Ma questo
non avviene per caso. Vale la pena
ricordare quando, anni fa, Amato e
Bertinotti (allora autorità dello Stato)
esprimevano pubblicamente i loro as-
sillanti interrogativi in materia di fede
e quando Bersani a Rimini salutava il
pubblico di Comunione e Liberazione
chiamandolo “la meglio gioventù”.
È vero che “il viandante del terzo mil-
lennio è un pellegrino in un mondo
secolarizzato che ha smarrito le cer-
tezze antiche” (Alessandro dal Lago)
ma queste testimonianze (e non sono
state le sole) hanno contribuito ad
incrementare lo scivolamento peri-
coloso della classe politica verso la
mediatizzazione del discorso religio-
so secondo modalità scorrette. Infat-
ti, nonostante le ripetute promesse
di riformare la Rai, affidandola ad un
corpus di figure competenti che la-
vorano in autonomia, ancora oggi la
televisione persevera nel promuovere
un’offerta politico-culturale che ignora
la pluralità delle voci in ogni settore,
dunque anche in materia religiosa:
la schiacciante presenza politico-
mediatica della religione cattolica nei
palinsesti sta infatti a dimostrare che,
dopo la breve parentesi risorgimenta-
le, il principio di laicità, fondamento
della democrazia, è stato progres-
sivamente eroso nell’intento di com-
piacere la “chiesa del potere”, di as-
sicurarsi appoggi e… voti. Secondo
i dati pubblicati nel “V Rapporto
sulle confessioni religiose e tv”,
forniti a “Critica liberale” da Geco
Italia (la stessa società cui si rivol-
ge l’Agcom, dunque affidabili), nel
periodo tra il 1° settembre 2014 e
il 31 agosto 2015 la religione cat-
tolica ha occupato l’86 per cento
dei programmi di attualità, con la
presenza di un 82,5 per cento di
suoi rappresentanti; quasi 60 ore
sono state dedicate a programmi che
hanno trattato temi religiosi, ma solo
un’ora in tutto l’anno (1,6 per cen-
to) ha informato sugli scandali che
hanno colpito il Vaticano (pedofilia,
Vatileaks, illeciti finanziari); forte l’in-
cremento di trasmissioni dedicate a
miracoli, santuari, vite di santi ecc. Le
fiction religiose, decuplicate dal 2010
ad oggi, sono raddoppiate nell’ultimo
anno: da 311 a 603 per un totale di
487 ore, per esempio Rai2 da 19 a
282 ore, Rete4 da 22 a 56 (una preci-
sazione: il 91,9 per cento delle fiction
è sulla religione cattolica, il 6,8 per
cento su quella giudaico-cristiana, a
tutte le altre confessioni l’1,3 per cen-
to). Ai protestanti e agli ebrei sono
dedicate alternativamente, all’1,20
di notte la domenica e il lunedì, due
trasmissioni che vengono poi repli-
cate il lunedì mattina una settimana
dopo; ancor peggio per le religioni
che non sono praticate da italiani
autoctoni, come lo sono gli ebrei e
i protestanti: se vengono invitati nei
talk show gli ortodossi sono chiamati
soprattutto per esprimersi sulle pro-
blematiche legate alle badanti slave,
i musulmani per affrontare il tema del
terrorismo, i buddisti per commenta-
re la visita del Dalai Lama ad Assisi
(e l’argomento centrale diventa San
Francesco, non il buddismo). A parte
“Uomini e profeti” (l’unica trasmissio-
ne che non parla della “religione” ma
riflette in modo libero e problematico
sul tema religioso, in onda il sabato e
la domenica mattina per il pubblico
esigente e preparato di Radio Tre) è
grave l’assenza di argomenti che ri-
chiedono di essere affrontati da per-
sone acculturate in campo teologico
o filosofico. È vero che un gran nu-
mero di fedeli chiede ai religiosi ras-
sicurazione e conforto piuttosto che
approfondimenti accademici, ma poi,
paradossalmente, anche i cattolici
sono penalizzati dall’uso di privilegia-
re nei palinsesti non i valori di fondo
del cristianesimo, ma la cerimonia, la
messa e il personaggio carismatico.
Proprio oggi infatti, quando va allar-
gandosi la convinzione che il tempo
delle certezze sia finito, i programmi
televisivi accreditano presso i fedeli
la popolarità di personaggi la cui vita
esemplare può aiutare a riempire di
senso anche la vita degli uomini con-
temporanei, morsi dal dubbio e dalla
precarietà: sono papi, santi, martiri
ecc. Tra di loro padre Pio, di cui però
si tace la cattiva fama dentro il Vati-
cano, il sospetto di aver utilizzato aci-
do fenico per alimentare le stimmate,
la vicinanza al regime. Attraverso
queste figure emblematiche o di
religiosi invitati nei talk show, la
Chiesa cattolica diventa maestra di
etica, sia nel senso etimologico di
costume, sia nel senso di precetti
morali, e infatti, se viene affrontato
un problema sociale, al sacerdote è
riconosciuta la competenza e l’auto-
revolezza per indicare i valori guida
della società. Ma non è facile cam-
minare sul filo stretto che separa la
divulgazione affidabile dalla facilone-
ria, occorre un bravo comunicatore.
Come, appunto, papa Francesco,
che non a caso compare in tv tutti i
giorni, a differenza di quanto era ri-
servato ad un intellettuale puro come
Ratzinger. v
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