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Numero 1 del 2010

2010 non ci resta che ridere


Foto: 2010 non ci resta che ridere
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Testi pagina 9

2° secondo cui solo la fratellanza tra
tutte le religioni, senza pretendere di as-
segnare il primato a un simbolo parti-
colare, può aiutare l'umanità a risolvere
i problemi del terzo millennio. Perché fa-
vorisce la nascita di una cultura comu-
ne che, col variare dei simboli e delle
proposte educative, accompagna il va-
riare della società (dall'Italia terra di
emigrazione all'Italia terra di immigra-
zione).
Essendo comunque la società italia-
na ormai secolarizzata e multireligiosa,
la presenza del crocefisso viene giustifi-
cata ricorrendo anche all'argomento se-
condo cui si tratta di un'icona universa-
le, immagine dell'umanità sofferente,
del Male riscattato dall'Amore. Qui, an-
cora una volta, non solo non viene rico-
nosciuto ad altre culture, religiose e
non, di essere portatrici a pieno titolo di
umana solidarietà e fratellanza, ma si
dimentica che la croce rappresenta per
milioni di uomini il segno del potere,
non dell'amore. Essa infatti evoca anche
il sangue sparso dal colonialismo, ieri, e
dal neocolonialismo, oggi; anche perché
tutti i movimenti di rivolta che hanno
visto nella croce non solo la redenzione
trascendente, ma anche quella terrena,
dalla fame e dalla schiavitù, sono stati
repressi dal magistero, se necessario nel
sangue. Simbolo storicamente indivi-
duato e definito, la croce conserva dun-
que un lato oscuro che non va ignorato
in un contesto sociale multiculturale.
Che fare allora, avendo preso atto
dopo la sentenza europea, di quanto la
croce sia in Italia un segno potente e
problematico? G. Zagrebelsky nella sua
esperienza di vita ha avuto la possibili-
tà di vivere sia il lato puramente teorico
della dottrina, sia quello "snaturato
dalla bassezza" dell'esperienza del giu-
dice. Una bassezza però che fornisce la
ragion d'essere della dottrina poiché
mette la norma giuridica a contatto coi
casi della vita. E non sempre quello che
è saggio e giusto in teoria lo è anche nel-
la pratica. E porta come esempio pro-
prio il caso del crocifisso: anche se il
principio di laicità porterebbe a togliere
il crocifisso, in pratica questa decisione
farebbe esplodere casi di reazione popo-
lare e sarebbe strumentalizzata da mo-
vimenti estremisti e xenofobi. Ma poi
Zagrebelsky racconta un aneddoto: an-
ni fa, in seguito a insistenti richieste di
rimozione, il Presidente della Corte Co-
stituzionale acconsentì a togliere il cro-
cifisso dall'aula delle udienze pubbli-
che. Ma poi la croce rimase al suo posto
perché alcuni giudici minacciarono, se
fosse stato tolta, di disertare le riunioni
della Corte. Fu poi il momento di rinfre-
scare le pareti: a lavori terminati il cro-
cefisso non fu più riappeso.
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difendere la laicità dello Stato non vuol dire 'antireligione';
su questo equivoco sono state costruite le polemiche sul
parere espresso dalla Corte europea
Sbrighiamoci a divorziare
Sono veramente preoccupata per quelle per-
sone, soprattutto le amiche, che stanno per
divorziare o vorrebbero farlo. E la preoccu-
pazione non deriva dal fatto che la separa-
zione/il divorzio sono sempre un lutto, a
prescindere da chi lo richiede. Mi preoccu-
pano di più le notizie apparse su molti quo-
tidiani in questi giorni che parlano di una
situazione allarmante per gli ex coniugi che
si trovano spesso a veder modificati in peg-
gio i loro standard di vita. E la crisi non ci
ha aiutato. Era noto da tanto tempo, e
tante, soprattutto donne, se ne erano accor-
te: divorziare, se diminuiva il peso del lavo-
ro di cura, o come viene oggi definito il
lavoro per la "manutenzione" dell'esistenza,
rendeva nel contempo più poveri. Due case,
due riscaldamenti, ecc. insomma non si
divide, ma si duplicano tante spese.
Secondo l'Associazione dei Matrimonialisti
Italiani i 100.000 divorzi annui dell'Italia
producono un esercito di nuovi poveri.
Sempre secondo l'Associazione la maggio-
ranza di questi nuovi poveri sono uomini,
otto uomini su dieci sono quelli che se ne
vanno di casa e, pagati gli alimenti a
moglie e figli (ma solo se la donna non lavora) non hanno più
le risorse per sopravvivere. Sembrerebbe che il 25% dei divor-
ziati diventino ospiti delle mense dei poveri, che molti di loro
finiscano per dormire in macchina, e che la maggioranza torni
a vivere dalla mamma. Una situazione sociale grave, che però
viene diffusa dalla stampa come se dall'altra parte ci fossero
delle ricche divorziate che vivono come principesse nelle belle
case rimaste a loro. E sappiamo che non è così, quanti ex paga-
no regolarmente gli alimenti? Quanti ex liberi professionisti
diventano improvvisamente nullatenenti così non pagano nien-
te? E poi, sarà per dividere una casa con qualcuno, ma in media
dopo due anni dalla separazione gli uomini hanno già scelto
una nuova compagna di vita, scelta che invece non fanno con
così alta percentuale le donne che in genere non ci "riprovano",
soprattutto se hanno figli dal primo matrimonio.
Ma di fronte a tutte queste preoccupazioni ne avanza una
nuova. Di fronte a tutte le leggi ad personam che ho visto nel
primo e nel secondo Governo Berlusconi, non vorrei che vedes-
simo stravolta anche la legge sul divorzio. Dopo la richiesta di
divorzio con addebito di colpa avanzato da Veronica Lario,
con cifre che di sicuro impediranno il ricorso alla mensa dei
poveri, non vorrei che il Capo del Governo, sentendosi "perse-
guitato", chiedesse che si mettesse mano "con urgenza" giustifi-
cata dalla persecuzione anche alle regole che sanciscono il
ricorso alla scioglimento del matrimonio. Quindi siamo avvisa-
te, chi deve divorziare lo faccia subito, prima che ci cambino le
carte in tavola.
Alida Castelli
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