Numero 11 del 2008
L'inverno dei diritti
Testi pagina 8
Se ministri e politici andas-sero a fare la spesa, le poli-
tiche economiche sarebbero
diverse. Lo diciamo da un
pezzo, senza ricevere ascolto.
Lo riconosceva anche un eco-
nomista del livello di Giorgio
Ruffolo rispondendo nel corso
della presentazione del suo ul-
timo libro; tuttavia 'Il capita-
lismo ha i secoli contati' non
tratta quell' "ovvietà" di un
PIL (Prodotto Interno Lordo,
l'insieme dei beni prodotti da
un paese) che, comprendendo
solo la produzione ed esclu-
dendo la riproduzione, è un
valore parziale.
Come donne non abbiamo
la scopa per volarcene via
quando non ne possiamo più,
ma non possediamo neppure
la bacchetta magica delle fa-
tine. Però. Però, quando non
tira aria, siamo noi a dover
togliere a mani nude la casta-
gne dal fuoco. Viene da ricor-
dare la scena classica del tea-
trino familiare che, dai tempi
delle vecchie buste-paga setti-
manali agli odierni accredita-
menti bancari, presenta l'uo-
mo che, arrogante o mortifi-
cato, dice alla sua compagna
"vedi tu, fai tu, più di così non
ci sono soldi...".
Come sempre, anche questa crisi in-
duce il criterio della responsabilità nelle
nostre menti e sulle nostre spalle e, allo
stesso tempo, intercetta il valore dei no-
stri diritti con il rischio di riportare in-
dietro, con noi, la società intera.
Si ripresenta il "ventinove"; forse in
edizione peggiorata. Da troppo tempo
l'economia ha ceduto davanti allo stra-
potere della finanza. Adesso compren-
diamo che aver fatto del denaro la mer-
ce più importante da scambiare sulle re-
ti informatiche preparava i fallimenti.
Tuttavia, davanti ai "poteri forti" né co-
me donne né come uomini, né come sin-
dacati né come partiti o società civile si
poteva fare qualcosa. Le donne che ope-
rano, a qualunque livello, nelle banche
e nelle istituzioni del mercato e che han-
no studiato le stesse dottrine e applica-
no le stesse regole che sembrano neutre
dimostrano il limite delle parità senza
modello differente: l'omologa-
zione inevitabile ha reso im-
possibile un' "economia della
differenza". Che sarebbe stata
sempre quella di privilegiare
la vita quotidiana, la soprav-
vivenza e la convivenza nelle
priorità politiche. O almeno,
per noi italiane, di entrare
nella logica degli altri paesi
europei che si sforzano di ele-
vare la percentuale di donne
al lavoro per il miglioramen-
to dell'economia produttiva:
noi italiane ormai siamo, co-
me percentuale occupaziona-
le, dietro alla Grecia. A pro-
posito di statistiche: l'interna-
zionale Social Watch, che cu-
ra anche un indice di "equità
di genere", colloca l'Italia al
171° posto, dopo il Burundi.
Promozioni per i diritti di
genere non sono certo da at-
tendere da un governo che
stronca la scuola pubblica
per fare soldi e copre il licen-
ziamento (anche se fosse vero
che gli esuberi saranno siste-
mati alle Poste o al Turismo,
per dei docenti si tratta di li-
cenziamenti) di 70.000 inse-
gnanti coprendolo (per dis-
trarre) con misure marginali
come il grembiule o il voto in
condotta. Intanto per i neces-
sari interventi per l'occupazione femmi-
nile, le politiche per la conciliazione la-
voro/famiglia, i finanziamenti per la lot-
ta contro la violenza e i maltrattamen-
ti....anche la speranza più ingenua cede
al realismo delle difficoltà.
Intanto la crisi - solo come battuta ci
è consentito dire che questa socializza-
zione della speculazione non è opera di
creatività femminile - resta un dato di
realtà da pagare.
novembre 2008 noidonne8
Quei poteri troppo forti
Politica & politiche
Giancarla Codrignani