Numero 3 del 2007
Mimosa e non solo
Testi pagina 8
marzo 2007 noidonne8
Quest'anno l'otto marzo sembra aver-lo inaugurato in gennaio Veronica
Berlusconi, con la lettera a Repubblica
dopo i "complimenti" rivolti dal marito
a signore presenti alla "festa dei Telegat-
ti"(!), che, secondo l'interpretazione del-
la più vieta mentalità maschile, erano
"giocosi". Una questione, invece, di di-
gnità femminile offesa di cui chiedere, se
l'uomo è pubblico, pubbliche scuse.
Non è senza malizia che abbiamo
letto il ritratto di Berlusconi, quando la
moglie si raffigura come "la metà di
niente". Lui è il "niente" che è stato rico-
nosciuto sulla scena istituzionale per
apprezzamenti grossolani alla Presiden-
te finlandese, battute grasse nelle cene
di lavoro, offese alla propria moglie fat-
ta passare per amante di Cacciari, "po-
vera donna"(dice una mia amica, spe-
riamo che sia vero). Le scuse del "ma-
riuolo", forse, non saranno state abba-
stanza risarcitorie: lasciamo al gossip le
fasi ulteriori della vicenda; che, tutta-
via, trova una sua collocazione nella
biblioteca del femminismo, anche se cri-
tiche e malumori hanno fatto capire che
non manca chi chiede riserbo, non per i
Berlusconi, ma per il proprio privato.
Come donne che stanno avanzando
la richiesta che legge elettorale, candi-
dature e nomine prevedano il 50/50 del-
la parità democratica (che, a stretto ri-
gore, sarebbe 52/48), tra le perplessità
di chi preferisce la gradualità delle quo-
te rosa e i silenzi maschili neppure ma-
scherati da vaghe promesse, possiamo
ben riscontrare l'evidenza del danno che
in Italia possano governare uomini che
sono nullità e non donne con "saggezza
di genere".
Per molti maschi - che non hanno il
coraggio di dirlo - l'abitudine a certi
modi espressivi, che difficilmente gradi-
rebbero se rivolti dalle "loro donne" ad
altri amici, è peccato veniale e, soprat-
tutto, non è politico. Chi, infatti, al bar
dell'angolo o a Montecitorio non si è
sentita dire "se non fossi già sposato la
sposerei subito", "con te andrei ovun-
que"? La risposta è, di solito, il sorrisino
di sopportazione o di compiacimento e
la cosa finisce lì. Non è bene. Dispiace
che molte donne non percepiscano come
offensive dichiarazioni di questo genere
e ne sopportino anche di peggiori senza
reagire con fermezza. E' proprio per la-
sciar passare le piccole stupidaggini che
si preferisce parlare del mobbing neutro,
mentre sono quasi scomparse le denun-
ce delle molestie sessuali, a meno che
non arrivino alla soglia dello stupro.
Dobbiamo pensare a come affermia-
mo la nostra dignità, non solo nei con-
fronti delle istituzioni e dei partiti che ci
definiscono sempre "una risorsa" e non
la utilizzano. E' in gioco la famiglia.
Se ne fa un gran parlare, quasi sem-
pre a sproposito, a partire dagli "aiuti
alla", che consistono sempre in sconti
sulle tasse, come se non fossero i servizi
che l'aiutano di più.
Ma anche l'ideologia, che la Chiesa -
che è sempre il faro pure per le istituzio-
ni laiche - configura la famiglia come
sommatoria delle virtù morali, in cui la
donna fa la parte dell'angelo che, non si
sa perché solo lei, "per natura deve"
Nomi, cognomi e dignità
Eredità
Giancarla Codrignani
la legge consentirà di
trasmettere ai figli anche il
cognome della madre
Di cognome ce n’è uno solo
Leggendo i giornali, quando il Senato ha appro-
vato, in prima battuta, la legge che modifica le
norme che hanno regolato fino ad ora le moda-
lità di attribuzione del cognome per i figli, (nati
nel matrimonio s'intende, perchè per quelli natu-
rali le cose già vanno diversamente) si è capito
che si era scatenata una rissa. Non si commen-
terà questo "furore sacro" che ormai si propaga
nel nostro Paese ogni volta che si nomina la
parola "famiglia", perchè sarebbe troppo sconta-
to rilevarlo, anche se non può non preoccupare
ammantato come è di ideologismi e riproposi-
zione di modelli di famiglia che non esistono
più, o meglio non sono mai esistiti se non forse
nella pubblicità. Cosa pensare di chi vede uno
"scardinamento della famiglia" anche nella que-
stione dei cognomi?
Quello che mortifica è vedere che ancora una
volta nel nome della famiglia si difende il
patriarcato più becero, quello più retrivo, quello
per intenderci del proprietario terriero per il
quale la sua "robba " deve continuare nel suo
nome, al figlio maschio se possibile.
Perchè, l'uso di due cognomi per una stessa per-
sona, quello del padre e quello della madre,
toglie quell'alone, o meglio quella crosta, che di fatto nelle famiglie
identifica la cosiddetta mascolinità, il tramandare in eterno "qualco-
sa", se non si ha niente, pazienza almeno il cognome c'è: l'importante
è che sia quello paterno.
Antiche tradizioni di trasmettere il nome, non solo il cognome, in
alcune parti del Paese non sono ancora sopite. Certo se nasce una
femmina (purtroppo?) le sarà dato il nome della nonna (paterna s'in-
tende), ma vogliamo mettere, se nasce un maschio: nome e cognome
del nonno? Non ho nessun pregiudizio verso la tradizione, e verso la
continuazione di nomi tradizionali di famiglia - meglio del resto che
quelli derivati dall'ultima soap-opera - ma non ho potuto fare a meno
di pensare a questi comportamenti immaginando le future discussio-
ni sui cognomi tra futuri genitori. Tra futuri genitori ma anche tra
futuri nonni.
E a chi l'ultima parola? Questo è un bel dilemma sul quale la ministra
Bindi avrebbe voluto spuntare almeno alcune armi di ricatto o peggio
di liti. Invece niente, nessun obbligo, o c'è l'accordo o niente, oppure
addirittura l'ordine alfabetico. I senatori, a prescindere dal loro schie-
ramento politico, si sono divisi scegliendo in poche parole la cosid-
detta "libertà". Certo le donne sono cresciute, si sanno imporre, ma
possiamo figurarci una futura madre, (che magari pensa anche al
parto) che si mette a cavillare sul cognome?
Del resto davanti all'ufficiale dell'anagrafe ci va uno solo, il padre, la
madre di solito sta letto, dopo un parto più o meno facile, ad allat-
tare il suo bambino. Alla continuazione della specie, e del cognome,
ci pensa il papà!
Alida Castelli